Nell’ambito dei sistemi di protezione e di tutela delle bambine e dei bambini si assiste da tempo e da più parti a un crescente interesse verso gli approcci di impronta partecipativa e i loro esiti. Da diversi anni, infatti, queste esperienze tendono a superare con grande difficoltà la fase di sperimentazione, senza poi divenire, come atteso, parte integrante dei percorsi di accoglienza e della quotidianità della cura. In particolare, ridisegnando solo in modo marginale il peso relativo che l’attenzione ai processi partecipativi già in precedenza occupava nell’organizzazione dei sistemi di protezione locale dell’infanzia. Gli studi svolti in diversi Paesi sui processi partecipativi dei bambini nei sistemi di welfare, dimostrano come ancora e a più livelli persistano difficoltà, ostacoli e debolezze che tendono a mettere in secondo piano l’attenzione alle voci e ai ruoli che le bambine e i bambini stessi possono agire nella costruzione dei percorsi di accoglienza, degli eventi e delle decisioni che li riguardano direttamente. Come se esistesse, in ciascuno dei Paesi presi in considerazione, un forte divario tra il discorso pubblico riservato ai diritti di partecipazione dei bambini e l’effettività della loro implementazione nella quotidianità e nell’organizzazione dei servizi di protezione. Solo in parte questa distanza può trovare alimento dal fatto che proprio nei sistemi di protezione è prevista la sospensione formale di alcuni dei diritti individuali e familiari degli accolti e che quindi l’elemento partecipativo sia di per sé limitato o in alcuni casi addirittura negato. Se così fosse, saremmo di fronte a un’indebita compressione del concetto di partecipazione la cui indeterminatezza rappresenta sicuramente uno degli aspetti di complessità e difficoltà che ancora trattengono il librarsi di queste tensioni partecipative. L’incertezza derivata dalle diverse opinioni circa il significato e il senso della partecipazione è solo uno degli aspetti critici di questi processi. Stando alle esperienze locali che abbiamo seguito in veste di ricercatori e facilitatori, tra gli aspetti di criticità (tra cui anche una rivisitazione riflessiva degli aspetti di appropriatezza e sostenibilità riguardanti il nostro intervento sul campo e la nostra azione progettuale) va riconosciuta l’importanza che in questi processi rivestono le rappresentazioni che i professionisti del welfare (assistenti sociali, educatori, psicologi, responsabili di servizio e dirigenti, …) hanno costruito nel tempo sia verso le competenze dei bambini sia verso l’idea di partecipazione individuale e collettiva dei soggetti in protezione e cura, siano essi bambini oppure adulti e familiari. Rappresentazioni spesso date per scontate, prevedibili e consolidate perché sostenute dall’esperienza della quotidianità del lavoro sociale, ma che invece scontate non sono, risentendo, in modo a volte inaspettato, delle più generali incertezze che caratterizzano i concetti controversi di competenze dei bambini e di partecipazione, nonché della mancanza nelle politiche e negli interventi di settore di specifiche attenzioni a queste tematiche. L’analisi che qui viene proposta si concentra sui professionisti del lavoro sociale ed educativo, evidenziando la necessità di affrontare e approfondire, secondo una prospettiva intergenerazionale, le rappresentazioni e le resistenze, ma anche le opportunità che questi soggetti associano e riconoscono alle pratiche di ascolto e a quelle partecipative, espressione diretta dell’agency delle bambine e dei bambini.

Le esperienze non bastano. Riflessività degli operatori e partecipazione collettiva dei ragazzi e delle ragazze in accoglienza

Belotti Valerio
;
Cerantola Lisa
2021

Abstract

Nell’ambito dei sistemi di protezione e di tutela delle bambine e dei bambini si assiste da tempo e da più parti a un crescente interesse verso gli approcci di impronta partecipativa e i loro esiti. Da diversi anni, infatti, queste esperienze tendono a superare con grande difficoltà la fase di sperimentazione, senza poi divenire, come atteso, parte integrante dei percorsi di accoglienza e della quotidianità della cura. In particolare, ridisegnando solo in modo marginale il peso relativo che l’attenzione ai processi partecipativi già in precedenza occupava nell’organizzazione dei sistemi di protezione locale dell’infanzia. Gli studi svolti in diversi Paesi sui processi partecipativi dei bambini nei sistemi di welfare, dimostrano come ancora e a più livelli persistano difficoltà, ostacoli e debolezze che tendono a mettere in secondo piano l’attenzione alle voci e ai ruoli che le bambine e i bambini stessi possono agire nella costruzione dei percorsi di accoglienza, degli eventi e delle decisioni che li riguardano direttamente. Come se esistesse, in ciascuno dei Paesi presi in considerazione, un forte divario tra il discorso pubblico riservato ai diritti di partecipazione dei bambini e l’effettività della loro implementazione nella quotidianità e nell’organizzazione dei servizi di protezione. Solo in parte questa distanza può trovare alimento dal fatto che proprio nei sistemi di protezione è prevista la sospensione formale di alcuni dei diritti individuali e familiari degli accolti e che quindi l’elemento partecipativo sia di per sé limitato o in alcuni casi addirittura negato. Se così fosse, saremmo di fronte a un’indebita compressione del concetto di partecipazione la cui indeterminatezza rappresenta sicuramente uno degli aspetti di complessità e difficoltà che ancora trattengono il librarsi di queste tensioni partecipative. L’incertezza derivata dalle diverse opinioni circa il significato e il senso della partecipazione è solo uno degli aspetti critici di questi processi. Stando alle esperienze locali che abbiamo seguito in veste di ricercatori e facilitatori, tra gli aspetti di criticità (tra cui anche una rivisitazione riflessiva degli aspetti di appropriatezza e sostenibilità riguardanti il nostro intervento sul campo e la nostra azione progettuale) va riconosciuta l’importanza che in questi processi rivestono le rappresentazioni che i professionisti del welfare (assistenti sociali, educatori, psicologi, responsabili di servizio e dirigenti, …) hanno costruito nel tempo sia verso le competenze dei bambini sia verso l’idea di partecipazione individuale e collettiva dei soggetti in protezione e cura, siano essi bambini oppure adulti e familiari. Rappresentazioni spesso date per scontate, prevedibili e consolidate perché sostenute dall’esperienza della quotidianità del lavoro sociale, ma che invece scontate non sono, risentendo, in modo a volte inaspettato, delle più generali incertezze che caratterizzano i concetti controversi di competenze dei bambini e di partecipazione, nonché della mancanza nelle politiche e negli interventi di settore di specifiche attenzioni a queste tematiche. L’analisi che qui viene proposta si concentra sui professionisti del lavoro sociale ed educativo, evidenziando la necessità di affrontare e approfondire, secondo una prospettiva intergenerazionale, le rappresentazioni e le resistenze, ma anche le opportunità che questi soggetti associano e riconoscono alle pratiche di ascolto e a quelle partecipative, espressione diretta dell’agency delle bambine e dei bambini.
2021
TRA PARTECIPAZIONE E CONTROLLO. CONTRIBUTI DI RICERCA SUL COINVOLGIMENTO DI BAMBINI E FAMIGLIE NEI SERVIZI DI TUTELA MINORILE
9788859027386
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3400626
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