I cambiamenti socio-economici che si stanno registrando nel mondo del lavoro mai come in questi ultimi tempi pongono all’orientamento di fronte ad un bivio: o è destinato a perdere quella rilevanza sociale che ne aveva sancito la nascita o decide di rinnovarsi drasticamente ingaggiando quella serie di nuove sfide alle quali si è già fatto riferimento. Per poterle affrontare con successo, i ricercatori, i professionisti e i servizi che si occupano di queste tematiche dovrebbero farsi promotori di una serie di assunzioni facendo anche in modo che vengano condivise da quanti e quante sono effettivamente interessati/e alla qualità del futuro, alla formazione e al lavoro. La ‘rifondazione’ dell’orientamento che molti anche in Italia iniziano ad auspicare non sarà indolore in quanto sarà necessario abbondonare convincimenti e pratiche usuali e buttarsi a capofitto alla ricerca di nuovi significati e di nuove modalità. Ci si dovrà, ad esempio: • ‘disfare’ di quelle visioni semplicistiche dell’orientamento che continuano a pubblicizzare l’idea che l’individuo è il principale artefice del proprio futuro, che esistono per tutti possibilità ed opportunità per scegliere, addirittura, tra una serie di opzioni similmente interessanti ed attraenti; • ‘liberare’ dalla tentazione di considerare, in modo pressoché esclusivo, le caratteristiche delle persone per anticipare i loro futuri livelli di successo e di soddisfazione e decidere di occuparsi invece di più della rimozione delle barriere e degli ostacoli alla realizzazione professionale di un numero sempre più esteso di persone, partecipando al contempo attivamente alla promozione di una maggior inclusività degli ambienti formativi e lavorativi; • ‘scrollare’ di dosso le visioni ‘privatistiche’ ed intra-individuali dello sviluppo professionale, del vocational guidance e del career counselling in favore di modalità maggiormente interattive e contestuali per riuscire a precisare, accanto alle aspettative e agli interessi individuali, anche i cambiamenti che i contesti formativi e lavorativi dovrebbero porre in essere al fine di rendere maggiormente probabili il successo e la soddisfazione professionale; • riuscire ad influenzare maggiormente i ‘decisori’, coloro che hanno la responsabilità di precisare le politiche della formazione e del lavoro, affinché vengano aiutate maggiormente quelle persone che, in ragione delle loro condizioni (presenza di menomazioni e disabilità, ristrettezze economiche, appartenenza a gruppi minoritari, ecc.) si trovano a considerare una gamma ristretta di opportunità ed opzioni decisionali o a rappresentarsi lo studio, il lavoro, il successo, la partecipazione, la competizione sociale e la stessa qualità della vita, in modo poco soddisfacente. Quando le differenze che si osservano sono dovute a situazioni di disagio o di svantaggio e quando potrebbero facilmente predire scelte scarsamente vantaggiose e soddisfacenti, l’orientamento non può più accontentarsi di descriverle e classificarle, né limitarsi a predire scenari futuri difficili ed insoddisfacenti. Deve, di contro, essere in grado di fare qualcosa di significativo affinché tutti possano aspirare all’autodeterminazione, a concludere diversamente le storie delle loro vite nonostante i disagi e le poche opportunità vissute e sperimentate; • avviare e promuovere la collaborazione internazionale sia a livello di ricerca che di applicazione affinché si proceda ad operazioni condivise di valutazione dell’efficacia dell’orientamento e si proceda alla diffusione di buone pratiche in grado di sostenere effettivamente le persone nella progettazione e costruzione di futuri di qualità. Si tratta di sfide sicuramente impegnative… se l’orientamento non si assumerà la responsabilità di accettarle o se si dimostrerà impotente nei loro confronti, la sua rilevanza sociale risulterà notevolmente compromessa così come la sostenibilità delle energie e delle risorse, soprattutto se pubbliche, che ad esso vengono destinate. L’orientamento avrà un futuro se riuscirà a non apparire più ancorato a modalità obsolete e se dimostrerà concretamente di non essere al servizio di agenzie, organismi ed istituzioni interessate in primo luogo alla propria sopravvivenza e alla scelta delle ‘persone giuste’, di quelle maggiormente ‘adatte’ al perseguimento dei propri obiettivi produttivi.

Per uno sviluppo sostenibile, dignitoso ed inclusivo per tutti: una Carta-Memorandum dell’Orientamento e del Career counseling

Salvatore Soresi;Laura Nota;Maria Cristina Ginevra;Sara Santilli;Ilaria Di Maggio
2019

Abstract

I cambiamenti socio-economici che si stanno registrando nel mondo del lavoro mai come in questi ultimi tempi pongono all’orientamento di fronte ad un bivio: o è destinato a perdere quella rilevanza sociale che ne aveva sancito la nascita o decide di rinnovarsi drasticamente ingaggiando quella serie di nuove sfide alle quali si è già fatto riferimento. Per poterle affrontare con successo, i ricercatori, i professionisti e i servizi che si occupano di queste tematiche dovrebbero farsi promotori di una serie di assunzioni facendo anche in modo che vengano condivise da quanti e quante sono effettivamente interessati/e alla qualità del futuro, alla formazione e al lavoro. La ‘rifondazione’ dell’orientamento che molti anche in Italia iniziano ad auspicare non sarà indolore in quanto sarà necessario abbondonare convincimenti e pratiche usuali e buttarsi a capofitto alla ricerca di nuovi significati e di nuove modalità. Ci si dovrà, ad esempio: • ‘disfare’ di quelle visioni semplicistiche dell’orientamento che continuano a pubblicizzare l’idea che l’individuo è il principale artefice del proprio futuro, che esistono per tutti possibilità ed opportunità per scegliere, addirittura, tra una serie di opzioni similmente interessanti ed attraenti; • ‘liberare’ dalla tentazione di considerare, in modo pressoché esclusivo, le caratteristiche delle persone per anticipare i loro futuri livelli di successo e di soddisfazione e decidere di occuparsi invece di più della rimozione delle barriere e degli ostacoli alla realizzazione professionale di un numero sempre più esteso di persone, partecipando al contempo attivamente alla promozione di una maggior inclusività degli ambienti formativi e lavorativi; • ‘scrollare’ di dosso le visioni ‘privatistiche’ ed intra-individuali dello sviluppo professionale, del vocational guidance e del career counselling in favore di modalità maggiormente interattive e contestuali per riuscire a precisare, accanto alle aspettative e agli interessi individuali, anche i cambiamenti che i contesti formativi e lavorativi dovrebbero porre in essere al fine di rendere maggiormente probabili il successo e la soddisfazione professionale; • riuscire ad influenzare maggiormente i ‘decisori’, coloro che hanno la responsabilità di precisare le politiche della formazione e del lavoro, affinché vengano aiutate maggiormente quelle persone che, in ragione delle loro condizioni (presenza di menomazioni e disabilità, ristrettezze economiche, appartenenza a gruppi minoritari, ecc.) si trovano a considerare una gamma ristretta di opportunità ed opzioni decisionali o a rappresentarsi lo studio, il lavoro, il successo, la partecipazione, la competizione sociale e la stessa qualità della vita, in modo poco soddisfacente. Quando le differenze che si osservano sono dovute a situazioni di disagio o di svantaggio e quando potrebbero facilmente predire scelte scarsamente vantaggiose e soddisfacenti, l’orientamento non può più accontentarsi di descriverle e classificarle, né limitarsi a predire scenari futuri difficili ed insoddisfacenti. Deve, di contro, essere in grado di fare qualcosa di significativo affinché tutti possano aspirare all’autodeterminazione, a concludere diversamente le storie delle loro vite nonostante i disagi e le poche opportunità vissute e sperimentate; • avviare e promuovere la collaborazione internazionale sia a livello di ricerca che di applicazione affinché si proceda ad operazioni condivise di valutazione dell’efficacia dell’orientamento e si proceda alla diffusione di buone pratiche in grado di sostenere effettivamente le persone nella progettazione e costruzione di futuri di qualità. Si tratta di sfide sicuramente impegnative… se l’orientamento non si assumerà la responsabilità di accettarle o se si dimostrerà impotente nei loro confronti, la sua rilevanza sociale risulterà notevolmente compromessa così come la sostenibilità delle energie e delle risorse, soprattutto se pubbliche, che ad esso vengono destinate. L’orientamento avrà un futuro se riuscirà a non apparire più ancorato a modalità obsolete e se dimostrerà concretamente di non essere al servizio di agenzie, organismi ed istituzioni interessate in primo luogo alla propria sopravvivenza e alla scelta delle ‘persone giuste’, di quelle maggiormente ‘adatte’ al perseguimento dei propri obiettivi produttivi.
2019
Il contributo dell'orientamento e del counselling all'Agenda 2030
9788854951181
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3316825
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