Il contributo analizza le novità introdotte dalla legge n. 133 del 2014 in materia di mutamento urbanisticamente rilevante della destinazione d’uso degli immobili. In particolare, il lavoro si sofferma sull’enunciata libertà di modificare l’uso dei fabbricati all’interno delle categorie funzionali individuate dall’art. 23 ter TUED, osservando come tale libertà operi prevalentemente sul piano edilizio e resti, invece, ancora fortemente condizionata sul piano urbanistico dalle previsioni degli strumenti comunali di pianificazione. Le quali devono tuttavia poter essere giudicate sul piano della ragionevolezza e proporzionalità, anche alla luce delle liberalizzazioni imposte dal diritto europeo e della necessità di riconvertire il patrimonio edilizio esistente per sostenere le politiche di contenimento del consumo di suolo. Perché, se in alcuni casi esse appaiono giustificate per salvaguardare interessi superiori, in altri appaiono del tutto immotivate e anacronistiche. L’autore esprime, infine, il giudizio che la riforma statale del 2014 è stata un’occasione mancata per stabilire dei principi chiari e vincolanti, nei confronti delle regioni e dei comuni, sui rapporti tra ordinamento civile e governo del territorio, da un lato, e tra il potere della pubblica amministrazione e lo ius aedificandi e lo ius utendi del proprietario dall’altro.
La (tuttora incompiuta) disciplina statale del cambio d’uso funzionale degli immobili esistenti
CALEGARI, ALESSANDRO
2016
Abstract
Il contributo analizza le novità introdotte dalla legge n. 133 del 2014 in materia di mutamento urbanisticamente rilevante della destinazione d’uso degli immobili. In particolare, il lavoro si sofferma sull’enunciata libertà di modificare l’uso dei fabbricati all’interno delle categorie funzionali individuate dall’art. 23 ter TUED, osservando come tale libertà operi prevalentemente sul piano edilizio e resti, invece, ancora fortemente condizionata sul piano urbanistico dalle previsioni degli strumenti comunali di pianificazione. Le quali devono tuttavia poter essere giudicate sul piano della ragionevolezza e proporzionalità, anche alla luce delle liberalizzazioni imposte dal diritto europeo e della necessità di riconvertire il patrimonio edilizio esistente per sostenere le politiche di contenimento del consumo di suolo. Perché, se in alcuni casi esse appaiono giustificate per salvaguardare interessi superiori, in altri appaiono del tutto immotivate e anacronistiche. L’autore esprime, infine, il giudizio che la riforma statale del 2014 è stata un’occasione mancata per stabilire dei principi chiari e vincolanti, nei confronti delle regioni e dei comuni, sui rapporti tra ordinamento civile e governo del territorio, da un lato, e tra il potere della pubblica amministrazione e lo ius aedificandi e lo ius utendi del proprietario dall’altro.Pubblicazioni consigliate
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