L’episodio della decorazione dell'organo per la chiesa veneziana di Santa Maria del Giglio, di cui si conservano le portelle interne con i Quattro Evangelisti di Tintoretto, rappresenta una delle vicende critiche più fortunate nella storia del Robusti, a cavallo fra giovinezza e maturità. A partire da una rilettura delle ‘scritture’ relative al contratto stipulato dal pittore con il committente Giulio Contarini nel 1552, in questo intervento si ridiscute, in particolare, la data di licenziamento delle opere stesse, 6 marzo 1557, per cui già Paola Rossi (1982) aveva avanzato dubbi e ripensamenti. Questa cronologia, confermata dalla critica successiva, anche la più recente, viene rimessa in discussione non solo dal punto di vista paleografico, e quindi della lectio difficilior prospettata dal manoscritto, ma soprattutto dal punto di vista dello stile e della componente manieristica del linguaggio di Tintoretto; anche nel confronto con Tiziano e Veronese. Un tema che sarà messo in relazione alle testimonianze e ai commenti tramandati nelle fonti contemporanee, in particolare Francesco Sansovino (1556; 1562) e Giorgio Vasari (1568). Un altro punto riguarda la figura del committente, dei suoi interessi artistici e musicali, e soprattutto le relazioni con il milieu culturale veneziano, dove negli stessi anni, fra «consensi e dissensi» (Pallucchini 1982), rimontano la fama letteraria di Jacopo e il primato sul mercato artistico della città. In conclusione, sul versante dell’interpretazione iconografica dei soggetti dipinti nelle ante d’organo: la Conversione di san Paolo (perduta) in quelle esterne e i Quattro Evangelisti in quelle interne, si presentano alcune proposte per l’individuazione della fonte testuale di riferimento utilizzata da Tintoretto, la cui scelta conferma, ancora una volta, il suo ruolo di interprete convincente del sentimento religioso e dei momenti contraddittori che saranno propri di Venezia negli anni del ‘disciplinamento’.

"Come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna". Tintoretto per l'organo di Santa Maria del Giglio

Grosso Marsel
2017

Abstract

L’episodio della decorazione dell'organo per la chiesa veneziana di Santa Maria del Giglio, di cui si conservano le portelle interne con i Quattro Evangelisti di Tintoretto, rappresenta una delle vicende critiche più fortunate nella storia del Robusti, a cavallo fra giovinezza e maturità. A partire da una rilettura delle ‘scritture’ relative al contratto stipulato dal pittore con il committente Giulio Contarini nel 1552, in questo intervento si ridiscute, in particolare, la data di licenziamento delle opere stesse, 6 marzo 1557, per cui già Paola Rossi (1982) aveva avanzato dubbi e ripensamenti. Questa cronologia, confermata dalla critica successiva, anche la più recente, viene rimessa in discussione non solo dal punto di vista paleografico, e quindi della lectio difficilior prospettata dal manoscritto, ma soprattutto dal punto di vista dello stile e della componente manieristica del linguaggio di Tintoretto; anche nel confronto con Tiziano e Veronese. Un tema che sarà messo in relazione alle testimonianze e ai commenti tramandati nelle fonti contemporanee, in particolare Francesco Sansovino (1556; 1562) e Giorgio Vasari (1568). Un altro punto riguarda la figura del committente, dei suoi interessi artistici e musicali, e soprattutto le relazioni con il milieu culturale veneziano, dove negli stessi anni, fra «consensi e dissensi» (Pallucchini 1982), rimontano la fama letteraria di Jacopo e il primato sul mercato artistico della città. In conclusione, sul versante dell’interpretazione iconografica dei soggetti dipinti nelle ante d’organo: la Conversione di san Paolo (perduta) in quelle esterne e i Quattro Evangelisti in quelle interne, si presentano alcune proposte per l’individuazione della fonte testuale di riferimento utilizzata da Tintoretto, la cui scelta conferma, ancora una volta, il suo ruolo di interprete convincente del sentimento religioso e dei momenti contraddittori che saranno propri di Venezia negli anni del ‘disciplinamento’.
2017
La Giovinezza di Tintoretto
978-88-95598-73-4
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