In the Deese–Roediger–McDermott (DRM) paradigm, subjects study lists of words that are designed to elicit the recall of an associatively related critical item. Using this paradigm, we conducted five different experiments. The first one investigated the relationship between false memories and warning. Warning refers to the opportunity to inform participants about the effect of false memories in this paradigm. We used this kind of warning with young adults and with children and results shown that the warning cannot help young adults to reduce false memories. However, we found a interesting and counterintuitive effect on children: in younger children, the warning increased the probability to produce a false memory. The second experiment aimed at finding a confirmation of these results. Here, we used a stronger warning with younger children. Results confirmed what we found in the first experiment: adults produced the same rates of false memories, regardless of whether the warning was presented. Younger children produced more false memories in the stronger warning condition. Our interpretation is that the warning in young children acts as a gist-cue, increasing the likelihood of false memory. In the third experiment we used the association between mental images and DRM paradigm, and we found that the association of a different mental image to any word of DRM study list, reduces the false memory phenomenon. We found a confirmation of this result in the fourth experiment, where we used three experimental conditions of association: mental image, perceptual and pleasantness. Results showed that any kind of association can reduce the false memories at the same rate. In the last experiment, we measured the reaction times in a DRM recognition test, in order to find an index that can discriminate between true and false memories. Results supported our hypothesis, as we found longer reaction times on critical lures than on hits and filler items. Taken together, all results would show that the activation is an automatic and unavoidable process, but only in the semantic condition. Conversely, in the episodic condition (i.e. mental images association) the activation is weak, and it can reduce the false memory phenomenon.

Da quando la psicologia cognitiva ha cominciato ad interessarsi della memoria, procedendo con paradigmi sperimentali rigorosi, ha più volte dimostrato la fallibilità della memoria stessa e la sua capacità di riunire elementi provenienti da contesti diversi in un solo ricordo, rendendoli perfettamente coerenti. Il fenomeno di ricordare cose che non sono accadute o di ricordarle diversamente da come sono accadute, è detto falso ricordo (Roediger e McDermott, 1995). Tra i molteplici paradigmi per indurre e studiare il falso ricordo in ambito sperimentale, uno dei più usati è il paradigma DRM (Deese, 1959; Roediger e McDermott, 1995). La procedura classica prevede una fase di codifica, dove viene somministrata ad un soggetto una lista di parole semanticamente relate ad un termine (esca critica) non presente nella lista stessa, e una fase di recupero, nella quale allo stesso soggetto viene presentata una lista di termini composta da tre tipi di parole: alcune effettivamente presentate durante la prima fase (definite hits), altre non presentate e senza alcun legame semantico con le prime (chiamati distrattori o filler), e infine la parola-esca (critical lure). L’evidenza sperimentale consiste nell’altissima probabilità con cui anche l’esca critica sia riconosciuta come presente nella lista ascoltata o letta nella prima fase. Il punto di partenza, che sta a rappresentare l’epistemologia di tutto il lavoro, e’ stato quello di provare a dimostrare se fosse possibile distinguere un falso ricordo da un ricordo veritiero. Attraverso diversi esperimenti si è provato a distinguere il ricordo falso e quello veritiero, sia in fase di formazione, cioè se è possibile evitare che il falso ricordo si formi, sia in fase di recupero, cercando almeno un indice che potesse distinguere un ricordo falso, una volta che questo si è formato, da uno vero. A tale scopo sono stati condotti vari esperimenti, che hanno seguito tre diversi filoni. Un primo filone è rappresentato dal tentativo di arginare il fenomeno del falso ricordo attraverso una codifica più profonda. Due diversi e sperimenti sono stati condotti chiedendo ai partecipanti di associare ad ogni parola della lista delle immagini mentali. Nel primo esperimento a 90 adulti (età media 21 anni) casualmente assegnati a 3 condizioni (immagini generiche, specifiche e controllo) venivano presentate 2 liste DRM di 18 parole ciascuna (per ogni lista, 3 esche critiche). Nella condizione immagini mentali i partecipanti dovevano formarsi per ogni parola un’immagine. In un esperimento successivo, per controllare che eventuali differenze non siano altrimenti spiegabili attraverso una più profonda elaborazione richiesta dalla codifica immaginativa, sono state introdotte due ulteriori condizioni: la codifica percettiva e un giudizio di piacevolezza. Dai risultati ottenuti emerge che la codifica immaginativa delle parole da ricordare, rispetto alla codifica percettiva e al giudizio di piacevolezza, non produce una riduzione nella produzione dei falsi ricordi. I dati presenti in letteratura, invece, mostrano che i tre tipi di codifica producono una riduzione del 60% circa nella produzione dei falsi ricordi rispetto ala paradigma tradizionale. Il secondo filone di ricerca prevedeva l’utilizzo di una tecnica già presente in letteratura chiamata warning, che consiste nell’avvisare il soggetto che la lettura delle liste di parole potrà portare alla formazione di un ricordo errato. Questa tecnica, che ha portato finora a risultati discordanti, parte dal presupposto che e’ possibile evitare la formazione di un falso ricordo, individuando una strategia efficace. Sono stati condotti due esperimenti utilizzando il warning, ed in entrambi si è voluto anche verificare se gli effetti di tale warning si manifestassero anche sui bambini. In particolare, nel secondo esperimento, oltre alla condizione di controllo (nessun warning) e alla condizione sperimentale (warning), era presente una terza condizione sperimentale in cui al warning era anche associato un esempio. Questi esperimenti, oltre a confermare un moderato effetto di riduzione dei falsi ricordi negli adulti, hanno mostrato un paradossale effetto di aumento dei falsi ricordi nei bambini, per i quali il warning sembrebbe fungere da gist-cue. La domanda che va posta è se un soggetto che riesce, previo warning, a non produrre un falso ricordo, possa essere considerato come un soggetto che non ha prodotto il falso ricordo anche senza aver ricevuto il warning. Nel primo caso infatti il soggetto potrebbe respingere l’esca critica non perché sicuro di non averla letta o sentita, ma perché l’ha individuata e etichettata come “non presente”. Infatti studi hanno dimostrato che il warning ha effetto solo su liste cosiddette “altamente identificabili”, cioè liste per le quali è facile risalire alla potenziale esca critica. Da questa osservazione prende spunto il terzo filone, costituito da un esperimento, dove sono stati misurati i tempi di reazione con cui i partecipanti discriminavano una parola effettivamente presente nelle liste (ricordo veritiero) con parole non presenti ma relate (falso ricordo). I risultati hanno mostrato che i falsi ricordi richiedono più tempo per essere elaborati, facendo quindi dei tempi di reazione un indice valido per la discriminazione tra un ricordo veritiero ed uno falso. L’insieme degli esperimenti e dei risultati ottenuti sembrerebbero fornire una prova della possibilità di discriminare tra i processi che portano alla formazione e al recupero di ricordi veritieri e ricordi falsi, sia in fase di codifica, pre-allertando il soggetto, sia in fase di recupero, dove un soggetto richiede più tempo prima di dire se una parola, non presente ma relata alla lista, ne faceva effettivamente parte.

Processi che sottendono alla creazione dei falsi ricordi(2011 Jan 27).

Processi che sottendono alla creazione dei falsi ricordi

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2011

Abstract

Da quando la psicologia cognitiva ha cominciato ad interessarsi della memoria, procedendo con paradigmi sperimentali rigorosi, ha più volte dimostrato la fallibilità della memoria stessa e la sua capacità di riunire elementi provenienti da contesti diversi in un solo ricordo, rendendoli perfettamente coerenti. Il fenomeno di ricordare cose che non sono accadute o di ricordarle diversamente da come sono accadute, è detto falso ricordo (Roediger e McDermott, 1995). Tra i molteplici paradigmi per indurre e studiare il falso ricordo in ambito sperimentale, uno dei più usati è il paradigma DRM (Deese, 1959; Roediger e McDermott, 1995). La procedura classica prevede una fase di codifica, dove viene somministrata ad un soggetto una lista di parole semanticamente relate ad un termine (esca critica) non presente nella lista stessa, e una fase di recupero, nella quale allo stesso soggetto viene presentata una lista di termini composta da tre tipi di parole: alcune effettivamente presentate durante la prima fase (definite hits), altre non presentate e senza alcun legame semantico con le prime (chiamati distrattori o filler), e infine la parola-esca (critical lure). L’evidenza sperimentale consiste nell’altissima probabilità con cui anche l’esca critica sia riconosciuta come presente nella lista ascoltata o letta nella prima fase. Il punto di partenza, che sta a rappresentare l’epistemologia di tutto il lavoro, e’ stato quello di provare a dimostrare se fosse possibile distinguere un falso ricordo da un ricordo veritiero. Attraverso diversi esperimenti si è provato a distinguere il ricordo falso e quello veritiero, sia in fase di formazione, cioè se è possibile evitare che il falso ricordo si formi, sia in fase di recupero, cercando almeno un indice che potesse distinguere un ricordo falso, una volta che questo si è formato, da uno vero. A tale scopo sono stati condotti vari esperimenti, che hanno seguito tre diversi filoni. Un primo filone è rappresentato dal tentativo di arginare il fenomeno del falso ricordo attraverso una codifica più profonda. Due diversi e sperimenti sono stati condotti chiedendo ai partecipanti di associare ad ogni parola della lista delle immagini mentali. Nel primo esperimento a 90 adulti (età media 21 anni) casualmente assegnati a 3 condizioni (immagini generiche, specifiche e controllo) venivano presentate 2 liste DRM di 18 parole ciascuna (per ogni lista, 3 esche critiche). Nella condizione immagini mentali i partecipanti dovevano formarsi per ogni parola un’immagine. In un esperimento successivo, per controllare che eventuali differenze non siano altrimenti spiegabili attraverso una più profonda elaborazione richiesta dalla codifica immaginativa, sono state introdotte due ulteriori condizioni: la codifica percettiva e un giudizio di piacevolezza. Dai risultati ottenuti emerge che la codifica immaginativa delle parole da ricordare, rispetto alla codifica percettiva e al giudizio di piacevolezza, non produce una riduzione nella produzione dei falsi ricordi. I dati presenti in letteratura, invece, mostrano che i tre tipi di codifica producono una riduzione del 60% circa nella produzione dei falsi ricordi rispetto ala paradigma tradizionale. Il secondo filone di ricerca prevedeva l’utilizzo di una tecnica già presente in letteratura chiamata warning, che consiste nell’avvisare il soggetto che la lettura delle liste di parole potrà portare alla formazione di un ricordo errato. Questa tecnica, che ha portato finora a risultati discordanti, parte dal presupposto che e’ possibile evitare la formazione di un falso ricordo, individuando una strategia efficace. Sono stati condotti due esperimenti utilizzando il warning, ed in entrambi si è voluto anche verificare se gli effetti di tale warning si manifestassero anche sui bambini. In particolare, nel secondo esperimento, oltre alla condizione di controllo (nessun warning) e alla condizione sperimentale (warning), era presente una terza condizione sperimentale in cui al warning era anche associato un esempio. Questi esperimenti, oltre a confermare un moderato effetto di riduzione dei falsi ricordi negli adulti, hanno mostrato un paradossale effetto di aumento dei falsi ricordi nei bambini, per i quali il warning sembrebbe fungere da gist-cue. La domanda che va posta è se un soggetto che riesce, previo warning, a non produrre un falso ricordo, possa essere considerato come un soggetto che non ha prodotto il falso ricordo anche senza aver ricevuto il warning. Nel primo caso infatti il soggetto potrebbe respingere l’esca critica non perché sicuro di non averla letta o sentita, ma perché l’ha individuata e etichettata come “non presente”. Infatti studi hanno dimostrato che il warning ha effetto solo su liste cosiddette “altamente identificabili”, cioè liste per le quali è facile risalire alla potenziale esca critica. Da questa osservazione prende spunto il terzo filone, costituito da un esperimento, dove sono stati misurati i tempi di reazione con cui i partecipanti discriminavano una parola effettivamente presente nelle liste (ricordo veritiero) con parole non presenti ma relate (falso ricordo). I risultati hanno mostrato che i falsi ricordi richiedono più tempo per essere elaborati, facendo quindi dei tempi di reazione un indice valido per la discriminazione tra un ricordo veritiero ed uno falso. L’insieme degli esperimenti e dei risultati ottenuti sembrerebbero fornire una prova della possibilità di discriminare tra i processi che portano alla formazione e al recupero di ricordi veritieri e ricordi falsi, sia in fase di codifica, pre-allertando il soggetto, sia in fase di recupero, dove un soggetto richiede più tempo prima di dire se una parola, non presente ma relata alla lista, ne faceva effettivamente parte.
27-gen-2011
In the Deese–Roediger–McDermott (DRM) paradigm, subjects study lists of words that are designed to elicit the recall of an associatively related critical item. Using this paradigm, we conducted five different experiments. The first one investigated the relationship between false memories and warning. Warning refers to the opportunity to inform participants about the effect of false memories in this paradigm. We used this kind of warning with young adults and with children and results shown that the warning cannot help young adults to reduce false memories. However, we found a interesting and counterintuitive effect on children: in younger children, the warning increased the probability to produce a false memory. The second experiment aimed at finding a confirmation of these results. Here, we used a stronger warning with younger children. Results confirmed what we found in the first experiment: adults produced the same rates of false memories, regardless of whether the warning was presented. Younger children produced more false memories in the stronger warning condition. Our interpretation is that the warning in young children acts as a gist-cue, increasing the likelihood of false memory. In the third experiment we used the association between mental images and DRM paradigm, and we found that the association of a different mental image to any word of DRM study list, reduces the false memory phenomenon. We found a confirmation of this result in the fourth experiment, where we used three experimental conditions of association: mental image, perceptual and pleasantness. Results showed that any kind of association can reduce the false memories at the same rate. In the last experiment, we measured the reaction times in a DRM recognition test, in order to find an index that can discriminate between true and false memories. Results supported our hypothesis, as we found longer reaction times on critical lures than on hits and filler items. Taken together, all results would show that the activation is an automatic and unavoidable process, but only in the semantic condition. Conversely, in the episodic condition (i.e. mental images association) the activation is weak, and it can reduce the false memory phenomenon.
DRM, falsi ricordi
Processi che sottendono alla creazione dei falsi ricordi(2011 Jan 27).
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