A partire dai primi anni del XXI secolo le isole sono diventate luoghi emblematici delle dinamiche migratorie. In particolare, a causa della loro posizione geografica, ma non solo, Lampedusa, situata nel Mediterraneo Centrale e Lesbo, nel Mar Egeo, sono divenute i delle “crisi migratorie” europee. Queste isole sono divenute parte integrante del confine europeo, o meglio, dello “spettacolo del confine” europeo. Al contempo, come la maggior parte delle isole mediterranee, hanno sviluppato un’economia basata sull’industria turistica. In seguito alle già menzionate crisi migratorie, entrambe hanno visto un breve periodo di declino degli arrivi turistici, seguito da una nuova crescita già dagli anni immediatamente successivi. Accanto al “turismo tradizionale”, si è così iniziato a sviluppare una nuova forma di turismo: il turismo del volontariato. Questo lavoro di tesi si apre con un’introduzione sul turismo del volontariato. Dopo aver esaminato la letteratura esistente, mi concentro nello specifico su ciò che concepisco e definisco come il turismo del volontariato in supporto alle persone migranti. La caratteristica principale che differenzia quest’ultimo dal turismo del volontariato “convenzionale” è insita nel fatto che non sia rivolto alla popolazione locale o alla rigenerazione ambientale di un dato. In tal senso, il turismo del volontariato in supporto ai migranti coinvolge tre gruppi di persone: le volontarie, le abitanti locali e le persone migranti. Come e perché si è sviluppato il fenomeno del turismo del volontariato a supporto delle persone migranti su queste isole? Una volta lì, di quali rappresentazioni di Lesbo e Lampedusa si fanno portatrici le volontarie e quale esperienza vissuta hanno degli spazi di queste isole? Come contribuiscono alla creazione del borderscape di Lampedusa e Lesbo? Inoltre, le turiste del volontariato contribuiscono con le loro pratiche alla creazione di una memoria collettiva? Come cambiano gli spazi che visitano in termini di commemorazione? E più in generale: può il turismo del volontariato generare un’esperienza vissuta e situata di uno spazio? Il secondo capitolo della tesi è dedicato al quadro teorico e metodologico. Partendo delle due forme di mobilità umana di cui mi occupo, delineo il complesso mosaico di elementi che insieme mi hanno fornito gli strumenti per analizzare i due casi studio di Lampedusa e Lesbo. Ripercorro le teorie che hanno definito il concetto di resistenza in relazione allo spazio e alla mobilità, includendo gli studi sulle possibili forme e tattiche di resistenza. Procedo contestualizzando questi concetti nella definizione di bordercapes e spazi borderizzati, per poi passare al ruolo dello spazio avvalendomi degli strumenti teorici della triade di Lefebvre e della concezione di Massey dello spazio come “relations between”. Inoltre, includo una revisione della letteratura sul concetto di memoria collettiva nel campo della geografia, con un focus particolare sulla specificità dei rapporti tra memoria e spazio e memoria e turismo. L’ultima parte del secondo capitolo riguarda la metodologia e i metodi adottati. Dopo aver delineato il contesto geo-storico di Lampedusa e Lesbo, il terzo capitolo colloca i due temi centrali della tesi (turismo e migrazioni) nel contesto dei casi di studio. Il capitolo prosegue tracciando le principali politiche europee e poi nazionali in materia di migrazioni. Con questo inquadramento è possibile calare nel concreto il lavoro sui casi di studio. Ricapitolando come si sia sviluppato il turismo del volontariato a Lampedusa e Lesbo a seguito “crisi migratorie” che hanno interessato queste isole dalla metà degli anni 2000 in poi, proseguirò quindi a presentare la mia esperienza di osservazione partecipante. Presenterò le organizzazioni per le quali ho lavorato descrivendo il tempo di lavoro volontario dentro e fuori dagli spazi a questo strettamente dedicati, concentrandomi specificamente su quest’ultimo aspetto. L’obiettivo è presentare il contesto nel quale possono svolgersi le esperienze di turismo di volontariato sulle due isole; questo sarà un punto di partenza per l’analisi dei questionari e delle interviste da me effettuate. L’analisi andrà delineando il profilo delle volontarie che hanno fatto parte della mia ricerca. Infine, presenterò le motivazioni che le hanno spinte a fare volontariato a Lampedusa o Lesbo. Il quinto capitolo ha lo scopo di indagare come, e in che misura, Lampedusa e Lesbo possono essere considerati spazi vissuti in termini lefebvriani per le turiste del volontariato coinvolte nel sostegno alle persone migranti. Inoltre, cerco di identificare di quali rappresentazioni delle isole si facciano portatrici le volontarie e quale esperienza diretta degli spazi delle isole vivano. Per quanto riguarda nello specifico Lesbo, considerato il ruolo centrale della capitale Mitilene, l’inquadramento rispetto all’esperienza vissuta della città da parte delle volontarie diventa fondamentale. Come già accennato precedentemente, ho scelto di concentrarmi sugli spazi al di fuori dello spazio del volontariato in senso stretto, indagando pertanto sia gli spazi dove le volontarie si recano occasionalmente per escursioni giornaliere sia quelli dove solitamente trascorrono il loro tempo libero. Le volontarie, infatti, lavorano quasi esclusivamente all’interno di spazi dedicati, come centri di accoglienza o strutture gestite da ONG. Si tratta di spazi enclave, che possono essere considerati una sorta di “isole nell’isola”; qui le turiste volontarie trascorrono la maggior parte del loro tempo e, non a caso, tali spazi risultano ricchi di significati e di relazioni umane. D’altra parte, esse entrano in contatto con il resto degli spazi di Lampedusa e Lesbo solo durante il loro tempo libero. È allora che si relazionano allo spazio “normale” dell’isola attraverso dinamiche spaziali e valutazioni della loro attrattività, che talvolta condividono con i turisti convenzionali, mentre altre, sviluppano come specifiche del particolare tipo di turismo che rappresentano. L’analisi delle interviste sarà mirata a categorizzare le rappresentazioni e le pratiche spaziali delle volontarie per poi indagare se e come esse percepiscano la loro presenza e il lavoro su queste isole come forme di resistenza alla violenza del sistema di confini della così detta Fortezza Europa. Il lavoro si sviluppa parallelamente su Lampedusa e Lesbo per poi confrontare le differenze e gli aspetti comuni tra i due contesti insulari e le pratiche delle volontarie, con l’obiettivo di identificare come i diversi tipi di volontariato, le relazioni sviluppate, le pratiche spaziali messe in atto e gli spazi vissuti conducano ad aprire possibilità di resistenza. Infine, l’ultimo capitolo riguarda l’esame di alcuni spazi specifici che sono emersi come particolarmente significativi anche nella costituzione di queste isole come borderscapes. Li identifico come spazi della memoria, consapevole della complessità e delle controversie della memorizzazione di un fenomeno che è tutt’ora in corso. Dopo aver descritto e categorizzati i diversi spazi di memoria di Lampedusa e Lesbo, attraverso i dati raccolti nelle interviste e nell’osservazione partecipante emerge come le turiste del volontariato si approprino e (ri)producano la memoria di cui questi spazi si fanno portatori, innescando processi che significano e reiterano a loro volta questi stessi spazi come memoriali (o meno). Inoltre, considerando le relazioni tra memoria e dinamiche di potere emerge come questi spazi anche quando creati istituzionalmente possano essere contestati o possano diventare luoghi di contestazione a favore di soggettività subalterne, il mio scopo è quello di identificare quale sia il ruolo svolto dai turisti volontari in questo senso. Considerando la definizione di élite cinetiche mi chiedo se e come sia possibile parlare di forme di resistenza all’interno del turismo del volontariato.

MIGRANTS’ SUPPORT VOLUNTEER TOURISM IN BORDER-ISLANDS. SPACE AND MEMORY IN LAMPEDUSA (ITALY) AND LESVOS (GREECE)

Giovanna Di Matteo
2021

Abstract

A partire dai primi anni del XXI secolo le isole sono diventate luoghi emblematici delle dinamiche migratorie. In particolare, a causa della loro posizione geografica, ma non solo, Lampedusa, situata nel Mediterraneo Centrale e Lesbo, nel Mar Egeo, sono divenute i delle “crisi migratorie” europee. Queste isole sono divenute parte integrante del confine europeo, o meglio, dello “spettacolo del confine” europeo. Al contempo, come la maggior parte delle isole mediterranee, hanno sviluppato un’economia basata sull’industria turistica. In seguito alle già menzionate crisi migratorie, entrambe hanno visto un breve periodo di declino degli arrivi turistici, seguito da una nuova crescita già dagli anni immediatamente successivi. Accanto al “turismo tradizionale”, si è così iniziato a sviluppare una nuova forma di turismo: il turismo del volontariato. Questo lavoro di tesi si apre con un’introduzione sul turismo del volontariato. Dopo aver esaminato la letteratura esistente, mi concentro nello specifico su ciò che concepisco e definisco come il turismo del volontariato in supporto alle persone migranti. La caratteristica principale che differenzia quest’ultimo dal turismo del volontariato “convenzionale” è insita nel fatto che non sia rivolto alla popolazione locale o alla rigenerazione ambientale di un dato. In tal senso, il turismo del volontariato in supporto ai migranti coinvolge tre gruppi di persone: le volontarie, le abitanti locali e le persone migranti. Come e perché si è sviluppato il fenomeno del turismo del volontariato a supporto delle persone migranti su queste isole? Una volta lì, di quali rappresentazioni di Lesbo e Lampedusa si fanno portatrici le volontarie e quale esperienza vissuta hanno degli spazi di queste isole? Come contribuiscono alla creazione del borderscape di Lampedusa e Lesbo? Inoltre, le turiste del volontariato contribuiscono con le loro pratiche alla creazione di una memoria collettiva? Come cambiano gli spazi che visitano in termini di commemorazione? E più in generale: può il turismo del volontariato generare un’esperienza vissuta e situata di uno spazio? Il secondo capitolo della tesi è dedicato al quadro teorico e metodologico. Partendo delle due forme di mobilità umana di cui mi occupo, delineo il complesso mosaico di elementi che insieme mi hanno fornito gli strumenti per analizzare i due casi studio di Lampedusa e Lesbo. Ripercorro le teorie che hanno definito il concetto di resistenza in relazione allo spazio e alla mobilità, includendo gli studi sulle possibili forme e tattiche di resistenza. Procedo contestualizzando questi concetti nella definizione di bordercapes e spazi borderizzati, per poi passare al ruolo dello spazio avvalendomi degli strumenti teorici della triade di Lefebvre e della concezione di Massey dello spazio come “relations between”. Inoltre, includo una revisione della letteratura sul concetto di memoria collettiva nel campo della geografia, con un focus particolare sulla specificità dei rapporti tra memoria e spazio e memoria e turismo. L’ultima parte del secondo capitolo riguarda la metodologia e i metodi adottati. Dopo aver delineato il contesto geo-storico di Lampedusa e Lesbo, il terzo capitolo colloca i due temi centrali della tesi (turismo e migrazioni) nel contesto dei casi di studio. Il capitolo prosegue tracciando le principali politiche europee e poi nazionali in materia di migrazioni. Con questo inquadramento è possibile calare nel concreto il lavoro sui casi di studio. Ricapitolando come si sia sviluppato il turismo del volontariato a Lampedusa e Lesbo a seguito “crisi migratorie” che hanno interessato queste isole dalla metà degli anni 2000 in poi, proseguirò quindi a presentare la mia esperienza di osservazione partecipante. Presenterò le organizzazioni per le quali ho lavorato descrivendo il tempo di lavoro volontario dentro e fuori dagli spazi a questo strettamente dedicati, concentrandomi specificamente su quest’ultimo aspetto. L’obiettivo è presentare il contesto nel quale possono svolgersi le esperienze di turismo di volontariato sulle due isole; questo sarà un punto di partenza per l’analisi dei questionari e delle interviste da me effettuate. L’analisi andrà delineando il profilo delle volontarie che hanno fatto parte della mia ricerca. Infine, presenterò le motivazioni che le hanno spinte a fare volontariato a Lampedusa o Lesbo. Il quinto capitolo ha lo scopo di indagare come, e in che misura, Lampedusa e Lesbo possono essere considerati spazi vissuti in termini lefebvriani per le turiste del volontariato coinvolte nel sostegno alle persone migranti. Inoltre, cerco di identificare di quali rappresentazioni delle isole si facciano portatrici le volontarie e quale esperienza diretta degli spazi delle isole vivano. Per quanto riguarda nello specifico Lesbo, considerato il ruolo centrale della capitale Mitilene, l’inquadramento rispetto all’esperienza vissuta della città da parte delle volontarie diventa fondamentale. Come già accennato precedentemente, ho scelto di concentrarmi sugli spazi al di fuori dello spazio del volontariato in senso stretto, indagando pertanto sia gli spazi dove le volontarie si recano occasionalmente per escursioni giornaliere sia quelli dove solitamente trascorrono il loro tempo libero. Le volontarie, infatti, lavorano quasi esclusivamente all’interno di spazi dedicati, come centri di accoglienza o strutture gestite da ONG. Si tratta di spazi enclave, che possono essere considerati una sorta di “isole nell’isola”; qui le turiste volontarie trascorrono la maggior parte del loro tempo e, non a caso, tali spazi risultano ricchi di significati e di relazioni umane. D’altra parte, esse entrano in contatto con il resto degli spazi di Lampedusa e Lesbo solo durante il loro tempo libero. È allora che si relazionano allo spazio “normale” dell’isola attraverso dinamiche spaziali e valutazioni della loro attrattività, che talvolta condividono con i turisti convenzionali, mentre altre, sviluppano come specifiche del particolare tipo di turismo che rappresentano. L’analisi delle interviste sarà mirata a categorizzare le rappresentazioni e le pratiche spaziali delle volontarie per poi indagare se e come esse percepiscano la loro presenza e il lavoro su queste isole come forme di resistenza alla violenza del sistema di confini della così detta Fortezza Europa. Il lavoro si sviluppa parallelamente su Lampedusa e Lesbo per poi confrontare le differenze e gli aspetti comuni tra i due contesti insulari e le pratiche delle volontarie, con l’obiettivo di identificare come i diversi tipi di volontariato, le relazioni sviluppate, le pratiche spaziali messe in atto e gli spazi vissuti conducano ad aprire possibilità di resistenza. Infine, l’ultimo capitolo riguarda l’esame di alcuni spazi specifici che sono emersi come particolarmente significativi anche nella costituzione di queste isole come borderscapes. Li identifico come spazi della memoria, consapevole della complessità e delle controversie della memorizzazione di un fenomeno che è tutt’ora in corso. Dopo aver descritto e categorizzati i diversi spazi di memoria di Lampedusa e Lesbo, attraverso i dati raccolti nelle interviste e nell’osservazione partecipante emerge come le turiste del volontariato si approprino e (ri)producano la memoria di cui questi spazi si fanno portatori, innescando processi che significano e reiterano a loro volta questi stessi spazi come memoriali (o meno). Inoltre, considerando le relazioni tra memoria e dinamiche di potere emerge come questi spazi anche quando creati istituzionalmente possano essere contestati o possano diventare luoghi di contestazione a favore di soggettività subalterne, il mio scopo è quello di identificare quale sia il ruolo svolto dai turisti volontari in questo senso. Considerando la definizione di élite cinetiche mi chiedo se e come sia possibile parlare di forme di resistenza all’interno del turismo del volontariato.
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