La prospettiva socio-cognitivisa stabilisce che la diminuzione della mortality salience permette di ridurre l’angoscia facilitando la vita, ma questo è vero solo nella misura in cui la morte si lascia nascondere e poiché invece stiamo parlando dell’evidenza suprema possiamo dire che non è tanto la morte che occultiamo quanto il “significato” di cui che essa è manifestazione. Ogni settore di ricerca in psicologia rispetta determinati paradigmi epistemologici, generalmente rispondenti alla prospettiva darwinista secondo cui il presente è esito della selezione e quindi l’uomo è un animale dotato di un’intelligenza che gli permette di dominare la natura. In tal senso i “significati” relativi alla trascendenza vengono considerati dispositivi vincenti per l’adattamento e non indicazioni di realtà. Il socio-costruzionismo è però pronto a dichiarare che anche i “significati” scientifici sono esito di una costruzione sociale che perciò non indicano alcuna realtà dato che la sua definizione è storicamente e culturalmente determinata. Purtroppo l’invalidazione dell’idea di realtà produce esiti talvolta realmente nefasti, esponendo gli ingenui alla violenza esercitata dalla seduzione di chi sa manovrare pragmaticamente le situazioni in vista dei propri interessi. È forse per questo che nel panorama internazionale sta risorgendo l’esigenza di discutere concretamente di ciò che è reale e di ciò che è finzione. Ma pare che in questa intrapresa non si sia capaci di oltrepassare le prospettive rigorose del neopositivismo e dei riduzionismi fisicalisti che stabiliscono che è reale solo ciò che resiste all’osservazione scientifica e quindi alle tecniche di verificazione/falsificazione che mostrano in che cosa consista esistere, ovvero essere oggetto di osservazione. Il problema è superabile solo se ci si rende conto che il key-concept che permette di sciogliere il nodo gordiano non è il “significato” attribuito alla “realtà” ma quello di “verità”. Abbiamo considerato in questo contesto dedicato alle riflessioni psicologiche sulla morte in Occidente le prospettive corrispondenti al darwinismo evoluto nel neopositivismo (comportamentismo e cognitivismo cui corrispondono in parte la psicoanalisi e totalmente il socio-cognitivismo) insieme a quelle del post-strutturalismo (prospettive socio-costruzioniste) e nessuna delle due riesce a oltrepassare il limite della questione relativa alla realtà. In psicologia è però possibile corrispondere anche ad altri tipi di fondazione e in particolare a una che pone la questione della verità come centrale. Si tratta dell’indicazione di Emanuele Severino, che assume interamente e sviluppa integralmente quanto è stato solo abbozzato dagli studi socio-cognitivisti relativi al pensiero occidentale (Masuda, Nisbett, 2001, 2006; Nisbett, 2003; Nisbett et al., 2001). Questa indicazione fonda una epistemologia in grado di superare i limiti della metafisica e la sua confutazione da parte del pensiero scientifico. In questo campo di discussione, l’analisi di come si sviluppino le rappresentazioni della morte e che cosa significhi “nichilismo” sembra offrire notevoli opportunità di sviluppo (Testoni, 2007a

L’uomo e la morte in Occidente: una prospettiva psicologica

TESTONI, INES
2014

Abstract

La prospettiva socio-cognitivisa stabilisce che la diminuzione della mortality salience permette di ridurre l’angoscia facilitando la vita, ma questo è vero solo nella misura in cui la morte si lascia nascondere e poiché invece stiamo parlando dell’evidenza suprema possiamo dire che non è tanto la morte che occultiamo quanto il “significato” di cui che essa è manifestazione. Ogni settore di ricerca in psicologia rispetta determinati paradigmi epistemologici, generalmente rispondenti alla prospettiva darwinista secondo cui il presente è esito della selezione e quindi l’uomo è un animale dotato di un’intelligenza che gli permette di dominare la natura. In tal senso i “significati” relativi alla trascendenza vengono considerati dispositivi vincenti per l’adattamento e non indicazioni di realtà. Il socio-costruzionismo è però pronto a dichiarare che anche i “significati” scientifici sono esito di una costruzione sociale che perciò non indicano alcuna realtà dato che la sua definizione è storicamente e culturalmente determinata. Purtroppo l’invalidazione dell’idea di realtà produce esiti talvolta realmente nefasti, esponendo gli ingenui alla violenza esercitata dalla seduzione di chi sa manovrare pragmaticamente le situazioni in vista dei propri interessi. È forse per questo che nel panorama internazionale sta risorgendo l’esigenza di discutere concretamente di ciò che è reale e di ciò che è finzione. Ma pare che in questa intrapresa non si sia capaci di oltrepassare le prospettive rigorose del neopositivismo e dei riduzionismi fisicalisti che stabiliscono che è reale solo ciò che resiste all’osservazione scientifica e quindi alle tecniche di verificazione/falsificazione che mostrano in che cosa consista esistere, ovvero essere oggetto di osservazione. Il problema è superabile solo se ci si rende conto che il key-concept che permette di sciogliere il nodo gordiano non è il “significato” attribuito alla “realtà” ma quello di “verità”. Abbiamo considerato in questo contesto dedicato alle riflessioni psicologiche sulla morte in Occidente le prospettive corrispondenti al darwinismo evoluto nel neopositivismo (comportamentismo e cognitivismo cui corrispondono in parte la psicoanalisi e totalmente il socio-cognitivismo) insieme a quelle del post-strutturalismo (prospettive socio-costruzioniste) e nessuna delle due riesce a oltrepassare il limite della questione relativa alla realtà. In psicologia è però possibile corrispondere anche ad altri tipi di fondazione e in particolare a una che pone la questione della verità come centrale. Si tratta dell’indicazione di Emanuele Severino, che assume interamente e sviluppa integralmente quanto è stato solo abbozzato dagli studi socio-cognitivisti relativi al pensiero occidentale (Masuda, Nisbett, 2001, 2006; Nisbett, 2003; Nisbett et al., 2001). Questa indicazione fonda una epistemologia in grado di superare i limiti della metafisica e la sua confutazione da parte del pensiero scientifico. In questo campo di discussione, l’analisi di come si sviluppino le rappresentazioni della morte e che cosa significhi “nichilismo” sembra offrire notevoli opportunità di sviluppo (Testoni, 2007a
2014
MORIRE ALTROVE La buona morte in un contesto multiculturale
9788891707352
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2985099
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