Quella che stiamo vivendo è un’epoca di marcato cambiamento che sta accadendo così velocemente che è sempre più difficile averne una chiara consapevolezza e modulare su di essa i ritmi della nostra esistenza. Le frequenti ‘transizioni’ personali e sociali che questo provoca richiedono alle persone strategie sofisticate di fronteggiamento in quanto ciò che è a rischio, accanto al lavoro e alle prospettive future, è il loro stesso benessere e la qualità della loro vita (Nota, Soresi, Ferrari & Ginevra, 2014; Soresi, Nota, Ferrari & Sgaramella, 2013). Uno dei protagonisti più significativi del nostro tempo è sicuramente il cambiamento. Se, da un lato, esso ha da sempre caratterizzato la storia degli esseri umani, dall’altro, ora sta avvenendo così rapidamente da comportare nuovi modi di pensare alle società, al benessere, al futuro, al lavoro. La rapidità e spesso l’imprevedibilità delle trasformazioni necessitano di modalità di gestione diverse da quelle che in passato si sono dimostrate efficaci (Nota, Soresi, Ferrari & Ginevra, 2014). Nello stesso tempo ci troviamo inseriti in una società complessa, dove non è più possibile pensare, come si credeva fino a poco tempo fa, che la scienza possa, grazie ad analisi pazienti e sistematiche, evidenziare sistemi semplici e altamente comprensibili che stanno dietro a questa complessità e confusione. Ci si sta rendendo conto che la realtà è fatta per lo più da sistemi articolati, opposti a quelli semplici, caratterizzati da un elevato numero di elementi che si influenzano fra loro, che, tramite le microinfluenze, possono anche dare vita a conseguenze difficilmente prevedibili (Parisi, 2013). La loro gestione richiede modalità conoscitive e abilità diverse da quelle del passato, che devono essere esse stesse in costante evoluzione (Savickas, Nota, et al., 2009). Possiamo sicuramente affermare che le relazioni lineari che generalmente sono state utilizzate per avanzare le nostre previsioni non ci aiutano ad anticipare il futuro e si sono già dimostrate superficiali e inesatte. Nel pensare a come fronteggiare le condizioni che caratterizzano i nostri tempi, la dipendenza dal passato da parte di studiosi e professionisti si caratterizza come una strategia perdente. Per evitare una sorta di fallimento, in particolare per quanto qui ci riguarda più da vicino, di ciò che viene realizzato a sostegno di coloro che sperimentano le maggiori difficoltà, è necessario continuare ad innovarsi, prevedere un uso intensivo del capitale umano, della creatività e dell’ingegno, la propensione a superare vecchi schemi operativi, e una mentalità aperta ai cambiamenti. Le condizioni menzionate richiedono che si dia avvio a quello che gli economisti chiamano ‘tipping point’ o ‘punto di svolta’, una situazione in cui si dà slancio all’innovazione, ci si concentra su di essa, e si crea un nuovo equilibrio finalizzato all’evoluzione e alla crescita, che tende ad autoalimentarsi. Esso si contrappone a quella che invece viene definita la ‘path dependency’, o la dipendenza dal cammino svolto, dal proprio passato, che purtroppo ci impedisce, come abbiamo accennato, di migliorare. Nell’ambito del Laboratorio Larios e del Centro di Ateneo di Servizi e Ricerca per la Disabilità, la Riabilitazione e l’Integrazione, in seno al Network Universitario per il Counselling, stiamo studiando questi cambiamenti e i sentimenti di disagio e insicurezza presenti in fasce sempre più ampie della popolazione, così come stiamo cercando di affrontare le numerose sfide poste alla costruzione e alla realizzazione professionale (Savickas, Nota, et al, 2009; Nota e Soresi, 2010; Soresi e Nota, 2010; Nota e Rossier, 2015). A nostro avviso il couselling può diventare uno strumento significativo nel XXI° secolo per dare impulso a nuove forze e nuove energie e per facilitare una sorta di rinnovamento sociale che tragga vantaggio dai cambiamenti in corso per migliorare le condizioni sociali e umane. Affinché però il counseling possa assolvere pienamente ad un tale compito sono, a nostro avviso, necessarie azioni coraggiose da parte di chi lo studia e di chi lo pratica. È importante a nostro avviso rinnovare il counseling. Siamo convinti che sia necessario dare vita a nuove azioni di counseling, che esso va inteso come una funzione professionale, da erogarsi in differenti contesti (ambiti scolastici, comunitari o lavorativi, ad esempio) e per differenti categorie di utenti, con linguaggi, strumenti e strategie multidisciplinari diversificate (vedasi il lavoro del Network Uni.Co: http://larios.psy.unipd.it/). Nel corso del capitolo cercheremo così di mettere in evidenza le riflessioni che ci hanno condotto a pensarla così, a cominciare dalla constatazione che il counseling viene studiato da discipline molto diverse fra loro.

Counselling: uno, nessuno, centomila

NOTA, LAURA;SORESI, SALVATORE
2015

Abstract

Quella che stiamo vivendo è un’epoca di marcato cambiamento che sta accadendo così velocemente che è sempre più difficile averne una chiara consapevolezza e modulare su di essa i ritmi della nostra esistenza. Le frequenti ‘transizioni’ personali e sociali che questo provoca richiedono alle persone strategie sofisticate di fronteggiamento in quanto ciò che è a rischio, accanto al lavoro e alle prospettive future, è il loro stesso benessere e la qualità della loro vita (Nota, Soresi, Ferrari & Ginevra, 2014; Soresi, Nota, Ferrari & Sgaramella, 2013). Uno dei protagonisti più significativi del nostro tempo è sicuramente il cambiamento. Se, da un lato, esso ha da sempre caratterizzato la storia degli esseri umani, dall’altro, ora sta avvenendo così rapidamente da comportare nuovi modi di pensare alle società, al benessere, al futuro, al lavoro. La rapidità e spesso l’imprevedibilità delle trasformazioni necessitano di modalità di gestione diverse da quelle che in passato si sono dimostrate efficaci (Nota, Soresi, Ferrari & Ginevra, 2014). Nello stesso tempo ci troviamo inseriti in una società complessa, dove non è più possibile pensare, come si credeva fino a poco tempo fa, che la scienza possa, grazie ad analisi pazienti e sistematiche, evidenziare sistemi semplici e altamente comprensibili che stanno dietro a questa complessità e confusione. Ci si sta rendendo conto che la realtà è fatta per lo più da sistemi articolati, opposti a quelli semplici, caratterizzati da un elevato numero di elementi che si influenzano fra loro, che, tramite le microinfluenze, possono anche dare vita a conseguenze difficilmente prevedibili (Parisi, 2013). La loro gestione richiede modalità conoscitive e abilità diverse da quelle del passato, che devono essere esse stesse in costante evoluzione (Savickas, Nota, et al., 2009). Possiamo sicuramente affermare che le relazioni lineari che generalmente sono state utilizzate per avanzare le nostre previsioni non ci aiutano ad anticipare il futuro e si sono già dimostrate superficiali e inesatte. Nel pensare a come fronteggiare le condizioni che caratterizzano i nostri tempi, la dipendenza dal passato da parte di studiosi e professionisti si caratterizza come una strategia perdente. Per evitare una sorta di fallimento, in particolare per quanto qui ci riguarda più da vicino, di ciò che viene realizzato a sostegno di coloro che sperimentano le maggiori difficoltà, è necessario continuare ad innovarsi, prevedere un uso intensivo del capitale umano, della creatività e dell’ingegno, la propensione a superare vecchi schemi operativi, e una mentalità aperta ai cambiamenti. Le condizioni menzionate richiedono che si dia avvio a quello che gli economisti chiamano ‘tipping point’ o ‘punto di svolta’, una situazione in cui si dà slancio all’innovazione, ci si concentra su di essa, e si crea un nuovo equilibrio finalizzato all’evoluzione e alla crescita, che tende ad autoalimentarsi. Esso si contrappone a quella che invece viene definita la ‘path dependency’, o la dipendenza dal cammino svolto, dal proprio passato, che purtroppo ci impedisce, come abbiamo accennato, di migliorare. Nell’ambito del Laboratorio Larios e del Centro di Ateneo di Servizi e Ricerca per la Disabilità, la Riabilitazione e l’Integrazione, in seno al Network Universitario per il Counselling, stiamo studiando questi cambiamenti e i sentimenti di disagio e insicurezza presenti in fasce sempre più ampie della popolazione, così come stiamo cercando di affrontare le numerose sfide poste alla costruzione e alla realizzazione professionale (Savickas, Nota, et al, 2009; Nota e Soresi, 2010; Soresi e Nota, 2010; Nota e Rossier, 2015). A nostro avviso il couselling può diventare uno strumento significativo nel XXI° secolo per dare impulso a nuove forze e nuove energie e per facilitare una sorta di rinnovamento sociale che tragga vantaggio dai cambiamenti in corso per migliorare le condizioni sociali e umane. Affinché però il counseling possa assolvere pienamente ad un tale compito sono, a nostro avviso, necessarie azioni coraggiose da parte di chi lo studia e di chi lo pratica. È importante a nostro avviso rinnovare il counseling. Siamo convinti che sia necessario dare vita a nuove azioni di counseling, che esso va inteso come una funzione professionale, da erogarsi in differenti contesti (ambiti scolastici, comunitari o lavorativi, ad esempio) e per differenti categorie di utenti, con linguaggi, strumenti e strategie multidisciplinari diversificate (vedasi il lavoro del Network Uni.Co: http://larios.psy.unipd.it/). Nel corso del capitolo cercheremo così di mettere in evidenza le riflessioni che ci hanno condotto a pensarla così, a cominciare dalla constatazione che il counseling viene studiato da discipline molto diverse fra loro.
2015
Il counselling del futuro
9788867874408
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