La Nouvelle Vague rappresenta, com'è noto, un momento di rottura all’interno del cinema francese per quanto riguarda il rapporto allo spazio urbano. Nel saggio vengono analizzati tre cortometraggi a soggetto realizzati nel periodo 1957-1960, mettendoli in relazione ai lungometraggi successivamente realizzati dagli stessi e da altri autori, al fine di delineare diverse articolazioni possibili del rapporto alla città. Il primo cortometraggio, Les surmenés (Jacques Doniol-Valcroze, 1960), incentrato sulle vicende di una giovane provinciale a Parigi, rappresenta un buon esempio dell’importante ruolo svolto dalla città a livello tematico nei film di questo periodo (si pensi a Les cousins di Claude Chabrol o a Paris nous appartient di Jacques Rivette). Il secondo, Tous les garçons s’appellent Patrick (Jean-Luc Godard, 1958), consacra Parigi quale scenario insostituibile del racconto, rivelando la mano di Eric Rohmer, autore del soggetto, nell’attenzione all’esattezza topografica e nel gusto per la descrizione dei tragitti. Il terzo, Pourvu qu’on ait l’ivresse…(Jean-Daniel Pollet, 1957), integralmente ambientato in un interno reale (un’affollata balera della banlieue parigina), si colloca in quella stessa dimensione ibrida di documentario e finzione che caratterizza alcuni lungometraggi d’esordio dei registi della Novelle Vague, quali Cléo de 5 à 7 di Agnès Varda e Le signe du lion di Eric Rohmer.

Parigi in forma ‘breve’: analisi di tre cortometraggi della Nouvelle Vague

Giulia Lavarone
2010

Abstract

La Nouvelle Vague rappresenta, com'è noto, un momento di rottura all’interno del cinema francese per quanto riguarda il rapporto allo spazio urbano. Nel saggio vengono analizzati tre cortometraggi a soggetto realizzati nel periodo 1957-1960, mettendoli in relazione ai lungometraggi successivamente realizzati dagli stessi e da altri autori, al fine di delineare diverse articolazioni possibili del rapporto alla città. Il primo cortometraggio, Les surmenés (Jacques Doniol-Valcroze, 1960), incentrato sulle vicende di una giovane provinciale a Parigi, rappresenta un buon esempio dell’importante ruolo svolto dalla città a livello tematico nei film di questo periodo (si pensi a Les cousins di Claude Chabrol o a Paris nous appartient di Jacques Rivette). Il secondo, Tous les garçons s’appellent Patrick (Jean-Luc Godard, 1958), consacra Parigi quale scenario insostituibile del racconto, rivelando la mano di Eric Rohmer, autore del soggetto, nell’attenzione all’esattezza topografica e nel gusto per la descrizione dei tragitti. Il terzo, Pourvu qu’on ait l’ivresse…(Jean-Daniel Pollet, 1957), integralmente ambientato in un interno reale (un’affollata balera della banlieue parigina), si colloca in quella stessa dimensione ibrida di documentario e finzione che caratterizza alcuni lungometraggi d’esordio dei registi della Novelle Vague, quali Cléo de 5 à 7 di Agnès Varda e Le signe du lion di Eric Rohmer.
2010
Metropolis
978-88-00-74055-5
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