Dall’Introduzione di Fausto Carmelo Nigrelli “Paesaggi della riforma agraria: dalla storia al progetto” (p. 33). «Una complessità territoriale che spinge, a partire dallo studio sui paesaggi della Riforma agraria, a riflettere più in generale sui paesaggi della contemporaneità che sono quotidianamente oggetto di trasformazioni in esito alle dinamiche sociali ed economiche attuali, ma fanno "resistenza”. Questo osserva, in particolare, studiando i paesaggi veneti, Michelangelo Savino che sottolinea come, in particolare nelle campagne venete, la necessità di strappare terre coltivabili alle acque, ha fatto sì che fin dal tempo dei romani quei territori siano stati oggetto di "riforme”: di radicali artificializzazioni, di bonifiche più o meno integrali che hanno costruito un paesaggio unico per molti versi, nel quale le comunità si sono riconosciute e si riconoscono. Eppure ciascuno di questi interventi ha costituito un cambiamento drastico del paesaggio precedente senza cancellarne del tutto gli elementi caratterizzanti e deve sicuramente avere prodotto sconcerto nelle comunità dell'epoca. In una lettura di questo tipo anche la diffusione urbana e la città diffusa, forme di organizzazione del territorio contemporaneo, devono essere considerate paesaggi prodotti della società della fine del XX sec., che incistano, contengono, rielaborano, risignificano le tracce dei paesaggi precedenti: eccone la resistenza. In un territorio del tutto antropizzato, afferma Savino, a mettere a rischio i brandelli di paesaggio resistente non sono tanto le pratiche di consumo di suolo che sono riconosciute e tenute sotto controllo, ma gli usi che dovrebbero proteggerli, dall'agricoltura al turismo alla pianificazione. Se il successo di alcuni prodotti agricoli dell'agricoltura (per esempio quello mondiale del prosecco) e la contemporanea industrializzazione spinta che modifica le tradizionali tecniche colturali stanno stravolgendo il paesaggio del Veneto non meno della diffusione insediativa; se il successo del turismo che usa il paesaggio come must provoca la paradossale realizzazione di infrastrutture di tipo urbano proprio per quei turisti che vogliono godere del paesaggio "intatto"; è nella incapacità della pianificazione di trovare nuovi strumenti più adatti alla posta in gioco che sta il rischio maggiore. Così i piani di area vasta del Veneto non riescono a fornire strumenti che non siano il vincolo o la norma e contengono indicazioni che, superata l'attuale congiuntura economica negativa, potranno portare a una definitiva trasformazione dei “paesaggi resistenti”».

Paesaggi “resistenti” nel Veneto post-industriale

Savino M.
2017

Abstract

Dall’Introduzione di Fausto Carmelo Nigrelli “Paesaggi della riforma agraria: dalla storia al progetto” (p. 33). «Una complessità territoriale che spinge, a partire dallo studio sui paesaggi della Riforma agraria, a riflettere più in generale sui paesaggi della contemporaneità che sono quotidianamente oggetto di trasformazioni in esito alle dinamiche sociali ed economiche attuali, ma fanno "resistenza”. Questo osserva, in particolare, studiando i paesaggi veneti, Michelangelo Savino che sottolinea come, in particolare nelle campagne venete, la necessità di strappare terre coltivabili alle acque, ha fatto sì che fin dal tempo dei romani quei territori siano stati oggetto di "riforme”: di radicali artificializzazioni, di bonifiche più o meno integrali che hanno costruito un paesaggio unico per molti versi, nel quale le comunità si sono riconosciute e si riconoscono. Eppure ciascuno di questi interventi ha costituito un cambiamento drastico del paesaggio precedente senza cancellarne del tutto gli elementi caratterizzanti e deve sicuramente avere prodotto sconcerto nelle comunità dell'epoca. In una lettura di questo tipo anche la diffusione urbana e la città diffusa, forme di organizzazione del territorio contemporaneo, devono essere considerate paesaggi prodotti della società della fine del XX sec., che incistano, contengono, rielaborano, risignificano le tracce dei paesaggi precedenti: eccone la resistenza. In un territorio del tutto antropizzato, afferma Savino, a mettere a rischio i brandelli di paesaggio resistente non sono tanto le pratiche di consumo di suolo che sono riconosciute e tenute sotto controllo, ma gli usi che dovrebbero proteggerli, dall'agricoltura al turismo alla pianificazione. Se il successo di alcuni prodotti agricoli dell'agricoltura (per esempio quello mondiale del prosecco) e la contemporanea industrializzazione spinta che modifica le tradizionali tecniche colturali stanno stravolgendo il paesaggio del Veneto non meno della diffusione insediativa; se il successo del turismo che usa il paesaggio come must provoca la paradossale realizzazione di infrastrutture di tipo urbano proprio per quei turisti che vogliono godere del paesaggio "intatto"; è nella incapacità della pianificazione di trovare nuovi strumenti più adatti alla posta in gioco che sta il rischio maggiore. Così i piani di area vasta del Veneto non riescono a fornire strumenti che non siano il vincolo o la norma e contengono indicazioni che, superata l'attuale congiuntura economica negativa, potranno portare a una definitiva trasformazione dei “paesaggi resistenti”».
2017
I PAESAGGI DELLA RIFORMA AGRARIA. Storia, pianificazione e gestione
978-88-941999-3-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3243578
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