Esaminando le norme che, nel 1438, Eugenio IV emanò per regolamentare la secolare scuola di grammatica e canto della cattedrale di Padova, il contributo arriva a ricostruire le modalità dell’insegnamento della musica ai pueri coinvolti nelle celebrazioni liturgiche. Mentre gli studi precedenti, compresi quelli più recenti (cfr. Osvaldo Gambassi, ‹Pueri cantores› nelle cattedrali d’Italia tra Medioevo e Eta moderna, 1997), hanno dato per scontato che la scuola di Padova, come quelle di istituzioni analoghe, fosse stata riformata nel Quattrocento in funzione della pratica polifonica, la comparazione del testo della bolla con numerosi documenti d’archivio dei secoli XIV-XVI relativi all’organizzazione del canto in cattedrale (Liber ordinarius E 57, Acta Capituli, Quaderni di Sagrestia, Canipa) porta a conclusioni nuove e diverse. La bolla di Eugenio IV, infatti, si occupa di istituire «octo prebendas pro octo pueris pauperibus in gramaticalibus et in cantu instruendis», senza entrare nel merito dei generi e delle forme che dovevano caratterizzare il repertorio liturgico-musicale. Pertanto, per conoscere quale ruolo effettivo avessero i pueri nell’esercizio del canto rispetto agli altri componenti del coro della cattedrale occorre partire dalla suddivisione interna alla categoria degli scholares: da una parte i pueri distribuiti in «maiores» e «minores»; dall’altra i clerici distinti, a loro volta, in «magnos» e «parvos». Questa suddivisione presuppone l’esistenza di funzioni differenziate sulla base del grado di preparazione e di idoneità a svolgere il servizio liturgico, ma anche della volontà di abbracciare o meno lo stato ecclesiastico. Inoltre, comporta che il piano degli studi doveva essere strutturato su più livelli, almeno uno inferiore per i pueri e uno superiore per i clerici che intendevano essere «in sacris constituti». L’ordinamento trova conferma nella bolla di Eugenio IV, che destina «octo prebendas» ad altrettanti pueri tenuti a svolgere un corso di studi decennale, con l’obbligo di risiedere in famiglia e «diebus presertim festivis in dicta ecclesia paduana divinis officiis interesse». Ad essi si affiancano non più di quattordici clerici di almeno diciotto anni di età, avviati al sacerdozio e tenuti «continuam residentiam facere in ecclesia et omnibus divinis offitiis tam de die quam de nocte». Stando alle indicazioni emerse dalla documentazione d’archivio, nell’ufficiatura corale gli scholares-pueri svolgevano prevalentemente compiti di assistenza o supporto e soltanto in situazioni molto circoscritte e limitate venivano coinvolti nelle letture e nel canto monodico, compiti che invece erano normalmente riservati agli scholares-clerici e, più in generale, al chorus clericorum strutturato per ordini e gradi. Anche quando nella cattedrale di Padova inizia ad essere praticata la polifonia, niente attesta il coinvolgimento degli scholares-pueri. Nessuna indicazione è presente nelle decisioni di Eugenio IV, mentre tutti i documenti confermano in maniera univoca e costante che il canto era prerogativa esclusiva del clero «ut presentium ministrorum scientia conservetur et futurorum corda super ordine officii erudiantur». Diversamente, «ad officium scolarium spectat deferre cruces et cereos et cetera minora servitia per ecclesiam facere, et ea debent legere et cantare que eorum scientie atque potentie congruunt». Le ripetute modifiche della composizione dell’organico corale, introdotte nei secoli XV e XVI in seguito alle riforme ecclesiastiche e alle mutate caratteristiche dei repertori musicali, sono sempre avvenute nel rispetto del principio che il canto, essendo un elemento costitutivo dell’Ufficio divino, compete esclusivamente «ministris ecclesie». La stessa cappella polifonica sarà composta esclusivamente da cantori adulti, sacerdoti e chierici «in sacris constituti», come confermano i documenti inediti pubblicati in appendice.

La scuola di grammatica e canto della cattedrale di Padova e la bolla Superna nobis (1438) di Eugenio IV

LOVATO, ANTONIO
2013

Abstract

Esaminando le norme che, nel 1438, Eugenio IV emanò per regolamentare la secolare scuola di grammatica e canto della cattedrale di Padova, il contributo arriva a ricostruire le modalità dell’insegnamento della musica ai pueri coinvolti nelle celebrazioni liturgiche. Mentre gli studi precedenti, compresi quelli più recenti (cfr. Osvaldo Gambassi, ‹Pueri cantores› nelle cattedrali d’Italia tra Medioevo e Eta moderna, 1997), hanno dato per scontato che la scuola di Padova, come quelle di istituzioni analoghe, fosse stata riformata nel Quattrocento in funzione della pratica polifonica, la comparazione del testo della bolla con numerosi documenti d’archivio dei secoli XIV-XVI relativi all’organizzazione del canto in cattedrale (Liber ordinarius E 57, Acta Capituli, Quaderni di Sagrestia, Canipa) porta a conclusioni nuove e diverse. La bolla di Eugenio IV, infatti, si occupa di istituire «octo prebendas pro octo pueris pauperibus in gramaticalibus et in cantu instruendis», senza entrare nel merito dei generi e delle forme che dovevano caratterizzare il repertorio liturgico-musicale. Pertanto, per conoscere quale ruolo effettivo avessero i pueri nell’esercizio del canto rispetto agli altri componenti del coro della cattedrale occorre partire dalla suddivisione interna alla categoria degli scholares: da una parte i pueri distribuiti in «maiores» e «minores»; dall’altra i clerici distinti, a loro volta, in «magnos» e «parvos». Questa suddivisione presuppone l’esistenza di funzioni differenziate sulla base del grado di preparazione e di idoneità a svolgere il servizio liturgico, ma anche della volontà di abbracciare o meno lo stato ecclesiastico. Inoltre, comporta che il piano degli studi doveva essere strutturato su più livelli, almeno uno inferiore per i pueri e uno superiore per i clerici che intendevano essere «in sacris constituti». L’ordinamento trova conferma nella bolla di Eugenio IV, che destina «octo prebendas» ad altrettanti pueri tenuti a svolgere un corso di studi decennale, con l’obbligo di risiedere in famiglia e «diebus presertim festivis in dicta ecclesia paduana divinis officiis interesse». Ad essi si affiancano non più di quattordici clerici di almeno diciotto anni di età, avviati al sacerdozio e tenuti «continuam residentiam facere in ecclesia et omnibus divinis offitiis tam de die quam de nocte». Stando alle indicazioni emerse dalla documentazione d’archivio, nell’ufficiatura corale gli scholares-pueri svolgevano prevalentemente compiti di assistenza o supporto e soltanto in situazioni molto circoscritte e limitate venivano coinvolti nelle letture e nel canto monodico, compiti che invece erano normalmente riservati agli scholares-clerici e, più in generale, al chorus clericorum strutturato per ordini e gradi. Anche quando nella cattedrale di Padova inizia ad essere praticata la polifonia, niente attesta il coinvolgimento degli scholares-pueri. Nessuna indicazione è presente nelle decisioni di Eugenio IV, mentre tutti i documenti confermano in maniera univoca e costante che il canto era prerogativa esclusiva del clero «ut presentium ministrorum scientia conservetur et futurorum corda super ordine officii erudiantur». Diversamente, «ad officium scolarium spectat deferre cruces et cereos et cetera minora servitia per ecclesiam facere, et ea debent legere et cantare que eorum scientie atque potentie congruunt». Le ripetute modifiche della composizione dell’organico corale, introdotte nei secoli XV e XVI in seguito alle riforme ecclesiastiche e alle mutate caratteristiche dei repertori musicali, sono sempre avvenute nel rispetto del principio che il canto, essendo un elemento costitutivo dell’Ufficio divino, compete esclusivamente «ministris ecclesie». La stessa cappella polifonica sarà composta esclusivamente da cantori adulti, sacerdoti e chierici «in sacris constituti», come confermano i documenti inediti pubblicati in appendice.
2013
Music and Culture in the Age of the Council of Basel
9782503550411
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2819084
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