Come è stato discusso in altre parti di questo volume il contesto scolastico e accademico attuale si caratterizza per un’elevata eterogeneità e pluralità di situazioni, tanto che la presenza di persone con menomazioni e disabilità è solo una delle condizioni che contraddistingue le nostre realtà educative e formative dal «nido» all’università [Carter, Quaglia e Leslie 2010]. Sebbene i vantaggi di una realtà così eterogenea siano ormai noti, è opportuno però precisare che nelle classi in cui è stato inserito uno/a studente/ssa con disabilità, i coetanei con sviluppo tipico spontaneamente non interagiscono frequentemente con lui/lei ed evitano di sceglierlo/a come compagno/a di gioco e di studio. Si riscontrano fenomeni analoghi di micro e macroesclusione e di vittimizzazione anche nei confronti di studenti con altre vulnerabilità, per esempio con esperienza di migrazione o appartenenti a gruppi etnici di minoranza nel contesto culturale considerato [Strohmeier, Kärnä e Salmivalli 2011], con difficoltà di apprendimento [Luciano e Savage 2007], o con basso status socioeconomico [Due et al. 2009]. Per queste ragioni è necessario prevedere e utilizzare strategie che stimolino efficaci interazioni fra studenti con e senza vulnerabilità, in modo che si possa effettivamente realizzare un’inclusione di qualità. La programmazione delle attività educative dovrebbe prevedere il coinvolgimento dei compagni quali «agenti che promuovono l’intervento» e il rafforzamento di comportamenti target. L’aiuto e il supporto nei confronti dei compagni con difficoltà andrebbero stimolati in modo esplicito, inizialmente per compiti brevi e precisi, e fornendo chiare indicazioni su ciò che i bambini senza vulnerabilità debbono fare. Questo può favorire una maggiore comprensione delle condizioni delle persone con disabilità e vulnerabilità e stimolare una certa vicinanza sociale, prerequisito per lo sviluppo dei rapporti di amicizia [Odom e Wolery 2003]. Specifici interventi dovrebbero anche puntare alla riduzione delle visioni stereotipate della vulnerabilità, delle miscomprensioni e generalizzazioni indebite nei confronti della disabilità e della vulnerabilità. Di fatto l’incremento di conoscenze articolate e precise, accompagnate anche da esperienze guidate e supervisionate dall’educatore, oltre a favorire cambiamenti di tipo concettuale potrebbe stimolare la nascita di atteggiamenti più positivi [Magiati,Dockrell e Logotheti 2002]. In queste attività di intervento si dovrebbe anche puntare a favorire relazioni positive e di supporto reciproco nei confronti dei pari e soprattutto di quelli che sono maggiormente a rischio di esclusione sociale [Hamilton 2005]. Affinché si formino interazioni positive e durevoli è importante rendere chiari i vantaggi che si possono conseguire dall’avere amicizie con coetanei eterogenei e favorire la reciprocità e la cooperazione, anche mediante attività volte al perseguimento di obiettivi comuni a cui tutti i soggetti con e senza vulnerabilità possono contribuire. In relazione a quanto sopra, in questo capitolo ci soffermeremo a considerare alcuni programmi e interventi per promuovere una realtà scolastica e universitaria maggiormente supportiva e inclusiva, un contesto in cui tutti reciprocamente si sostengono, dando valore alle diversità e assicurando una maggiore giustizia sociale per tutti. Proporremo una rassegna di percorsi per ogni ordine scolastico ma vale la pena ricordare che la letteratura internazionale è ricca di esempi a riguardo, tanto che ben 42 programmi di intervento sono stati pubblicati nelle riviste più quotate in materia di disabilità tra il 1980 e il 2011. Si tratta di programmi diversi, in termini di lunghezza (dai due/tre incontri a programmi di un anno), attività e supporti utilizzati, ma finalizzati a promuovere atteggiamenti positivi e solidali in bambini e adolescenti nei confronti dei pari con disabilità e a potenziare la consapevolezza dell’esistenza delle diversità e vulnerabilità [Lindsay e Edwards 2013]. Tutto ciò pone chiaramente in evidenza la ricchezza di suggerimenti e indicazioni utili ai professionisti interessati per favorire azioni educative finalizzate a promuovere relazioni positive fra studenti con e senza disabilità e vulnerabilità. È importante in tal senso che la programmazione delle attività a vantaggio dell’inclusione venga attuata in modo rigoroso e sulla base di una specifica letteratura scientifica, al fine di evitare interventi improvvisati, poco efficaci, con standard di qualità bassi e spesso addirittura controproducenti, ovvero in grado di stimolare atteggiamenti pietistici e paternalistici poco utili per una effettiva inclusione scolastica e accademica.

Costruire e promuovere l’inclusione dalla scuola dell’infanzia all’università

GINEVRA, MARIA CRISTINA;NOTA, LAURA;SORESI, SALVATORE
2016

Abstract

Come è stato discusso in altre parti di questo volume il contesto scolastico e accademico attuale si caratterizza per un’elevata eterogeneità e pluralità di situazioni, tanto che la presenza di persone con menomazioni e disabilità è solo una delle condizioni che contraddistingue le nostre realtà educative e formative dal «nido» all’università [Carter, Quaglia e Leslie 2010]. Sebbene i vantaggi di una realtà così eterogenea siano ormai noti, è opportuno però precisare che nelle classi in cui è stato inserito uno/a studente/ssa con disabilità, i coetanei con sviluppo tipico spontaneamente non interagiscono frequentemente con lui/lei ed evitano di sceglierlo/a come compagno/a di gioco e di studio. Si riscontrano fenomeni analoghi di micro e macroesclusione e di vittimizzazione anche nei confronti di studenti con altre vulnerabilità, per esempio con esperienza di migrazione o appartenenti a gruppi etnici di minoranza nel contesto culturale considerato [Strohmeier, Kärnä e Salmivalli 2011], con difficoltà di apprendimento [Luciano e Savage 2007], o con basso status socioeconomico [Due et al. 2009]. Per queste ragioni è necessario prevedere e utilizzare strategie che stimolino efficaci interazioni fra studenti con e senza vulnerabilità, in modo che si possa effettivamente realizzare un’inclusione di qualità. La programmazione delle attività educative dovrebbe prevedere il coinvolgimento dei compagni quali «agenti che promuovono l’intervento» e il rafforzamento di comportamenti target. L’aiuto e il supporto nei confronti dei compagni con difficoltà andrebbero stimolati in modo esplicito, inizialmente per compiti brevi e precisi, e fornendo chiare indicazioni su ciò che i bambini senza vulnerabilità debbono fare. Questo può favorire una maggiore comprensione delle condizioni delle persone con disabilità e vulnerabilità e stimolare una certa vicinanza sociale, prerequisito per lo sviluppo dei rapporti di amicizia [Odom e Wolery 2003]. Specifici interventi dovrebbero anche puntare alla riduzione delle visioni stereotipate della vulnerabilità, delle miscomprensioni e generalizzazioni indebite nei confronti della disabilità e della vulnerabilità. Di fatto l’incremento di conoscenze articolate e precise, accompagnate anche da esperienze guidate e supervisionate dall’educatore, oltre a favorire cambiamenti di tipo concettuale potrebbe stimolare la nascita di atteggiamenti più positivi [Magiati,Dockrell e Logotheti 2002]. In queste attività di intervento si dovrebbe anche puntare a favorire relazioni positive e di supporto reciproco nei confronti dei pari e soprattutto di quelli che sono maggiormente a rischio di esclusione sociale [Hamilton 2005]. Affinché si formino interazioni positive e durevoli è importante rendere chiari i vantaggi che si possono conseguire dall’avere amicizie con coetanei eterogenei e favorire la reciprocità e la cooperazione, anche mediante attività volte al perseguimento di obiettivi comuni a cui tutti i soggetti con e senza vulnerabilità possono contribuire. In relazione a quanto sopra, in questo capitolo ci soffermeremo a considerare alcuni programmi e interventi per promuovere una realtà scolastica e universitaria maggiormente supportiva e inclusiva, un contesto in cui tutti reciprocamente si sostengono, dando valore alle diversità e assicurando una maggiore giustizia sociale per tutti. Proporremo una rassegna di percorsi per ogni ordine scolastico ma vale la pena ricordare che la letteratura internazionale è ricca di esempi a riguardo, tanto che ben 42 programmi di intervento sono stati pubblicati nelle riviste più quotate in materia di disabilità tra il 1980 e il 2011. Si tratta di programmi diversi, in termini di lunghezza (dai due/tre incontri a programmi di un anno), attività e supporti utilizzati, ma finalizzati a promuovere atteggiamenti positivi e solidali in bambini e adolescenti nei confronti dei pari con disabilità e a potenziare la consapevolezza dell’esistenza delle diversità e vulnerabilità [Lindsay e Edwards 2013]. Tutto ciò pone chiaramente in evidenza la ricchezza di suggerimenti e indicazioni utili ai professionisti interessati per favorire azioni educative finalizzate a promuovere relazioni positive fra studenti con e senza disabilità e vulnerabilità. È importante in tal senso che la programmazione delle attività a vantaggio dell’inclusione venga attuata in modo rigoroso e sulla base di una specifica letteratura scientifica, al fine di evitare interventi improvvisati, poco efficaci, con standard di qualità bassi e spesso addirittura controproducenti, ovvero in grado di stimolare atteggiamenti pietistici e paternalistici poco utili per una effettiva inclusione scolastica e accademica.
2016
Psicologia delle disabilità e dell’inclusione
978-88-15-26561-6
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