L’adolescenza è il tempo in cui l’individuo giunge al pensiero astratto conquistando l’accesso alle categorie ontologiche. Riprendendo la teoria della ricapitolazione, ma ormai è chiaro, solo in termini metaforici, possiamo dire che tale età corrisponde all’apparire del pensiero greco in Occidente. Ciò significa che questo è il momento in cui la sua domanda di senso rispetto all’esistenza sapendo di dover morire richiederebbe l’offerta di un’educazione seria almeno quanto quella che viene offerta per altre questioni trattate a scuola. Crediamo che la psicologia sia certo un buon punto di riferimento per l’intervento educativo, ma riteniamo anche che sia ancora inevitabilmente insufficiente perché darwinianamnente orientata in quanto scienza che assume come propria fondazione un’epistemologica sostanzialmente riduzionista. Se dunque per questo motivo essa non può che offrire una significazione pessimistica del morire (intendere la morte come annientamento), il territorio razionale e più idoneo che riguarda questo tema è chiaramente la filosofia. Poiché il discorso psicologico non garantisce di poter rispondere in maniera pertinente all’idea di predisporre percorsi formativi che considerino l’argomento del morire, non per questo infatti il progetto pedagogico deve esser invalidato. Già esistono interessanti esperienze di Death Education che affrontano la questione e che suggeriscono di cominciare fin dall’infanzia a parlare di morte. In questa sede vogliamo sottolineare che quando nell’adolescenza si affacciano le interrogazioni più radicali del pensiero astratto, la discussione che deve essere loro offerta non può che essere rigorosa almeno quanto lo è la matematica o la fisica che la scuola insegna. Quando si parla di morte con gli adolescenti, non si può procedere con discorsi banalmente consolatori. In tal senso auspichiamo che le già interessanti esperienze di Philosophy for Children si sviluppino verso la Philosophy for Adolescence, mobilitando categorie ontologiche e storiche in grado di affrontare l’essenza dell’angoscia adolescenziale, non per occultarla ma per affrontarla e cercarne la via di risoluzione. Ciò che dobbiamo avere il coraggio di ripristinare è lo spazio dell’“accademia” dove la seconda navigazione possa essere resa nuovamente possibile, per superare gli angusti tragitti che il pragmatismo sta imponendo più per nascondere la paura di non trovar risposte che per la capacità di offrirne.

MATURAZIONE DEL PENSIERO ONTOLOGICO, ANGOSCIA DI MORTE E STRATEGIE DI EVITAMENTO ADOSCENZIALE: DIFFICOLTÀ DEL MONDO ADULTO NELLA GESTIONE DELLA QUESTIONE ESSENZIALE"

TESTONI, INES
2013

Abstract

L’adolescenza è il tempo in cui l’individuo giunge al pensiero astratto conquistando l’accesso alle categorie ontologiche. Riprendendo la teoria della ricapitolazione, ma ormai è chiaro, solo in termini metaforici, possiamo dire che tale età corrisponde all’apparire del pensiero greco in Occidente. Ciò significa che questo è il momento in cui la sua domanda di senso rispetto all’esistenza sapendo di dover morire richiederebbe l’offerta di un’educazione seria almeno quanto quella che viene offerta per altre questioni trattate a scuola. Crediamo che la psicologia sia certo un buon punto di riferimento per l’intervento educativo, ma riteniamo anche che sia ancora inevitabilmente insufficiente perché darwinianamnente orientata in quanto scienza che assume come propria fondazione un’epistemologica sostanzialmente riduzionista. Se dunque per questo motivo essa non può che offrire una significazione pessimistica del morire (intendere la morte come annientamento), il territorio razionale e più idoneo che riguarda questo tema è chiaramente la filosofia. Poiché il discorso psicologico non garantisce di poter rispondere in maniera pertinente all’idea di predisporre percorsi formativi che considerino l’argomento del morire, non per questo infatti il progetto pedagogico deve esser invalidato. Già esistono interessanti esperienze di Death Education che affrontano la questione e che suggeriscono di cominciare fin dall’infanzia a parlare di morte. In questa sede vogliamo sottolineare che quando nell’adolescenza si affacciano le interrogazioni più radicali del pensiero astratto, la discussione che deve essere loro offerta non può che essere rigorosa almeno quanto lo è la matematica o la fisica che la scuola insegna. Quando si parla di morte con gli adolescenti, non si può procedere con discorsi banalmente consolatori. In tal senso auspichiamo che le già interessanti esperienze di Philosophy for Children si sviluppino verso la Philosophy for Adolescence, mobilitando categorie ontologiche e storiche in grado di affrontare l’essenza dell’angoscia adolescenziale, non per occultarla ma per affrontarla e cercarne la via di risoluzione. Ciò che dobbiamo avere il coraggio di ripristinare è lo spazio dell’“accademia” dove la seconda navigazione possa essere resa nuovamente possibile, per superare gli angusti tragitti che il pragmatismo sta imponendo più per nascondere la paura di non trovar risposte che per la capacità di offrirne.
2013
LA SOLITUDINE DI ICARO: IL DISAGIO DEI GIOVANI TRA ADOLESCENZA ED ETA' ADULTA
8865311444
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