L’articolo inizia con un breve riepilogo della dottrina del Vaticano II sulla santità e il culto dei santi, che mostra come, nel testo della Lumen gentium, viene esposta una teologia della santità “aperta”, il cui fulcro è costituito dall’idea della universale chiamata alla santità per tutti i fedeli cristiani, accompagnata dal corollario per cui sono possibili diverse vie alla santificazione, in base alle diverse esperienze e stati di vita. Evidenzia poi come tale dottrina potesse supportare, come di fatto è successo, una notevole discontinuità nella prassi delle canonizzazioni cattoliche, per più ragioni, e in primo luogo perché rendeva disponibile per la prima volta una complessiva visione “teologica” della santità, in grado di superare la concezione essenzialmente giuridico-canonica di essa, tipica della tradizione cattolica tardo-medievale e moderna. Mostra infine come tale superamento sia in qualche misura avvertibile, almeno come istanza, già nella prassi canonica, e soprattutto nella presentazione della santità cristiana, da parte di pontefici novecenteschi come Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, ciascuno dei quali, in modi e con intensità differenti, sembra aver avvertito l’esigenza di interpretare in maniera estensiva la nozione di “eroicità delle virtù”, vero e proprio architrave della agiologia cattolica moderna. L’articolo si conclude con una serie di considerazioni tipologiche sulla santità canonizzata tra XVII e prima metà del XX secolo, che confermano e precisano il quadro storico precedentemente delineato, facendo presagire ulteriori evoluzioni, non prive tuttavia di ambiguità, rispetto al potenziale innovativo dei testi conciliari dedicati alla santità, nelle “politiche di canonizzazione” post-conciliari.

Prima del Vaticano II. Criteri di canonizzazione e tipologie agiografiche tra tarda modernità e prima età contemporanea

GIOVANNUCCI, PIERLUIGI
2013

Abstract

L’articolo inizia con un breve riepilogo della dottrina del Vaticano II sulla santità e il culto dei santi, che mostra come, nel testo della Lumen gentium, viene esposta una teologia della santità “aperta”, il cui fulcro è costituito dall’idea della universale chiamata alla santità per tutti i fedeli cristiani, accompagnata dal corollario per cui sono possibili diverse vie alla santificazione, in base alle diverse esperienze e stati di vita. Evidenzia poi come tale dottrina potesse supportare, come di fatto è successo, una notevole discontinuità nella prassi delle canonizzazioni cattoliche, per più ragioni, e in primo luogo perché rendeva disponibile per la prima volta una complessiva visione “teologica” della santità, in grado di superare la concezione essenzialmente giuridico-canonica di essa, tipica della tradizione cattolica tardo-medievale e moderna. Mostra infine come tale superamento sia in qualche misura avvertibile, almeno come istanza, già nella prassi canonica, e soprattutto nella presentazione della santità cristiana, da parte di pontefici novecenteschi come Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, ciascuno dei quali, in modi e con intensità differenti, sembra aver avvertito l’esigenza di interpretare in maniera estensiva la nozione di “eroicità delle virtù”, vero e proprio architrave della agiologia cattolica moderna. L’articolo si conclude con una serie di considerazioni tipologiche sulla santità canonizzata tra XVII e prima metà del XX secolo, che confermano e precisano il quadro storico precedentemente delineato, facendo presagire ulteriori evoluzioni, non prive tuttavia di ambiguità, rispetto al potenziale innovativo dei testi conciliari dedicati alla santità, nelle “politiche di canonizzazione” post-conciliari.
2013
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