In uno dei primi scritti, Seligman (1998) attribuiva alla psicologia positiva il compito di “misurare, comprendere e quindi costruire i punti di forza e le virtù civiche”. Si avviava così una messa in discussione degli approcci imperanti che si focalizzavano sui danni, sia fisici che mentali; il riconoscimento che l’identificazione di un danno, di un deficit non necessariamente predice il grado di funzionamento della persona dal punto di vista individuale né tantomeno se lo consideriamo come membro della società. L’attenzione si spostava sulle variabili soggettive del funzionamento e sugli obiettivi di vita personali. Un cambiamento simile investiva quasi parallelamente il mondo della disabilità. Anche in questo ambito si era assistito a lungo al dominio di modelli basati sui deficit, ovvero modelli finalizzati all’analisi e alla comprensione di ciò che un danno, una menomazione sottraevano al funzionamento psicologico. La diffusione della prospettiva ecologico-comportamentale (Soresi, 2007) e le posizioni assunte nei documenti ufficiali dall’OMS (Luglio, 2013) che sottoscrivono l’idea che la disabilità costituisce un continuum dell’esperienza umana, qualcosa che chiunque può trovarsi a sperimentare in qualche modo, hanno portato alla promozione di approcci positivi nella psicologia della disabilità, basati sui punti di forza e finalizzati a promuovere una buona qualità di vita per tutte le persone, anche per quelle che presentano disabilità. Il focus in entrambi i casi non è sul problema, anche se questo continua ad assumere un suo ruolo all’interno della costruzione del progetto di vita, ma sul “creare una vita buona, utilizzando approcci positivi, proattivi che si fondano su tratti ed esperienze positive” (Shogren, 2013). Entrambe mirano a promuovere il funzionamento ottimale della persona, a superare la contrapposizione esistente tra capacità personali e richieste dell’ambiente, in particolare in presenza di limitazioni. Infatti, per le persone che vivono condizioni difficili e che sperimentano vulnerabilità associate alla presenza di limitazioni o disabilità, le condizioni socio-economiche che caratterizzano la società attuale costituiscono un ulteriore fattore di rischio. Queste persone sperimentano maggiori livelli di incertezza e difficoltà che pongono spesso in secondo piano le abilità personali, i punti di forza; tali condizioni alimentano facilmente un circolo vizioso che fa sì che una limitazione, una condizione difficile, si traduca in un “eccesso di disabilità” non implicito nella condizione iniziale, in grado di caratterizzare la rinuncia ad una progettazione futura così come alla comparsa e il consolidarsi di comportamenti disadattivi. La scelta di focalizzarsi sulle dimensioni della psicologia positiva può risultare particolarmente opportuna e produttiva in particolare nelle situazioni di disabilità caratterizzate da un andamento incerto e progressivo.

PSICOLOGIA POSITIVA E DISABILITÀ: AFFRONTARE LE SFIDE DEL FUTURO NELL’ADULTO CON DISABILITÀ ACQUISITA, CRONICA PROGRESSIVA

SGARAMELLA, TERESA MARIA;SANTILLI, SARA;AZZARA', ANTONIO;
2015

Abstract

In uno dei primi scritti, Seligman (1998) attribuiva alla psicologia positiva il compito di “misurare, comprendere e quindi costruire i punti di forza e le virtù civiche”. Si avviava così una messa in discussione degli approcci imperanti che si focalizzavano sui danni, sia fisici che mentali; il riconoscimento che l’identificazione di un danno, di un deficit non necessariamente predice il grado di funzionamento della persona dal punto di vista individuale né tantomeno se lo consideriamo come membro della società. L’attenzione si spostava sulle variabili soggettive del funzionamento e sugli obiettivi di vita personali. Un cambiamento simile investiva quasi parallelamente il mondo della disabilità. Anche in questo ambito si era assistito a lungo al dominio di modelli basati sui deficit, ovvero modelli finalizzati all’analisi e alla comprensione di ciò che un danno, una menomazione sottraevano al funzionamento psicologico. La diffusione della prospettiva ecologico-comportamentale (Soresi, 2007) e le posizioni assunte nei documenti ufficiali dall’OMS (Luglio, 2013) che sottoscrivono l’idea che la disabilità costituisce un continuum dell’esperienza umana, qualcosa che chiunque può trovarsi a sperimentare in qualche modo, hanno portato alla promozione di approcci positivi nella psicologia della disabilità, basati sui punti di forza e finalizzati a promuovere una buona qualità di vita per tutte le persone, anche per quelle che presentano disabilità. Il focus in entrambi i casi non è sul problema, anche se questo continua ad assumere un suo ruolo all’interno della costruzione del progetto di vita, ma sul “creare una vita buona, utilizzando approcci positivi, proattivi che si fondano su tratti ed esperienze positive” (Shogren, 2013). Entrambe mirano a promuovere il funzionamento ottimale della persona, a superare la contrapposizione esistente tra capacità personali e richieste dell’ambiente, in particolare in presenza di limitazioni. Infatti, per le persone che vivono condizioni difficili e che sperimentano vulnerabilità associate alla presenza di limitazioni o disabilità, le condizioni socio-economiche che caratterizzano la società attuale costituiscono un ulteriore fattore di rischio. Queste persone sperimentano maggiori livelli di incertezza e difficoltà che pongono spesso in secondo piano le abilità personali, i punti di forza; tali condizioni alimentano facilmente un circolo vizioso che fa sì che una limitazione, una condizione difficile, si traduca in un “eccesso di disabilità” non implicito nella condizione iniziale, in grado di caratterizzare la rinuncia ad una progettazione futura così come alla comparsa e il consolidarsi di comportamenti disadattivi. La scelta di focalizzarsi sulle dimensioni della psicologia positiva può risultare particolarmente opportuna e produttiva in particolare nelle situazioni di disabilità caratterizzate da un andamento incerto e progressivo.
2015
La psicologia positiva per l'orientamento e il lavoro. Strumenti e contributi di ricerca
978-88-98542-13-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3233315
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