Il termine moderazione è riferibile a una indicazione morale e pure a un imperativo giuridicamente fondato e traducibile in una pratica, economica e sociale, orientata a un utile impiego delle risorse. Questo ha significato oggi come lo ha avuto per i secoli terminali del Medioevo. È stato proprio in quel periodo che, attorno alla parola moderazione, si è venuta a formare una mentalità, un tendere culturale teorizzato ma anche praticato. Quanto accaduto, inoltre, è verosimilmente da mettere in relazione a quella sensibilità socio-economica che è stata all’origine della Modernità e dello sviluppo delle teorie capitaliste. Nell’illustrazione del legame tra l’etica protestante e Capitalismo, Max Weber sosteneva che questa relazione è si cogliibile nella religione ma anche nel dato pratico, nella mentalità degli uomini, una mentalità basata sul risparmio come virtù, sull’oculata spesa e sull’investimento accorto. Elementi certamente moderni, ma che fondano la loro origine nel Medioevo. La ricerca presentata in questo lavoro ha dato conto di questo, disponendo il materiale documentario entro tre settori di indagine: il primo è stato quello riguardante la riflessione culturale e filosofica sul tema; il secondo è stato dedicato alle leggi suntuarie e, dunque, dell’uso politico della moderazione; il terzo settore ha permesso di calare l’analisi nella concretezza dei fatti, ovvero a quello che sono state interpretate come le pratiche della moderazione. Nello specifico il lavoro si è articolato nel modo seguente. Nel primo capitolo si è tracciato un quadro complessivo, anche se necessariamente sommario ma soddisfacente, delle principali posizioni prodotte sul tema moderazione, e si è verificato come questo tema sia stato oggetto di studio in diversi produttori di pensiero. Ne è emerso che la moderazione, da un punto di vista teorico, consiste in una serie di indicazioni comportamentali circa le apparenze e il modo di gestire il denaro. Nel secondo capitolo, invece, è stato messo in evidenza che le leggi suntuarie, specificatamente nella loro parte proemiale, formalizzano in modo inequivocabile l’invito alla moderazione e successivamente, nel corpo della legge, indicando quanto concesso e quanto vietato, formalizzano la misura della moderazione. Simili documenti, quindi, vengono a costituire lo snodo centrale, sono la cornice normativa in seno alla moderazione, della quale ne forniscono una misura. Il terzo e ultimo capitolo, è stato costruito secondo un sistema binario. Inizialmente si è esaminato non tanto il concreto pensiero, ma semmai la concretezza di una realtà definibile a partire da diversi strati di ricchezza e di patrimonialità che una serie di fonti, fiscali e giuridiche, hanno permesso di enucleare. Tra questi livelli si è poi distinto un grado più altro, uno più basso e, ovviamente, uno mediano attestante l’esistenza di una moderazione oggettiva, che è stata definita medietà. Nella seconda parte del terzo capitolo, si è anche approfondito come gli uomini abbiano interpretato il carattere astratto della moderazione nella concretezza della vita quotidiana. Per meglio mettere a fuoco questo aspetto, si sono compiuti una serie di ‘esercizi’ di scavo documentario che hanno dato concreta leggibilità alla moderazione. Studiando alcuni casi di consumi famigliari si è verificato che la moderazione, oltre a essere la condizione di coloro che strutturalmente si situano a un livello sociale intermedio, è anche la scelta auto-limitante di farsi modesti circa i consumi. Tale scelta, non sempre e necessariamente legata alla morale, né perché imposta dal legislatore, è stata una forma di auto- dominio con la quale, anziché immobilizzare le ricchezze in beni sfarzosi che se monumentalizzati recano piacere personale ma non fruttano, ha consentito all’uomo di scegliere di fare un uso moderato e oculato delle proprie sostanze in vista di un progetto che, proprio perché a favore del benessere della comunità e non del singolo, si è caratterizzato per una forte componente civica. Sulla base di queste argomentazioni, è sostenibile la tesi che alla fine del Medioevo la moderazione non è stata solo una teoria ma pure un insieme di pratiche concrete in senso alle quali alcuni hanno scelto di anteporre un progetto e dei valori precisi al principio del piacere e al gusto per l’ostentazione. Aspetti, questi ultimi, che certamente caratterizzano la Modernità e il periodo capitalista, ma che fondano le loro basi nei secoli terminali del Medioevo.

Moderazione: da concezione teorica a condizione sociale. Teorie e livelli di consumo (secoli XIII-XV) / Biondi, Giulio. - (2019 Jun 25).

Moderazione: da concezione teorica a condizione sociale. Teorie e livelli di consumo (secoli XIII-XV)

Biondi, Giulio
2019

Abstract

Il termine moderazione è riferibile a una indicazione morale e pure a un imperativo giuridicamente fondato e traducibile in una pratica, economica e sociale, orientata a un utile impiego delle risorse. Questo ha significato oggi come lo ha avuto per i secoli terminali del Medioevo. È stato proprio in quel periodo che, attorno alla parola moderazione, si è venuta a formare una mentalità, un tendere culturale teorizzato ma anche praticato. Quanto accaduto, inoltre, è verosimilmente da mettere in relazione a quella sensibilità socio-economica che è stata all’origine della Modernità e dello sviluppo delle teorie capitaliste. Nell’illustrazione del legame tra l’etica protestante e Capitalismo, Max Weber sosteneva che questa relazione è si cogliibile nella religione ma anche nel dato pratico, nella mentalità degli uomini, una mentalità basata sul risparmio come virtù, sull’oculata spesa e sull’investimento accorto. Elementi certamente moderni, ma che fondano la loro origine nel Medioevo. La ricerca presentata in questo lavoro ha dato conto di questo, disponendo il materiale documentario entro tre settori di indagine: il primo è stato quello riguardante la riflessione culturale e filosofica sul tema; il secondo è stato dedicato alle leggi suntuarie e, dunque, dell’uso politico della moderazione; il terzo settore ha permesso di calare l’analisi nella concretezza dei fatti, ovvero a quello che sono state interpretate come le pratiche della moderazione. Nello specifico il lavoro si è articolato nel modo seguente. Nel primo capitolo si è tracciato un quadro complessivo, anche se necessariamente sommario ma soddisfacente, delle principali posizioni prodotte sul tema moderazione, e si è verificato come questo tema sia stato oggetto di studio in diversi produttori di pensiero. Ne è emerso che la moderazione, da un punto di vista teorico, consiste in una serie di indicazioni comportamentali circa le apparenze e il modo di gestire il denaro. Nel secondo capitolo, invece, è stato messo in evidenza che le leggi suntuarie, specificatamente nella loro parte proemiale, formalizzano in modo inequivocabile l’invito alla moderazione e successivamente, nel corpo della legge, indicando quanto concesso e quanto vietato, formalizzano la misura della moderazione. Simili documenti, quindi, vengono a costituire lo snodo centrale, sono la cornice normativa in seno alla moderazione, della quale ne forniscono una misura. Il terzo e ultimo capitolo, è stato costruito secondo un sistema binario. Inizialmente si è esaminato non tanto il concreto pensiero, ma semmai la concretezza di una realtà definibile a partire da diversi strati di ricchezza e di patrimonialità che una serie di fonti, fiscali e giuridiche, hanno permesso di enucleare. Tra questi livelli si è poi distinto un grado più altro, uno più basso e, ovviamente, uno mediano attestante l’esistenza di una moderazione oggettiva, che è stata definita medietà. Nella seconda parte del terzo capitolo, si è anche approfondito come gli uomini abbiano interpretato il carattere astratto della moderazione nella concretezza della vita quotidiana. Per meglio mettere a fuoco questo aspetto, si sono compiuti una serie di ‘esercizi’ di scavo documentario che hanno dato concreta leggibilità alla moderazione. Studiando alcuni casi di consumi famigliari si è verificato che la moderazione, oltre a essere la condizione di coloro che strutturalmente si situano a un livello sociale intermedio, è anche la scelta auto-limitante di farsi modesti circa i consumi. Tale scelta, non sempre e necessariamente legata alla morale, né perché imposta dal legislatore, è stata una forma di auto- dominio con la quale, anziché immobilizzare le ricchezze in beni sfarzosi che se monumentalizzati recano piacere personale ma non fruttano, ha consentito all’uomo di scegliere di fare un uso moderato e oculato delle proprie sostanze in vista di un progetto che, proprio perché a favore del benessere della comunità e non del singolo, si è caratterizzato per una forte componente civica. Sulla base di queste argomentazioni, è sostenibile la tesi che alla fine del Medioevo la moderazione non è stata solo una teoria ma pure un insieme di pratiche concrete in senso alle quali alcuni hanno scelto di anteporre un progetto e dei valori precisi al principio del piacere e al gusto per l’ostentazione. Aspetti, questi ultimi, che certamente caratterizzano la Modernità e il periodo capitalista, ma che fondano le loro basi nei secoli terminali del Medioevo.
25-giu-2019
MEDIOEVO, MODERAZIONE, MISURA, MODESTIA, LEGGI SUNTUARIE, ECONOMIA, RISPARMIO
Moderazione: da concezione teorica a condizione sociale. Teorie e livelli di consumo (secoli XIII-XV) / Biondi, Giulio. - (2019 Jun 25).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3422226
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