Attraverso l'accostamento pensoso di grandi riferimenti di merito come T. Parsons, E. Goff man e J. Gadrey. Questo confronto prepara la proposta teorica di un percorso possibile di coniugazione di rifl essività e social work, confi gurando e declinando in particolare la felice intuizione che gli spazi d’ inedito sono possibili e che l’ attore riflessivo sia innanzitutto l’ educatore sociale, “primo agente” dell’ azione di cura della persona. Questo testo cerca di ri-comprendere e apprezzare, in tutta la sua portata, la necessità odierna di una professionalità, qual è quella dell’ educatore sociale, se resa capace di ri-dare senso al legame sociale che si trasforma, di generarlo e di ri-generarlo là dove questo è ferito, umiliato, misconosciuto. L’ educatore sociale non ha evidentemente ricette e non prepara neppure risposte preconfezionate. L’ educatore sociale esercita una funzione di coscienza anticipante e di presenza incalzante e, per questo, un bel giorno, come in un racconto, va alla ricerca di qualcuno e di qualcosa che possa riempire vuoti culturali e che possa dare senso al fardello della promessa e dell’ impegno educativo. Basta il primo passo perché alla persona attenta e determinata si aprano orizzonti, si ripresentino terreni da dissodare e da coltivare. Chi rifl ette sull’ educazione, fi no a pervenire a una propria teoria, tende anche a ridimensionare la ridondanza quasi patologica di emergenze, di urgenze, di cadute e di sfi de che connota i nostri giorni.Lo sfondo del lavoro è il lavoro educativo e sociale a confronto con le trasformazioni del welfare in atto3, della sua cultura, della sua struttura e delle sue pratiche, permeate dal loro inserimento nel vasto e complesso processo globale4. L’ ipotesi di fondo è che il processo di globalizzazione contenga, malgrado le patologie da esso prodotte, un potenziale “promettente” per la rigenerazione del legame sociale, struttura portante dell’ umano; e che questa possibilità sia intrinseca agli elementi fi duciari della socialità e negli stessi fattori dai quali ha origine la crisi del legame sociale (tra cui l’ insicurezza e la paura)5. Si tratta però solo di una chance, che non arriva necessariamente ad attualizzarsi. La globalizzazione può allora contenere in sé antidoti alle sue patologie, aprire possibilità inedite all’ agire sociale, può attivare forme di reciprocità e di responsabilità. Resta tuttavia aperto l’ interrogativo sulla capacità soggettiva dell’ Io postmoderno di cogliere questa chance per farsi attivo protagonista di una nuova forma dell’ essere-in-comune.

Il lavoro sociale e la sfida della riflessività. Appunti per una sociologia dei servizi alla persona

VISENTIN, MARTINA
2011

Abstract

Attraverso l'accostamento pensoso di grandi riferimenti di merito come T. Parsons, E. Goff man e J. Gadrey. Questo confronto prepara la proposta teorica di un percorso possibile di coniugazione di rifl essività e social work, confi gurando e declinando in particolare la felice intuizione che gli spazi d’ inedito sono possibili e che l’ attore riflessivo sia innanzitutto l’ educatore sociale, “primo agente” dell’ azione di cura della persona. Questo testo cerca di ri-comprendere e apprezzare, in tutta la sua portata, la necessità odierna di una professionalità, qual è quella dell’ educatore sociale, se resa capace di ri-dare senso al legame sociale che si trasforma, di generarlo e di ri-generarlo là dove questo è ferito, umiliato, misconosciuto. L’ educatore sociale non ha evidentemente ricette e non prepara neppure risposte preconfezionate. L’ educatore sociale esercita una funzione di coscienza anticipante e di presenza incalzante e, per questo, un bel giorno, come in un racconto, va alla ricerca di qualcuno e di qualcosa che possa riempire vuoti culturali e che possa dare senso al fardello della promessa e dell’ impegno educativo. Basta il primo passo perché alla persona attenta e determinata si aprano orizzonti, si ripresentino terreni da dissodare e da coltivare. Chi rifl ette sull’ educazione, fi no a pervenire a una propria teoria, tende anche a ridimensionare la ridondanza quasi patologica di emergenze, di urgenze, di cadute e di sfi de che connota i nostri giorni.Lo sfondo del lavoro è il lavoro educativo e sociale a confronto con le trasformazioni del welfare in atto3, della sua cultura, della sua struttura e delle sue pratiche, permeate dal loro inserimento nel vasto e complesso processo globale4. L’ ipotesi di fondo è che il processo di globalizzazione contenga, malgrado le patologie da esso prodotte, un potenziale “promettente” per la rigenerazione del legame sociale, struttura portante dell’ umano; e che questa possibilità sia intrinseca agli elementi fi duciari della socialità e negli stessi fattori dai quali ha origine la crisi del legame sociale (tra cui l’ insicurezza e la paura)5. Si tratta però solo di una chance, che non arriva necessariamente ad attualizzarsi. La globalizzazione può allora contenere in sé antidoti alle sue patologie, aprire possibilità inedite all’ agire sociale, può attivare forme di reciprocità e di responsabilità. Resta tuttavia aperto l’ interrogativo sulla capacità soggettiva dell’ Io postmoderno di cogliere questa chance per farsi attivo protagonista di una nuova forma dell’ essere-in-comune.
2011
978-88-6292-085-8
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