Lo studio si concentra sugli effetti dell’estinzione del processo, quando essa si determina nei gradi processuali successivi al primo, indagando i rapporti tra gli artt. 310, 338 e 393 c.p.c. nell’arco della pendenza dell’unitario “rapporto processuale”. Invertendo l’ordine codicistico, l’analisi prende le mosse dall’art. 393 c.p.c.. La disposizione, inserita nella smilza cornice della dispciplina positiva del giudizio di rinvio dopo la cassazione, notoriamente riveste un centrale risalto sistematico, al corocevia tra struttura e natura del giudizio di appello e funzione del giudizio di rinvio rispetto al giudizio di cassazione. L’Autore ripercorre le origini storiche e “culturali” della fromula “l’intero processo si estingue” e ne saggia la portata alla luce della conformazione attuale del giudizio di appello, indagandone inoltre l’applicabilità in ipotesi in cui la sentenza cassata non sia una sentenza di appello. Successivamente, l’indagine si concentra sulle ipotesi in cui a monte del giudizio ordinario (in doppio ovvero unico grado) vi sia già una decisione, frutto di cognizione sommaria ovvero (come nel caso del lodo rituale) non statuale, onde far emergere il requisito essenziale per il coinvolgimento nella estinzione dello “intero processo” anche del prodotto decisorio a monte, vale a dire la sua appartenenza allo stesso “rapporto processuale”. Nel terzo e conclusivo capitolo, l’esame si concentra sull’art. 338 c.p.c.: indagandonei precedenti storici, i rapporti con il cd. principio di consumazione dell’impugnazione, l’ambito di applicazione ed il rapporto tra le due norme di cui si compone, allo scopo di fare emergere la linea di continuità tra la disposizione cardine in ordine agli effetti su processo dei fenomeni estintivi, l’art. 310 c.p.c., e le regole speciali che di questa declinano ed adattano la logica di fondo al diverso ambiente dei gradi di impugnazione.
GLI EFFETTI DELL'ESTINZIONE NELL'ARCO DEI VARI GRADI DEL PROCESSO
NEGRI, MARCELLA
2017
Abstract
Lo studio si concentra sugli effetti dell’estinzione del processo, quando essa si determina nei gradi processuali successivi al primo, indagando i rapporti tra gli artt. 310, 338 e 393 c.p.c. nell’arco della pendenza dell’unitario “rapporto processuale”. Invertendo l’ordine codicistico, l’analisi prende le mosse dall’art. 393 c.p.c.. La disposizione, inserita nella smilza cornice della dispciplina positiva del giudizio di rinvio dopo la cassazione, notoriamente riveste un centrale risalto sistematico, al corocevia tra struttura e natura del giudizio di appello e funzione del giudizio di rinvio rispetto al giudizio di cassazione. L’Autore ripercorre le origini storiche e “culturali” della fromula “l’intero processo si estingue” e ne saggia la portata alla luce della conformazione attuale del giudizio di appello, indagandone inoltre l’applicabilità in ipotesi in cui la sentenza cassata non sia una sentenza di appello. Successivamente, l’indagine si concentra sulle ipotesi in cui a monte del giudizio ordinario (in doppio ovvero unico grado) vi sia già una decisione, frutto di cognizione sommaria ovvero (come nel caso del lodo rituale) non statuale, onde far emergere il requisito essenziale per il coinvolgimento nella estinzione dello “intero processo” anche del prodotto decisorio a monte, vale a dire la sua appartenenza allo stesso “rapporto processuale”. Nel terzo e conclusivo capitolo, l’esame si concentra sull’art. 338 c.p.c.: indagandonei precedenti storici, i rapporti con il cd. principio di consumazione dell’impugnazione, l’ambito di applicazione ed il rapporto tra le due norme di cui si compone, allo scopo di fare emergere la linea di continuità tra la disposizione cardine in ordine agli effetti su processo dei fenomeni estintivi, l’art. 310 c.p.c., e le regole speciali che di questa declinano ed adattano la logica di fondo al diverso ambiente dei gradi di impugnazione.Pubblicazioni consigliate
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