Il terzo tomo della raccolta di studi dedicata alla memoria di Alberto Burdese indaga gli aspetti dell’attività giudicante privata nel processo civile romano non ancora trattati nei due precedenti. L’opera analizza, innanzitutto, i rapporti tra il giudice e il magistrato, sotto gli aspetti del collegamento tra 'iudicatio' e 'iurisdictio' e della distinzione tra 'iudicia legitima' e 'iudicia imperio continentia'. Viene approfondito anche l’istituto della 'traslatio iudicii', in base al quale sembrerebbe che il pretore potesse intervenire nel giudizio pure dopo l’avvio della fase 'apud iudicem'; si passa ad esaminare il delicato problema di identificare la presenza di una 'eadem res', allo scopo di dedurne la consunzione dell’azione proposta. Ci si addentra poi in questioni più direttamente attinenti al compito sostanziale del giudice e si studiano i vari provvedimenti che potevano essere da lui emessi, distinguendo, in base allo schema formulare che lo guidava, tra azioni arbitrarie, di stretto diritto e di buona fede. Un contributo è poi dedicato all’efficacia delle sentenze del tribunale centumvirale investito di una 'querela inofficiosi testamenti'. Due saggi esaminano le distinte modalità di risarcimento del danno patrimoniale nei giudizi rigorosi e in un giudizio di buona fede emblematico, quale quello a tutela della compera; un terzo articolo investiga in generale i problemi del danno non patrimoniale. Si passa al tema della rifusione di eventuali spese sostenute da un soggetto per un bene la cui titolarità fosse contestata nei giudizi di rivendica o di petizione di eredità. Viene analizzato, altresì, l’argomento delle prove decisorie, giuramento e confessione, che incidono sulla soluzione dell’organo giudicante. Si guarda anche ad aspetti esterni dell’officium iudicis, come quello delle cause di esenzione dal compito di giudicare, nonché ai possibili rapporti intercorrenti tra le parti e il giudice e tra i patroni e il giudice. Due contributi sono riservati alla patologia del giudizio, ove si valutano le varie ipotesi di ingiustizia della sentenza dal punto di vista dei suoi effetti sui terzi e dalla prospettiva delle conseguenze a carico del giudice che violasse regole procedurali o che commettesse un dolo giudiziale. Non viene tralasciata neppure l’indagine relativa all’epoca più remota, in cui, secondo la testimonianza di Gaio, vi era la facoltà di 'ipsam rem condemnare' e, nel campo del processo criminale, era attribuita una limitata potestà giurisdizionale all’interno della 'familia'. Si cerca, infine, di far luce sull’amministrazione della giustizia nelle province, sviscerando alcuni importanti nodi problematici, come quelli dell’esistenza di un editto provinciale e del rapporto tra processo formulare e origine del processo cognitorio.

Il giudice privato nel processo civile romano. Omaggio ad Alberto Burdese

GAROFALO, LUIGI
2015

Abstract

Il terzo tomo della raccolta di studi dedicata alla memoria di Alberto Burdese indaga gli aspetti dell’attività giudicante privata nel processo civile romano non ancora trattati nei due precedenti. L’opera analizza, innanzitutto, i rapporti tra il giudice e il magistrato, sotto gli aspetti del collegamento tra 'iudicatio' e 'iurisdictio' e della distinzione tra 'iudicia legitima' e 'iudicia imperio continentia'. Viene approfondito anche l’istituto della 'traslatio iudicii', in base al quale sembrerebbe che il pretore potesse intervenire nel giudizio pure dopo l’avvio della fase 'apud iudicem'; si passa ad esaminare il delicato problema di identificare la presenza di una 'eadem res', allo scopo di dedurne la consunzione dell’azione proposta. Ci si addentra poi in questioni più direttamente attinenti al compito sostanziale del giudice e si studiano i vari provvedimenti che potevano essere da lui emessi, distinguendo, in base allo schema formulare che lo guidava, tra azioni arbitrarie, di stretto diritto e di buona fede. Un contributo è poi dedicato all’efficacia delle sentenze del tribunale centumvirale investito di una 'querela inofficiosi testamenti'. Due saggi esaminano le distinte modalità di risarcimento del danno patrimoniale nei giudizi rigorosi e in un giudizio di buona fede emblematico, quale quello a tutela della compera; un terzo articolo investiga in generale i problemi del danno non patrimoniale. Si passa al tema della rifusione di eventuali spese sostenute da un soggetto per un bene la cui titolarità fosse contestata nei giudizi di rivendica o di petizione di eredità. Viene analizzato, altresì, l’argomento delle prove decisorie, giuramento e confessione, che incidono sulla soluzione dell’organo giudicante. Si guarda anche ad aspetti esterni dell’officium iudicis, come quello delle cause di esenzione dal compito di giudicare, nonché ai possibili rapporti intercorrenti tra le parti e il giudice e tra i patroni e il giudice. Due contributi sono riservati alla patologia del giudizio, ove si valutano le varie ipotesi di ingiustizia della sentenza dal punto di vista dei suoi effetti sui terzi e dalla prospettiva delle conseguenze a carico del giudice che violasse regole procedurali o che commettesse un dolo giudiziale. Non viene tralasciata neppure l’indagine relativa all’epoca più remota, in cui, secondo la testimonianza di Gaio, vi era la facoltà di 'ipsam rem condemnare' e, nel campo del processo criminale, era attribuita una limitata potestà giurisdizionale all’interno della 'familia'. Si cerca, infine, di far luce sull’amministrazione della giustizia nelle province, sviscerando alcuni importanti nodi problematici, come quelli dell’esistenza di un editto provinciale e del rapporto tra processo formulare e origine del processo cognitorio.
2015
9788813350970
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3193008
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