Il presente contributo esprime prime riflessioni dell’autore sul rilievo della dimensione giuridica, soprattutto di diritto internazionale, nella valutazione dei profili etici relativi alla comunicazione della diagnosi e alla determinazione del percorso di cura in ambito pediatrico, anche con specifico riferimento al caso di neonati con gravi problemi neurologici. Muovendo dalla premessa che l'ordinamento giuridico è l’espressione del modo d’essere della società e fondamento della stessa, l'a. ritiene che le scelte fondamentali dell’ordinamento siano necessaria espressione del livello etico comune della società di riferimento. Inoltre, il necessario legame tra le scelte fondamentali dell’ordinamento interno e quelle condivise a livello del diritto internazionale (la società degli Stati), istituisce, a sua volta, un collegamento tra sostrato etico comune irrinunciabile della nostra società nazionale e scelte giuridiche fondamentali condivise a livello universale. Sulla base di queste premesse, l'a. individua nel principio della tutela della dignità umana il principio essenziale del diritto internazionale dei diritti umani, notando il legame biunivoco che per ciò si istituisce tra etica (fondata sul medesimo principio) e diritto. A valle di questa constatazione, l'a. individua nel consenso libero e consapevole del paziente e della sua famiglia, per il caso di pazienti pediatrici, il fondamento tanto giuridico quanto etico della relazione di cura. Nella dimensione delle cure pediatriche, l'a. valorizza in primo ruolo il ruolo della famiglia, come emerge - per il diritto italiano - dall'art. 32 della Costituzione - e per il diritto internazionale dall'art. 8 della CEDU, interpretata alla luce degli articoli 5-7 della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina. Inoltre, l'a. sottolinea il crescente ruolo che deve riconoscersi al consenso del minore, sulla base della Convenzione sui diritti del fanciullo, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, e della stessa Convenzione di Oviedo. Della Convenzione di Oviedo è sottolineato il ruolo che essa svolge, sul punto, di ratio scripta, capace di orientare le scelte anche dei Paesi che non l'hanno ratificata, anche per la natura del biodiritto come luogo privilegiato di collaborazione tra la società civile, rappresentata dai comitati di etica, e legislatore interno ed internazionale. L'a passa poi ad analizzare il principio del superiore interesse del fanciullo, quale possibile limite al principio del consenso (o dell'autodeterminazione), considerandone la portata nella pratica clinica pediatrica: in particolare, nei casi di irragionevole e aprioristico rifiuto di cure benefiche, appropriate e proporzionate, e in quelli di richiesta di cure non appropriate. Infine, passando ad occuparsi delle situazioni di neonato con grave compromissione neurologica e patologie gravi con prognosi potenzialmente infausta, l'a. si concentra sulla centralità del ruolo della famiglia, quale luogo di realizzazione della vita del neonato e quale gruppo di individui la cui salute e la cui dignità è comunque messa in gioco sia dalla comunicazione della diagnosi, sia dalla determinazione del percorso di cura di quel neonato. In tale contesto l'a. sottolinea, da un lato, la necessità di una comunicazione piena, che si svolga in una dimensione dialogica e corale. Dall'altro lato, l'a. sostiene che, in tali decisioni, l'atteggiamento dei genitori potrà rivelarsi determinante nella qualificazione dell'appropriatezza delle cure.

Aspetti etico-giuridici nella comunicazione della diagnosi e nella determinazione del percorso di cura. Il rilievo delle fonti interne ed internazionali. Considerazioni generali e riflessioni specifiche per la pratica clinica pediatrica

CORTESE, BERNARDO
2016

Abstract

Il presente contributo esprime prime riflessioni dell’autore sul rilievo della dimensione giuridica, soprattutto di diritto internazionale, nella valutazione dei profili etici relativi alla comunicazione della diagnosi e alla determinazione del percorso di cura in ambito pediatrico, anche con specifico riferimento al caso di neonati con gravi problemi neurologici. Muovendo dalla premessa che l'ordinamento giuridico è l’espressione del modo d’essere della società e fondamento della stessa, l'a. ritiene che le scelte fondamentali dell’ordinamento siano necessaria espressione del livello etico comune della società di riferimento. Inoltre, il necessario legame tra le scelte fondamentali dell’ordinamento interno e quelle condivise a livello del diritto internazionale (la società degli Stati), istituisce, a sua volta, un collegamento tra sostrato etico comune irrinunciabile della nostra società nazionale e scelte giuridiche fondamentali condivise a livello universale. Sulla base di queste premesse, l'a. individua nel principio della tutela della dignità umana il principio essenziale del diritto internazionale dei diritti umani, notando il legame biunivoco che per ciò si istituisce tra etica (fondata sul medesimo principio) e diritto. A valle di questa constatazione, l'a. individua nel consenso libero e consapevole del paziente e della sua famiglia, per il caso di pazienti pediatrici, il fondamento tanto giuridico quanto etico della relazione di cura. Nella dimensione delle cure pediatriche, l'a. valorizza in primo ruolo il ruolo della famiglia, come emerge - per il diritto italiano - dall'art. 32 della Costituzione - e per il diritto internazionale dall'art. 8 della CEDU, interpretata alla luce degli articoli 5-7 della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina. Inoltre, l'a. sottolinea il crescente ruolo che deve riconoscersi al consenso del minore, sulla base della Convenzione sui diritti del fanciullo, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, e della stessa Convenzione di Oviedo. Della Convenzione di Oviedo è sottolineato il ruolo che essa svolge, sul punto, di ratio scripta, capace di orientare le scelte anche dei Paesi che non l'hanno ratificata, anche per la natura del biodiritto come luogo privilegiato di collaborazione tra la società civile, rappresentata dai comitati di etica, e legislatore interno ed internazionale. L'a passa poi ad analizzare il principio del superiore interesse del fanciullo, quale possibile limite al principio del consenso (o dell'autodeterminazione), considerandone la portata nella pratica clinica pediatrica: in particolare, nei casi di irragionevole e aprioristico rifiuto di cure benefiche, appropriate e proporzionate, e in quelli di richiesta di cure non appropriate. Infine, passando ad occuparsi delle situazioni di neonato con grave compromissione neurologica e patologie gravi con prognosi potenzialmente infausta, l'a. si concentra sulla centralità del ruolo della famiglia, quale luogo di realizzazione della vita del neonato e quale gruppo di individui la cui salute e la cui dignità è comunque messa in gioco sia dalla comunicazione della diagnosi, sia dalla determinazione del percorso di cura di quel neonato. In tale contesto l'a. sottolinea, da un lato, la necessità di una comunicazione piena, che si svolga in una dimensione dialogica e corale. Dall'altro lato, l'a. sostiene che, in tali decisioni, l'atteggiamento dei genitori potrà rivelarsi determinante nella qualificazione dell'appropriatezza delle cure.
2016
IL COUNSELLING IN ITALIA FUNZIONI, CRITICITÀ PROSPETTIVE E APPLICAZIONI
9788867876402
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