Il contributo affronta il tema dello sviluppo sostenibile in montagna individuando tre punti di partenza: la caducità della bellezza, la precarietà dei beni della nostra civiltà, il lutto e la sofferenza legati alla perdita. Il primo di essi si riferisce all’esigenza di coniugare il vincolo per la protezione dell’ambiente con l’esigenza di fornire non solo sussistenza, ma anche benessere alle popolazioni locali. Purtroppo gli strumenti di pianificazione, pur supportati da un ampio apparato di valutazioni, hanno sì delineato obiettivi e norme per la conservazione dell’integrità, ma spesso questi sono rimasti carenti nella definizione di criteri progettuali per la riqualificazione e la creazione di nuovi paesaggi esteticamente attraenti, ecologicamente stabili e funzionali. La caducità poi è un concetto di cui la è pervasa forse più di ogni altro territorio proprio la montagna. La precarietà è legata sia alle condizioni naturali caratteristiche dei luoghi, ma anche al dissesto idrogeologico, alla delicatezza dei monumenti geologici, all’uso del suolo e alla percezione dei luoghi. Ed ancora all’economia: abitare in montagna significa saper coniugare le conoscenze discendenti proprio dalla forte dimensione culturale delle popolazioni autoctone con la necessaria innovazione, la quale necessita di essere governata per non diventare un ulteriore strumento di dipendenza della montagna dalla pianura. Infine la sofferenza legata alla perdita della bellezza e dei beni. In questo buona parte della responsabilità è ravvisabile proprio nei processi di innovazione economica, sociale e territoriale che, molto spesso, hanno fatto sì che le risorse locali non venissero sfruttate sul luogo e per il luogo. Bellezza, precarietà e perdita sono dunque tre condizioni che sembra abbiano regolato l’abitare in montagna rispetto al tema della gestione del territorio, generando al contempo sia il dolore che lo spunto di una speranza futura.
Nuovi modelli per lo sviluppo sostenibile in montagna
BOVE, ALESSANDRO
2015
Abstract
Il contributo affronta il tema dello sviluppo sostenibile in montagna individuando tre punti di partenza: la caducità della bellezza, la precarietà dei beni della nostra civiltà, il lutto e la sofferenza legati alla perdita. Il primo di essi si riferisce all’esigenza di coniugare il vincolo per la protezione dell’ambiente con l’esigenza di fornire non solo sussistenza, ma anche benessere alle popolazioni locali. Purtroppo gli strumenti di pianificazione, pur supportati da un ampio apparato di valutazioni, hanno sì delineato obiettivi e norme per la conservazione dell’integrità, ma spesso questi sono rimasti carenti nella definizione di criteri progettuali per la riqualificazione e la creazione di nuovi paesaggi esteticamente attraenti, ecologicamente stabili e funzionali. La caducità poi è un concetto di cui la è pervasa forse più di ogni altro territorio proprio la montagna. La precarietà è legata sia alle condizioni naturali caratteristiche dei luoghi, ma anche al dissesto idrogeologico, alla delicatezza dei monumenti geologici, all’uso del suolo e alla percezione dei luoghi. Ed ancora all’economia: abitare in montagna significa saper coniugare le conoscenze discendenti proprio dalla forte dimensione culturale delle popolazioni autoctone con la necessaria innovazione, la quale necessita di essere governata per non diventare un ulteriore strumento di dipendenza della montagna dalla pianura. Infine la sofferenza legata alla perdita della bellezza e dei beni. In questo buona parte della responsabilità è ravvisabile proprio nei processi di innovazione economica, sociale e territoriale che, molto spesso, hanno fatto sì che le risorse locali non venissero sfruttate sul luogo e per il luogo. Bellezza, precarietà e perdita sono dunque tre condizioni che sembra abbiano regolato l’abitare in montagna rispetto al tema della gestione del territorio, generando al contempo sia il dolore che lo spunto di una speranza futura.Pubblicazioni consigliate
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