Per interpretare un paesaggio bisognerebbe vederlo dall’alto. Solo così si può intuire il tessuto che lo compone. Solo così si può osservare la manifestazione visibile e fisica delle reti ecologiche: gli alberi e i corridoi arborei immersi nel deserto della matrice. Ma la rete funzionale non è costituita di unità discrete, o almeno non solo di esse. I corridoi possono essere “diffusi” e difficili da identificare. Il paesaggio identico in tutto il suo cerchio, monotono e senz’alberi, potrebbe così non essere del tutto privo di reti ecologiche. Il concetto di rete ecologica è stato applicato recentemente. A scala planetaria, solo nel 1974, l’UNESCO ha riconosciuto, nel Programma per l’Uomo e la Biosfera, la necessità di conciliare la conservazione delle aree di valore con gli usi del paesaggio locali attraverso l’individuazione nelle Riserve della Biosfera (attualmente oltre 350) di core areas, buffer areas e zone di transizione. Per questo motivo, forse, esistono ancora molti dubbi sulla loro efficacia. Non si può tuttavia trascurare l’importante ruolo che rivestono nella pianificazione. La comprensione e la valutazione di come gli organismi si muovono attraverso i paesaggi eterogenei, ovvero frammentati, sia attraverso i corridoi, che attraverso la matrice, è una componente chiave del processo che conduce alla comprensione delle risposte degli organismi ai mosaici spaziali, cioé dell’argomento centrale dell’ecologia del paesaggio. Perché esistono? Cosa aggiungono al processo di protezione delle risorse naturali? Che specie le sfruttano? Come si può stimare il loro valore? Cos’è stato fatto sinora? A queste domande il 40° Corso di Cultura in Ecologia tenta di dare una risposta. L’esistenza delle reti ha radici genetiche: il trasferimento di informazioni genetiche rappresenta il tessuto invisibile della rete, quello più ostico da studiare, perché meno percepibile. Degli aspetti genetici, tutti gli altri sono dei surrogati. Il contributo di M. Lucchin è rivolto, in questo senso, a chiarire le basi conoscitive: la materia prima di cui sono costruite le reti ecologiche. Gli organismi che sfruttano le reti possono essere animali o vegetali. Gli animali e i vegetali occupano habitat: per questo la rete può, prima di proteggere le specie, proteggere gli habitat o gli ecosistemi, cui le specie, e quindi gli ecoidi, sono legati. D. Zorzi e S. Mattedi presentano gli strumenti per ridurre, a scala locale, gli impatti del traffico stradale sulla dispersione delle specie della fauna selvatica, mentre D. McCollin e J. Jackson presentano l’uso che dei corridoi fanno le specie vegetali nemorali, patrimonio disperso nella matrice priva di copertura naturale, tipica dell’agricoltura intensiva e delle aree urbanizzate. Una presentazione del concetto di rete ecologica, a scala di paesaggio, e delle sue applicazioni in ambito europeo e nazionale, sono svolti, rispettivamente, da R. Jongman e D. Franco. R. Gambino presenta invece gli sviluppi più recenti in tema di cultura e tutela ambientale del territorio e le richieste della società cui le reti ecologiche possono dare risposta. La valutazione della qualità dei corridoi ecologici che si manifestano a più grande scala, cioé le siepi del paesaggio agrario e una serie di indici sintetici è proposta da T. Sitzia. Pochi sono gli esempi di normative nazionali o regionali tese a tradurre i concetti e le evidenze sperimentali in realtà: uno di questi è la Legge Regionale 13/2003 del Veneto che costruisce le graduatorie dei beneficiari di incentivi pubblici all’impianto di boschi di pianura, non solo in base al loro status giuridico o alla presenza di aree protette nelle vicinanze, ma anche, come raramente viene fatto, sulla base della vicinanza a boschi relitti, ragionando in termini di rete ecologica. F. Correale ne dà una presentazione. I Sistemi Geografici Informativi, ormai irrinunciabili nello studio del paesaggio, trovano nelle reti ecologiche un campo di applicazione importante, che A. Fiduccia, L. Fonti, M. Funaro, L. Gregari, S. Rapicetta e S. Reniero presentano nel loro contributo. Infine non basta ragionare di fauna e flora, occorre individuare idonei strumenti di progettazione e pianificazione; G. De Togni affronta quelli a piccola scala, ovvero quelli urbanistici, G. Mezzalira affronta quelli a grande scala, ovvero la progettazione. L'organizzazione del Corso ha impegnato, oltre ai componenti del Comitato Organizzativo e a quelli del Comitato Scientifico anche I. Dainese e A. Tosatto, che hanno svolto il fondamentale supporto di segreteria presso il Dipartimento, e il personale del Centro Studi per l'Ambiente Alpino di S. Vito di Cadore: F. Fontanella, R. Menardi e C. Filoso, ai quali tutti va un caloroso ringraziamento.

Reti ecologiche: una chiave per la conservazione e la gestione dei paesaggi frammentati. Pubblicazioni del Corso di Cultura in Ecologia, Atti del XL Corso

SITZIA, TOMMASO;
2004

Abstract

Per interpretare un paesaggio bisognerebbe vederlo dall’alto. Solo così si può intuire il tessuto che lo compone. Solo così si può osservare la manifestazione visibile e fisica delle reti ecologiche: gli alberi e i corridoi arborei immersi nel deserto della matrice. Ma la rete funzionale non è costituita di unità discrete, o almeno non solo di esse. I corridoi possono essere “diffusi” e difficili da identificare. Il paesaggio identico in tutto il suo cerchio, monotono e senz’alberi, potrebbe così non essere del tutto privo di reti ecologiche. Il concetto di rete ecologica è stato applicato recentemente. A scala planetaria, solo nel 1974, l’UNESCO ha riconosciuto, nel Programma per l’Uomo e la Biosfera, la necessità di conciliare la conservazione delle aree di valore con gli usi del paesaggio locali attraverso l’individuazione nelle Riserve della Biosfera (attualmente oltre 350) di core areas, buffer areas e zone di transizione. Per questo motivo, forse, esistono ancora molti dubbi sulla loro efficacia. Non si può tuttavia trascurare l’importante ruolo che rivestono nella pianificazione. La comprensione e la valutazione di come gli organismi si muovono attraverso i paesaggi eterogenei, ovvero frammentati, sia attraverso i corridoi, che attraverso la matrice, è una componente chiave del processo che conduce alla comprensione delle risposte degli organismi ai mosaici spaziali, cioé dell’argomento centrale dell’ecologia del paesaggio. Perché esistono? Cosa aggiungono al processo di protezione delle risorse naturali? Che specie le sfruttano? Come si può stimare il loro valore? Cos’è stato fatto sinora? A queste domande il 40° Corso di Cultura in Ecologia tenta di dare una risposta. L’esistenza delle reti ha radici genetiche: il trasferimento di informazioni genetiche rappresenta il tessuto invisibile della rete, quello più ostico da studiare, perché meno percepibile. Degli aspetti genetici, tutti gli altri sono dei surrogati. Il contributo di M. Lucchin è rivolto, in questo senso, a chiarire le basi conoscitive: la materia prima di cui sono costruite le reti ecologiche. Gli organismi che sfruttano le reti possono essere animali o vegetali. Gli animali e i vegetali occupano habitat: per questo la rete può, prima di proteggere le specie, proteggere gli habitat o gli ecosistemi, cui le specie, e quindi gli ecoidi, sono legati. D. Zorzi e S. Mattedi presentano gli strumenti per ridurre, a scala locale, gli impatti del traffico stradale sulla dispersione delle specie della fauna selvatica, mentre D. McCollin e J. Jackson presentano l’uso che dei corridoi fanno le specie vegetali nemorali, patrimonio disperso nella matrice priva di copertura naturale, tipica dell’agricoltura intensiva e delle aree urbanizzate. Una presentazione del concetto di rete ecologica, a scala di paesaggio, e delle sue applicazioni in ambito europeo e nazionale, sono svolti, rispettivamente, da R. Jongman e D. Franco. R. Gambino presenta invece gli sviluppi più recenti in tema di cultura e tutela ambientale del territorio e le richieste della società cui le reti ecologiche possono dare risposta. La valutazione della qualità dei corridoi ecologici che si manifestano a più grande scala, cioé le siepi del paesaggio agrario e una serie di indici sintetici è proposta da T. Sitzia. Pochi sono gli esempi di normative nazionali o regionali tese a tradurre i concetti e le evidenze sperimentali in realtà: uno di questi è la Legge Regionale 13/2003 del Veneto che costruisce le graduatorie dei beneficiari di incentivi pubblici all’impianto di boschi di pianura, non solo in base al loro status giuridico o alla presenza di aree protette nelle vicinanze, ma anche, come raramente viene fatto, sulla base della vicinanza a boschi relitti, ragionando in termini di rete ecologica. F. Correale ne dà una presentazione. I Sistemi Geografici Informativi, ormai irrinunciabili nello studio del paesaggio, trovano nelle reti ecologiche un campo di applicazione importante, che A. Fiduccia, L. Fonti, M. Funaro, L. Gregari, S. Rapicetta e S. Reniero presentano nel loro contributo. Infine non basta ragionare di fauna e flora, occorre individuare idonei strumenti di progettazione e pianificazione; G. De Togni affronta quelli a piccola scala, ovvero quelli urbanistici, G. Mezzalira affronta quelli a grande scala, ovvero la progettazione. L'organizzazione del Corso ha impegnato, oltre ai componenti del Comitato Organizzativo e a quelli del Comitato Scientifico anche I. Dainese e A. Tosatto, che hanno svolto il fondamentale supporto di segreteria presso il Dipartimento, e il personale del Centro Studi per l'Ambiente Alpino di S. Vito di Cadore: F. Fontanella, R. Menardi e C. Filoso, ai quali tutti va un caloroso ringraziamento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3195699
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