Il lavoro muove a valle delle acquisizioni delle ricerche precedenti dell'autore. Si muove dal processo di autocostituzione di un ordinamento interindividuale dell’UE, con una dimensione sostanzialmente costituzionale che affianca quella del diritto internazionale, affermandosi la convivenza, nello stesso ambito di integrazione nell’UE, di una dimensione internazionale pattizia con una interindividuale, in cui l’Unione esercita poteri di governo diretti sugli individui; ciò non però tramite la sostituzione della dimensione interindividuale costituzionale comune a quelle nazionali (integrazione in un unico ordinamento), né tramite l’affermazione della prima nonostante le seconde, in un processo non coordinato, ma piuttosto tramite l’affermazione della nuova dimensione interindividuale costituzionale comune grazie ad un processo di collaborazione tra i custodi dei due ordini di ordinamenti interindividuali originari. Il tutto in un contesto in cui il nuovo ordinamento interindividuale comune trova, nella perdurante dimensione internazionale pattizia dei Trattati istitutivi, l’elemento determinante per risolvere eventuali conflitti straordinari tra il sistema costituzionale dell’Unione e quelli degli Stati membri, alla luce di un approccio di international collaborative law. Nel lavoro si tratta, su tali basi teoriche, di ragionare sul rapporto tra le due dimensioni (internazionale pattizia e costituzionale) del diritto dell’Unione europea, a partire da due “immagini” apparentemente contrastanti: la prima guerra mondiale e l'integrazione nell'Unione europea. L'ipotesi di lavoro è che il grado più o meno istituzionale/costituzionale – o, per l’inverso, meno o più pattizio – dell'integrazione nell'UE sia determinato dalla coesistenza nello spazio europeo dei corpi separati degli Stati (e dei popoli) europei, e del loro moto in direzioni confliggenti, espressosi nelle rivoluzioni e nei conflitti dell’ultimo secolo e mezzo. Tale ipotesi è messa a confronto con l'evoluzione istituzionale federalista degli USA, nello stesso torno di tempo. Si considera che la profonda diversità negli esiti dei due progetti di integrazione possa spiegarsi, in parte, alla luce dell’intreccio tra nazionalismo e costituzionalismo in molti degli Stati membri dell'Unione. A valle di queste ipotesi, si analizza il risorgere del nazionalismo politico in Europa e si valutano le sue conseguenze in termini giuridici sul processo di integrazione europea. Si fa riferimento al montare di impostazioni di unilateralismo costituzionale nelle giurisprudenze costituzionali di alcuni SM, e all'affermarsi delle dottrine di constitutional pluralism, opponendovi un necessario approccio di international collaborative law; chiave, questa, anche per il rifiuto di scorciatoie di legal exceptionalism nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Si mostra, dall'altro lato, il perverso intreccio tra scorciatoie pattizie alla soluzione della crisi dei debiti sovrani e risorgere di nazionalismi politici che mettono in pericolo il progetto della casa comune. Infine, si considera l'intreccio delle dimensioni costituzionale e pattizia dell'UE nella cd Brexit: quel contesto mostra che la dimensione costituzionale dell'UE poggia ancora necessariamente, ma in modo precario, su quella pattizia; inoltre, anche nel momento della risoluzione dei legami costituzionali e pattizi che formano l’essenza dell’integrazione europea, la scelta nazionalista non è comunque più libera di muoversi come se quell’integrazione non vi fosse mai stata. Il recesso si riassume in un peggioramento del patrimonio costituzionale degli individui, senza che la difesa del feticcio della sovranità popolare benefici realmente, in termini giuridici, quel popolo che si vorrebbe onorare

Il rapporto tra dimensione pattizia e dimensione costituzionale nella fase attuale del processo di integrazione europea

Cortese, Bernardo
2020

Abstract

Il lavoro muove a valle delle acquisizioni delle ricerche precedenti dell'autore. Si muove dal processo di autocostituzione di un ordinamento interindividuale dell’UE, con una dimensione sostanzialmente costituzionale che affianca quella del diritto internazionale, affermandosi la convivenza, nello stesso ambito di integrazione nell’UE, di una dimensione internazionale pattizia con una interindividuale, in cui l’Unione esercita poteri di governo diretti sugli individui; ciò non però tramite la sostituzione della dimensione interindividuale costituzionale comune a quelle nazionali (integrazione in un unico ordinamento), né tramite l’affermazione della prima nonostante le seconde, in un processo non coordinato, ma piuttosto tramite l’affermazione della nuova dimensione interindividuale costituzionale comune grazie ad un processo di collaborazione tra i custodi dei due ordini di ordinamenti interindividuali originari. Il tutto in un contesto in cui il nuovo ordinamento interindividuale comune trova, nella perdurante dimensione internazionale pattizia dei Trattati istitutivi, l’elemento determinante per risolvere eventuali conflitti straordinari tra il sistema costituzionale dell’Unione e quelli degli Stati membri, alla luce di un approccio di international collaborative law. Nel lavoro si tratta, su tali basi teoriche, di ragionare sul rapporto tra le due dimensioni (internazionale pattizia e costituzionale) del diritto dell’Unione europea, a partire da due “immagini” apparentemente contrastanti: la prima guerra mondiale e l'integrazione nell'Unione europea. L'ipotesi di lavoro è che il grado più o meno istituzionale/costituzionale – o, per l’inverso, meno o più pattizio – dell'integrazione nell'UE sia determinato dalla coesistenza nello spazio europeo dei corpi separati degli Stati (e dei popoli) europei, e del loro moto in direzioni confliggenti, espressosi nelle rivoluzioni e nei conflitti dell’ultimo secolo e mezzo. Tale ipotesi è messa a confronto con l'evoluzione istituzionale federalista degli USA, nello stesso torno di tempo. Si considera che la profonda diversità negli esiti dei due progetti di integrazione possa spiegarsi, in parte, alla luce dell’intreccio tra nazionalismo e costituzionalismo in molti degli Stati membri dell'Unione. A valle di queste ipotesi, si analizza il risorgere del nazionalismo politico in Europa e si valutano le sue conseguenze in termini giuridici sul processo di integrazione europea. Si fa riferimento al montare di impostazioni di unilateralismo costituzionale nelle giurisprudenze costituzionali di alcuni SM, e all'affermarsi delle dottrine di constitutional pluralism, opponendovi un necessario approccio di international collaborative law; chiave, questa, anche per il rifiuto di scorciatoie di legal exceptionalism nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Si mostra, dall'altro lato, il perverso intreccio tra scorciatoie pattizie alla soluzione della crisi dei debiti sovrani e risorgere di nazionalismi politici che mettono in pericolo il progetto della casa comune. Infine, si considera l'intreccio delle dimensioni costituzionale e pattizia dell'UE nella cd Brexit: quel contesto mostra che la dimensione costituzionale dell'UE poggia ancora necessariamente, ma in modo precario, su quella pattizia; inoltre, anche nel momento della risoluzione dei legami costituzionali e pattizi che formano l’essenza dell’integrazione europea, la scelta nazionalista non è comunque più libera di muoversi come se quell’integrazione non vi fosse mai stata. Il recesso si riassume in un peggioramento del patrimonio costituzionale degli individui, senza che la difesa del feticcio della sovranità popolare benefici realmente, in termini giuridici, quel popolo che si vorrebbe onorare
2020
L’Europa a cent’anni dalla prima Guerra mondiale: storia, politica, diritto
978-88-921-3429-4
978-88-921-8842-6
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