Le forme di cooperazione e di aiuto tra i governi e nei confronti delle colonie caratterizzano le relazioni internazionali da prima della seconda guerra mondiale, benché solo a partire dal secondo dopoguerra maturi la consapevolezza che la responsabilità del progresso sia in capo all'intera comunità internazionale (Chambers, 2005; Willis, K. (2011). Segnale sintomatico di questa nuova idealità è la costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che individua nella cooperazione paritaria tra gli Stati e nel rispetto dei diritti dell'uomo i cardini di un ordine mondiale pacifico (Haslam, 2012). Fino agli anni ottanta le politiche di cooperazione non tengono in conto i parametri sociali e politici ma solo quelli economici per descrivere il sottosviluppo. Bisognerà attendere il primo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo nel 1990 per prendere atto della multidimensionalità dello sviluppo e includere nel calcolo della ricchezza di un Paese, accanto ai parametri economici, gli indicatori relativi alla speranza di vita e al tasso di alfabetizzazione (Peet, 2009). Un'integrazione dei modelli di cooperazione tradizionali è costituito dalla cosiddetta cooperazione decentrata (CD). Questo approccio appare a partire dalla quarta Convenzione di Lomè (1989) e mira a rafforzare il ruolo delle autorità locali (AL) nei processi di sviluppo cercando di svincolarsi dal paradigma dell’aiuto. Per fare questo la cooperazione si decentra e si basa sul partenariato tra i soggetti che si trovano a diretto contatto con le comuni sfide poste dalla globalizzazione. Il presente articolo si focalizza su specifici aspetti emersi dalla ricerca valutativa che il Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale di Trento ha realizzato dal 2011 al 2012 sulla politica trentina di CD (CFSI, 2012). In particolare l’articolo illustra le peculiarità del contesto trentino che hanno contribuito a definire il complesso sistema degli obiettivi di questa politica, ne ricerca le principali cause dentro e fuori ai confini trentini e ne analizza i riflessi sugli assetti organizzativi dei soggetti coinvolti negli interventi.

"Trentino con": la valutazione della cooperazione decentrata trentina tra sistema degli obiettivi e pratiche organizzative"

DE MARCHI, MASSIMO;
2014

Abstract

Le forme di cooperazione e di aiuto tra i governi e nei confronti delle colonie caratterizzano le relazioni internazionali da prima della seconda guerra mondiale, benché solo a partire dal secondo dopoguerra maturi la consapevolezza che la responsabilità del progresso sia in capo all'intera comunità internazionale (Chambers, 2005; Willis, K. (2011). Segnale sintomatico di questa nuova idealità è la costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che individua nella cooperazione paritaria tra gli Stati e nel rispetto dei diritti dell'uomo i cardini di un ordine mondiale pacifico (Haslam, 2012). Fino agli anni ottanta le politiche di cooperazione non tengono in conto i parametri sociali e politici ma solo quelli economici per descrivere il sottosviluppo. Bisognerà attendere il primo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo nel 1990 per prendere atto della multidimensionalità dello sviluppo e includere nel calcolo della ricchezza di un Paese, accanto ai parametri economici, gli indicatori relativi alla speranza di vita e al tasso di alfabetizzazione (Peet, 2009). Un'integrazione dei modelli di cooperazione tradizionali è costituito dalla cosiddetta cooperazione decentrata (CD). Questo approccio appare a partire dalla quarta Convenzione di Lomè (1989) e mira a rafforzare il ruolo delle autorità locali (AL) nei processi di sviluppo cercando di svincolarsi dal paradigma dell’aiuto. Per fare questo la cooperazione si decentra e si basa sul partenariato tra i soggetti che si trovano a diretto contatto con le comuni sfide poste dalla globalizzazione. Il presente articolo si focalizza su specifici aspetti emersi dalla ricerca valutativa che il Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale di Trento ha realizzato dal 2011 al 2012 sulla politica trentina di CD (CFSI, 2012). In particolare l’articolo illustra le peculiarità del contesto trentino che hanno contribuito a definire il complesso sistema degli obiettivi di questa politica, ne ricerca le principali cause dentro e fuori ai confini trentini e ne analizza i riflessi sugli assetti organizzativi dei soggetti coinvolti negli interventi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3195145
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