Molti dei cambiamenti a proposito del modo di concepire le problematiche delle persone con disabilità e passate in rassegna nella prima parte di questo volume, sono ampiamente condivise dalla cosiddetta psicologia positiva che ha contribuito a stimolarli e divulgarli. Questa visione della psicologia si propone e si presenta come scienza «delle esperienze positive, dei tratti individuali positivi, delle istituzioni positive per migliorare la qualità di vita e prevenire le patologie che possono insorgere nelle situazioni in cui la vita è desolata e priva di significati» [Seligman e Csikzentmihalyi 2000, 5], con l’intento esplicito di allontanarsi da un modello psicologico basato sulla patologia e di muoversi verso un polo che inglobi al suo interno le caratteristiche che facilitano l’esperienza di una vita soddisfacente e degna di essere vissuta. Uno dei livelli di analisi proposti all’interno di questa disciplina si focalizza su quelle caratteristiche della persona che permettono di raggiungere una prestazione adeguata e di portarle al miglior livello possibile [Peterson e Seligman 2004], su quelle capacità naturali di comportamento, pensiero o sentimento che facilitano il funzionamento ottimale, e la prestazione adeguata nell’intento di raggiungere obiettivi personalmente rilevanti [Linley e Harrington 2006]. Si tratta di caratteristiche che valgono, che assumono il significato di valori e a cui fanno riferimento le persone nelle loro scelte quotidiane (cfr. tab. 5.1). Comprendono valori della mente (l’amore per l’apprendimento o la creatività), valori del cuore (zest, gratitudine, speranza e amore), valori focalizzati su di sé (creatività, speranza), valori focalizzati sugli altri (perdono, partecipazione responsabile, lavorare in gruppo) e valori orientati al futuro quali il coraggio e la perseveranza. Centrali nelle scelte alla base di questo approccio, e rilevanti nell’analisi delle disabilità, sono sia il coltivare le qualità personali, sviluppando di conseguenza i punti di forza già esistenti e facilitando esperienze positive, sia l’attenzione alle connessioni positive, ovvero stabilire e mantenere quelle relazioni con gli altri che facilitano la ricerca del benessere per sé e il fornire supporti agli altri. Un elenco rappresentativo dei valori e delle virtù che sono al centro dell’attenzione in questo approccio può essere ritrovato nel VIA (Values In Action) [Seligman, Park e Peterson 2004] e di cui sono state successivamente redatte versioni più brevi e per diverse fasce di età (cfr. tab. 5.1). Una presenza armonica delle caratteristiche sopra elencate ha risvolti importanti sullo sviluppo di un’identità non solo positiva ma anche resiliente, ovvero su un tipo di sviluppo che dovrebbe consentire a un individuo di navigare nelle situazioni avverse secondo modalità che ne proteggano la salute, il benessere e la soddisfazione di vita. Questo assume un significato particolare nelle condizioni socioeconomiche attuali, in cui coloro che si trovano in situazione di disabilità sperimentano sempre più spesso maggiori livelli di incertezza e difficoltà che possono mettere a rischio la strutturazione e il mantenimento di un’identità positiva, facilitando la comparsa e il consolidarsi di comportamenti disadattivi e di rinuncia a una progettazione futura [Ferrari, Sgaramella e Soresi 2015]. Risulta, quindi, particolarmente rilevante, per chi si trova in questa condizione e per coloro che anche da un punto di vista professionale desiderano agire in suo favore, porre in primo piano gli aspetti positivi del funzionamento psicologico e le risorse psicologiche individuali di fatto disponibili. È quanto suggeriscono sempre più numerosi studi che invitano a promuovere lo sviluppo di una vita soddisfacente anche nelle situazioni di disagio e disabilità [Wehmeyer 2013]. In questo capitolo ci concentreremo sui risultati di una serie di studi in cui sono state coinvolte persone con varie tipologie di disabilità, conseguenti a danni e menomazione o a disagio e alterazioni psicopatologiche, che hanno privilegiato l’analisi delle caratteristiche e delle risorse positive delle persone coinvolte anche al fine di documentarne l’impatto nello sviluppo delle identità positive e che risultano rilevanti per affrontare la gestione delle sfide del quotidiano e le incognite del futuro.

Psicologia positiva e disabilità

SGARAMELLA, TERESA MARIA;DI MAGGIO, ILARIA;
2016

Abstract

Molti dei cambiamenti a proposito del modo di concepire le problematiche delle persone con disabilità e passate in rassegna nella prima parte di questo volume, sono ampiamente condivise dalla cosiddetta psicologia positiva che ha contribuito a stimolarli e divulgarli. Questa visione della psicologia si propone e si presenta come scienza «delle esperienze positive, dei tratti individuali positivi, delle istituzioni positive per migliorare la qualità di vita e prevenire le patologie che possono insorgere nelle situazioni in cui la vita è desolata e priva di significati» [Seligman e Csikzentmihalyi 2000, 5], con l’intento esplicito di allontanarsi da un modello psicologico basato sulla patologia e di muoversi verso un polo che inglobi al suo interno le caratteristiche che facilitano l’esperienza di una vita soddisfacente e degna di essere vissuta. Uno dei livelli di analisi proposti all’interno di questa disciplina si focalizza su quelle caratteristiche della persona che permettono di raggiungere una prestazione adeguata e di portarle al miglior livello possibile [Peterson e Seligman 2004], su quelle capacità naturali di comportamento, pensiero o sentimento che facilitano il funzionamento ottimale, e la prestazione adeguata nell’intento di raggiungere obiettivi personalmente rilevanti [Linley e Harrington 2006]. Si tratta di caratteristiche che valgono, che assumono il significato di valori e a cui fanno riferimento le persone nelle loro scelte quotidiane (cfr. tab. 5.1). Comprendono valori della mente (l’amore per l’apprendimento o la creatività), valori del cuore (zest, gratitudine, speranza e amore), valori focalizzati su di sé (creatività, speranza), valori focalizzati sugli altri (perdono, partecipazione responsabile, lavorare in gruppo) e valori orientati al futuro quali il coraggio e la perseveranza. Centrali nelle scelte alla base di questo approccio, e rilevanti nell’analisi delle disabilità, sono sia il coltivare le qualità personali, sviluppando di conseguenza i punti di forza già esistenti e facilitando esperienze positive, sia l’attenzione alle connessioni positive, ovvero stabilire e mantenere quelle relazioni con gli altri che facilitano la ricerca del benessere per sé e il fornire supporti agli altri. Un elenco rappresentativo dei valori e delle virtù che sono al centro dell’attenzione in questo approccio può essere ritrovato nel VIA (Values In Action) [Seligman, Park e Peterson 2004] e di cui sono state successivamente redatte versioni più brevi e per diverse fasce di età (cfr. tab. 5.1). Una presenza armonica delle caratteristiche sopra elencate ha risvolti importanti sullo sviluppo di un’identità non solo positiva ma anche resiliente, ovvero su un tipo di sviluppo che dovrebbe consentire a un individuo di navigare nelle situazioni avverse secondo modalità che ne proteggano la salute, il benessere e la soddisfazione di vita. Questo assume un significato particolare nelle condizioni socioeconomiche attuali, in cui coloro che si trovano in situazione di disabilità sperimentano sempre più spesso maggiori livelli di incertezza e difficoltà che possono mettere a rischio la strutturazione e il mantenimento di un’identità positiva, facilitando la comparsa e il consolidarsi di comportamenti disadattivi e di rinuncia a una progettazione futura [Ferrari, Sgaramella e Soresi 2015]. Risulta, quindi, particolarmente rilevante, per chi si trova in questa condizione e per coloro che anche da un punto di vista professionale desiderano agire in suo favore, porre in primo piano gli aspetti positivi del funzionamento psicologico e le risorse psicologiche individuali di fatto disponibili. È quanto suggeriscono sempre più numerosi studi che invitano a promuovere lo sviluppo di una vita soddisfacente anche nelle situazioni di disagio e disabilità [Wehmeyer 2013]. In questo capitolo ci concentreremo sui risultati di una serie di studi in cui sono state coinvolte persone con varie tipologie di disabilità, conseguenti a danni e menomazione o a disagio e alterazioni psicopatologiche, che hanno privilegiato l’analisi delle caratteristiche e delle risorse positive delle persone coinvolte anche al fine di documentarne l’impatto nello sviluppo delle identità positive e che risultano rilevanti per affrontare la gestione delle sfide del quotidiano e le incognite del futuro.
2016
Psicologia delle disabilità e dell’inclusione
978 88 15 26561 6
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