L’articolo espone il dilemma morale e religioso vissuto dal vescovo e patrizio veneto Gregorio Barbarigo tra la fine del 1663 e i primi mesi del ’64, nel momento in cui gli si presentò la possibilità di essere trasferito da Bergamo, diocesi di cui era titolare dal 1657, a Padova. Il ventilato trasferimento non era gradito al Barbarigo, il quale pure ne avrebbe tratto, oltre che la possibilità di fruire di un beneficio molto più cospicuo, un avanzamento di carriera che lo avrebbe collocato in una sede oggettivamente più consona al suo status di cardinale, per ragioni di interiore coerenza rispetto ad una linea comportamentale guidata dall’idea che l’investitura vescovile avesse un fondamento teologico-spirituale, e non semplicemente giuridico-canonico, e che quindi i doveri episcopali, ivi compreso quello della fedeltà alla prima sede di residenza, avessero un carattere sacrale. In questo frangente, la problematica interiore del Barbarigo venne risolta principalmente grazie all’intervento del suo direttore spirituale, il gesuita milanese Giovanni Maria Visconti, il quale lo guidò, attraverso un approfondito itinerario introspettivo, svolto nell’ambito di una pratica di discernimento spirituale condotta in base al metodo della ignaziana “elezione”, prima a precisare le sue riserve di fronte alla proposta di essere trasferito, e successivamente a vagliare l’opportunità di manifestarle, in via riservata o palese, al papa. Il quale, dal canto suo, procedendo celermente alla nomina, senza dare al Barbarigo il tempo e il modo di manifestare con chiarezza le proprie eventuali obiezioni, superò decisamente sul piano pratico – pur senza svuotarle di senso e pregnanza - le esitazioni palesate dal cardinale di fronte alla prospettiva del suo spostamento.
Il discepolo e il maestro: un cardinale-vescovo e il suo direttore spirituale gesuita di fronte ad una scelta difficile
GIOVANNUCCI, PIERLUIGI
2014
Abstract
L’articolo espone il dilemma morale e religioso vissuto dal vescovo e patrizio veneto Gregorio Barbarigo tra la fine del 1663 e i primi mesi del ’64, nel momento in cui gli si presentò la possibilità di essere trasferito da Bergamo, diocesi di cui era titolare dal 1657, a Padova. Il ventilato trasferimento non era gradito al Barbarigo, il quale pure ne avrebbe tratto, oltre che la possibilità di fruire di un beneficio molto più cospicuo, un avanzamento di carriera che lo avrebbe collocato in una sede oggettivamente più consona al suo status di cardinale, per ragioni di interiore coerenza rispetto ad una linea comportamentale guidata dall’idea che l’investitura vescovile avesse un fondamento teologico-spirituale, e non semplicemente giuridico-canonico, e che quindi i doveri episcopali, ivi compreso quello della fedeltà alla prima sede di residenza, avessero un carattere sacrale. In questo frangente, la problematica interiore del Barbarigo venne risolta principalmente grazie all’intervento del suo direttore spirituale, il gesuita milanese Giovanni Maria Visconti, il quale lo guidò, attraverso un approfondito itinerario introspettivo, svolto nell’ambito di una pratica di discernimento spirituale condotta in base al metodo della ignaziana “elezione”, prima a precisare le sue riserve di fronte alla proposta di essere trasferito, e successivamente a vagliare l’opportunità di manifestarle, in via riservata o palese, al papa. Il quale, dal canto suo, procedendo celermente alla nomina, senza dare al Barbarigo il tempo e il modo di manifestare con chiarezza le proprie eventuali obiezioni, superò decisamente sul piano pratico – pur senza svuotarle di senso e pregnanza - le esitazioni palesate dal cardinale di fronte alla prospettiva del suo spostamento.Pubblicazioni consigliate
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