Il libro ripercorre la storia della Repubblica aristocratica di Venezia nel XVIII secolo, sulla base della più classica storiografia sull’argomento e degli studi più recenti. Lo scopo è quello di contrastare ogni visione stereotipata dell’ultimo secolo di vita di un antico stato, del suo territorio e di una società complessa, nei quali non mancarono contraddizioni, nuovi fermenti e molte debolezze, specie sul versante delle istituzioni politiche e del prestigio internazionale. La Serenissima non divenne mai una nazione moderna, nel senso che oggi si dà a questa espressione. La metropoli di Venezia rimase fino all’ultimo e in modo consapevole non una capitale, bensì la Dominante. Particolarismo e policentrismo sono la chiave per capire i limiti e forse l’eredità profonda del suo dominio, da Corfù fino all’Adda. La debolezza della Repubblica di fronte ai grandi stati europei si rivelò nel Settecento tanto più evidente, in quanto frutto dell’evoluzione di una città-stato ferma nei suoi caratteri fondamentali a due secoli prima, quando aveva raggiunto il vertice della sua potenza. Sul piano socio-economico, però, l’area nord-orientale italiana conobbe nel corso del Settecento importanti sviluppi e trasformazioni, che consentirono comunque di riagganciare, dopo la profonda crisi del primo Ottocento, il faticoso percorso dello sviluppo. La terraferma veneta fu molto meno ‘contadina’ di quanto si sia spesso supposto e tutt’altro che chiusa in se stessa dal punto di vista economico. Altrettanto si può dire, in questo senso, sotto il profilo culturale. La stagione dell’Illuminismo veneto fu vivace e feconda di idee, di progetti e di realizzazioni, come dimostra l’opera di Carlo Goldoni o la fioritura di gazzette e giornali. A mancare in larga misura furono, invece, le riforme in campo politico e sociale, ostacolate dall’immobilismo del ristretto e privilegiato ceto dirigente veneziano, più attento forse ai suoi interessi che a quelli della cosa pubblica. Ciò non offusca naturalmente la grandezza di alcune realizzazioni, né toglie alcunché al merito di molti dei protagonisti, dagli uomini di cultura, ai mercanti, ai lavoratori. «Ma una costruzione collettiva è qualcosa che abbisogna ora come allora di prospettive condivise, di un certo grado di ricambio sociale, soprattutto di una complessiva crescita civile che ne disegni il senso, pena la sua obsolescenza e il suo inevitabile superamento. Per diversi motivi la Serenissima mancò nel corso del XVIII secolo a queste inderogabili necessità.»

La Repubblica di Venezia nel Settecento

PANCIERA, VALTER
2014

Abstract

Il libro ripercorre la storia della Repubblica aristocratica di Venezia nel XVIII secolo, sulla base della più classica storiografia sull’argomento e degli studi più recenti. Lo scopo è quello di contrastare ogni visione stereotipata dell’ultimo secolo di vita di un antico stato, del suo territorio e di una società complessa, nei quali non mancarono contraddizioni, nuovi fermenti e molte debolezze, specie sul versante delle istituzioni politiche e del prestigio internazionale. La Serenissima non divenne mai una nazione moderna, nel senso che oggi si dà a questa espressione. La metropoli di Venezia rimase fino all’ultimo e in modo consapevole non una capitale, bensì la Dominante. Particolarismo e policentrismo sono la chiave per capire i limiti e forse l’eredità profonda del suo dominio, da Corfù fino all’Adda. La debolezza della Repubblica di fronte ai grandi stati europei si rivelò nel Settecento tanto più evidente, in quanto frutto dell’evoluzione di una città-stato ferma nei suoi caratteri fondamentali a due secoli prima, quando aveva raggiunto il vertice della sua potenza. Sul piano socio-economico, però, l’area nord-orientale italiana conobbe nel corso del Settecento importanti sviluppi e trasformazioni, che consentirono comunque di riagganciare, dopo la profonda crisi del primo Ottocento, il faticoso percorso dello sviluppo. La terraferma veneta fu molto meno ‘contadina’ di quanto si sia spesso supposto e tutt’altro che chiusa in se stessa dal punto di vista economico. Altrettanto si può dire, in questo senso, sotto il profilo culturale. La stagione dell’Illuminismo veneto fu vivace e feconda di idee, di progetti e di realizzazioni, come dimostra l’opera di Carlo Goldoni o la fioritura di gazzette e giornali. A mancare in larga misura furono, invece, le riforme in campo politico e sociale, ostacolate dall’immobilismo del ristretto e privilegiato ceto dirigente veneziano, più attento forse ai suoi interessi che a quelli della cosa pubblica. Ciò non offusca naturalmente la grandezza di alcune realizzazioni, né toglie alcunché al merito di molti dei protagonisti, dagli uomini di cultura, ai mercanti, ai lavoratori. «Ma una costruzione collettiva è qualcosa che abbisogna ora come allora di prospettive condivise, di un certo grado di ricambio sociale, soprattutto di una complessiva crescita civile che ne disegni il senso, pena la sua obsolescenza e il suo inevitabile superamento. Per diversi motivi la Serenissima mancò nel corso del XVIII secolo a queste inderogabili necessità.»
2014
9788867283279
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