Il ruolo dei genitori è fondamentale per lo sviluppo e la crescita di un bambino che presenta disabilità, per cui è significativo il modo in cui i professionisti “guardano” i genitori e i familiari. In passato, il contributo della letteratura scientifica riguardante i genitori dei bambini con disabilità si è caratterizzato per un approccio “patologizzante” delle dinamiche familiari. Tale approccio ha contribuito a diffondere, anche nell’opinione pubblica, l’idea che i genitori di bambini con disabilità siano più deboli e si trovino in difficoltà nella gestione di situazioni complesse. Solamente verso la fine gli anni 2000 alcuni psicologi hanno iniziato a prendere in considerazione anche le caratteristiche positive di questi genitori, cambiando così il modo di “guardare” ad essi. È stato quindi messo in evidenza come gran parte dei genitori non percepisca solo condizioni negative, ma viva, lavori, agisca nel proprio contesto quotidiano con grinta e determinazione. Il fine è di cercare di assolvere al meglio il compito di genitori e, contemporaneamente, di riformulare sensi e significati in funzione della qualità di vita (Blacher, Baker, & Berkovits, 2013; Nota, Soresi, Ginevra, & Di Maggio, in press). Tali genitori, infatti, si trovano spesso a fronteggiare situazioni impegnative, ove sono necessarie non solo delle soluzioni ideative (creative, nuove, diverse), ma anche una determinazione a proseguire nei propri intenti sicuramente più marcata rispetto ai genitori di bambini con sviluppo tipico (McConnell, Savage, Sobsey, & Uditsky, 2015; Nota, Soresi, Ferrari, Wilgosh, & Scorgie, 2005). Inoltre la consulenza di un professionista esperto, come sottolineato in diversi approcci e modelli teorici (es. Psicologia positiva; Family-Centred Care model), potrebbe essere di grande aiuto per poter “ritrovare” e/o “implementare” punti di forza, quali ad esempio speranza, ottimismo e resilienza, al fine di poter fronteggiare in maniera adattiva le difficoltà connesse alla malattia del proprio bambino (Nota et al., in press). Anche in ambito pediatrico, proprio alla luce di questi nuovi modelli psicologici, si è modificato l’approccio al bambino, passando dal modello medico, basato soprattutto sulla cura del bambino, al Family-Centred Care model (FCC) che prende in considerazione i bisogni, le difficoltà e le esigenze dell’intero nucleo familiare, assicurandogli la presa in carico da parte di consulenti appositamente formati (Shields, Pratt, Davis, & Hunter, 2007). Il Family-centred care model può essere definito, infatti, come un modo di “prendersi cura” dei bambini e delle loro famiglie. In tale modello attenzione e supporto sono rivolti a tutti i membri della famiglia (Foster, Whitehead, & Maybee, 2010; Shields et al. 2007). Come riportano Shields e collaboratori (2007), nella FCC le linee guida suggeriscono un approccio globale particolarmente attento agli aspetti positivi. Gli elementi principali, che dovrebbero guidare le attività di intervento e di counseling da attuare per aiutare e sostenere i bambini con disabilità e le loro famiglie, sono i seguenti: facilitare la collaborazione tra genitori e professionisti a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria; considerare nelle pratiche di counseling le diversità etniche, culturali e socio-economiche delle famiglie; riconoscere i punti di forza e l’individualità della famiglia; agevolare la condivisione di informazioni complete e imparziali con le famiglie e i professionisti sanitari su base continuativa; incoraggiare e agevolare il sostegno e la creazione di reti di supporto sociale; sostenere lo sviluppo del bambino e della sua famiglia; stimolare l’adozione di politiche e pratiche che forniscano sostegno emotivo ed economico alle famiglie; stimolare una progettazione dell’assistenza sanitaria flessibile ed attenta alle differenze culturali. In questo modo viene favorito un cambiamento di prospettiva nel quale si sostituisce l’approccio centrato sulla patologia con uno maggiormente coinvolgente la famiglia, riconoscendole un ruolo centrale per la cura ed il benessere del bambino. L’obiettivo del presente contributo è quello di descrivere l’esperienza maturata a partire dagli anni ‘80 presso la Fondazione Robert Hollman, e più recentemente in collaborazione con la Clinica Pediatrica di Padova, che enfatizza la centralità della famiglia e le potenzialità del bambino con disabilità visiva e plurisensoriale, già dal momento della diagnosi. Riteniamo che questo possa costituire un modello innovativo di counseling.
L’importanza del counseling precoce alla famiglia: L’esperienza presso la fondazione Robert Hollman
BATTISTIN, TIZIANA;DI MAGGIO, ILARIA;SUPPIEJ, AGNESE
2016
Abstract
Il ruolo dei genitori è fondamentale per lo sviluppo e la crescita di un bambino che presenta disabilità, per cui è significativo il modo in cui i professionisti “guardano” i genitori e i familiari. In passato, il contributo della letteratura scientifica riguardante i genitori dei bambini con disabilità si è caratterizzato per un approccio “patologizzante” delle dinamiche familiari. Tale approccio ha contribuito a diffondere, anche nell’opinione pubblica, l’idea che i genitori di bambini con disabilità siano più deboli e si trovino in difficoltà nella gestione di situazioni complesse. Solamente verso la fine gli anni 2000 alcuni psicologi hanno iniziato a prendere in considerazione anche le caratteristiche positive di questi genitori, cambiando così il modo di “guardare” ad essi. È stato quindi messo in evidenza come gran parte dei genitori non percepisca solo condizioni negative, ma viva, lavori, agisca nel proprio contesto quotidiano con grinta e determinazione. Il fine è di cercare di assolvere al meglio il compito di genitori e, contemporaneamente, di riformulare sensi e significati in funzione della qualità di vita (Blacher, Baker, & Berkovits, 2013; Nota, Soresi, Ginevra, & Di Maggio, in press). Tali genitori, infatti, si trovano spesso a fronteggiare situazioni impegnative, ove sono necessarie non solo delle soluzioni ideative (creative, nuove, diverse), ma anche una determinazione a proseguire nei propri intenti sicuramente più marcata rispetto ai genitori di bambini con sviluppo tipico (McConnell, Savage, Sobsey, & Uditsky, 2015; Nota, Soresi, Ferrari, Wilgosh, & Scorgie, 2005). Inoltre la consulenza di un professionista esperto, come sottolineato in diversi approcci e modelli teorici (es. Psicologia positiva; Family-Centred Care model), potrebbe essere di grande aiuto per poter “ritrovare” e/o “implementare” punti di forza, quali ad esempio speranza, ottimismo e resilienza, al fine di poter fronteggiare in maniera adattiva le difficoltà connesse alla malattia del proprio bambino (Nota et al., in press). Anche in ambito pediatrico, proprio alla luce di questi nuovi modelli psicologici, si è modificato l’approccio al bambino, passando dal modello medico, basato soprattutto sulla cura del bambino, al Family-Centred Care model (FCC) che prende in considerazione i bisogni, le difficoltà e le esigenze dell’intero nucleo familiare, assicurandogli la presa in carico da parte di consulenti appositamente formati (Shields, Pratt, Davis, & Hunter, 2007). Il Family-centred care model può essere definito, infatti, come un modo di “prendersi cura” dei bambini e delle loro famiglie. In tale modello attenzione e supporto sono rivolti a tutti i membri della famiglia (Foster, Whitehead, & Maybee, 2010; Shields et al. 2007). Come riportano Shields e collaboratori (2007), nella FCC le linee guida suggeriscono un approccio globale particolarmente attento agli aspetti positivi. Gli elementi principali, che dovrebbero guidare le attività di intervento e di counseling da attuare per aiutare e sostenere i bambini con disabilità e le loro famiglie, sono i seguenti: facilitare la collaborazione tra genitori e professionisti a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria; considerare nelle pratiche di counseling le diversità etniche, culturali e socio-economiche delle famiglie; riconoscere i punti di forza e l’individualità della famiglia; agevolare la condivisione di informazioni complete e imparziali con le famiglie e i professionisti sanitari su base continuativa; incoraggiare e agevolare il sostegno e la creazione di reti di supporto sociale; sostenere lo sviluppo del bambino e della sua famiglia; stimolare l’adozione di politiche e pratiche che forniscano sostegno emotivo ed economico alle famiglie; stimolare una progettazione dell’assistenza sanitaria flessibile ed attenta alle differenze culturali. In questo modo viene favorito un cambiamento di prospettiva nel quale si sostituisce l’approccio centrato sulla patologia con uno maggiormente coinvolgente la famiglia, riconoscendole un ruolo centrale per la cura ed il benessere del bambino. L’obiettivo del presente contributo è quello di descrivere l’esperienza maturata a partire dagli anni ‘80 presso la Fondazione Robert Hollman, e più recentemente in collaborazione con la Clinica Pediatrica di Padova, che enfatizza la centralità della famiglia e le potenzialità del bambino con disabilità visiva e plurisensoriale, già dal momento della diagnosi. Riteniamo che questo possa costituire un modello innovativo di counseling.Pubblicazioni consigliate
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