The possibility of obtaining material for foetal molecular analysis without the need of invasive procedures has been a long wished improvement of practice in prenatal diagnostics. The demonstration of the presence of foetal cells and circulating foetal free-DNA in a sample of mother-to-be’s blood promised that a non-invasive approach for prenatal diagnostics is near to becoming a reality. The presence of foetal cells (albeit in low numbers) in maternal blood has been known since 1893, when Schomorl [1] described throphoblast cells in lung circulation of pregnant women who deceased from eclampsia. However, following the first observation numerous attempts to isolate these cells have proven disappointing. The main reasons for the lack of success with fetal cells isolation can be attributed to the very tiny proportion of fetal cells in the total maternal blood cell population. Moreover, isolation of fetal cells failed to demonstrate the origin of these cells using genetic profiling. The presence of cell-free foetal circulating DNA sequences in the plasma of pregnant women was first described in 1997, when the Lo group [2] reported the presence of Y chromosome DNA sequences in pregnant circulation. The demonstration of foetal genetic material in maternal circulation incited a new era of non-invasive prenatal diagnostics based on free foetal DNA, with the purpose of replacing the invasive approaches based on villi sampling, cordonocentesis and amniocentesis. Obtaining chorionic villi, amniocentesis or cord blood specimens is expensive and requires an invasive procedure that carries a small risk to the foetus and the possibility of adverse maternal effects, such as unnerving risk of miscarriage. Moreover, these tests are not provided until late in the first trimester thus implying a rate – limiting step in the provision of prenatal diagnosis: only pregnant women at the highest risk of having a foetus with a genetic syndrome or another disorder of major clinical significance have been eligible to these tests. In this study we considered that genetic prenatal diagnosis could have forensic applications, in particular in cases of rape resulting in pregnancy. So, we explored the opportunity and ethical issues related to the introduction of non-invasive prenatal testing for non-medical applications, such as sex determination and paternity testing. In particular, based on our laboratory analyses we achieved proof of principle of a non-invasive test for forensic purposes. We obtain approval for our studies from the Ethics Committee of the University - Hospital of Padova (Protocol n. 2105 P / 2010), Italy. First of all we demonstrated the applicability of cell free DNA in human identification. Then, we enrolled pregnant women and their partner and investigated the STR profiles obtained from free DNA and nucleated red blood cells in peripheral blood of pregnant women that were compared to profiles of the putative father, in order to define paternity. The STR profiles in free DNA were investigated using consolidated methods, by performing multiplex PCR and sequencing, without succesfull results that we attributed to the low sensitivity of the method. This result pushed us to investigate the applicability of new high throughput technologies (e.g. next generation sequencing) in plasma DNA of mother’s-to be. This new approach, of potential interest for forensic genetics, seems to be promizing thank to its high sensitivity. The best results with profiling fetal DNA from maternal blood specimens were obtained from DNA profiling of nucleated red blood cells of embryonic origin when enrichment by Fluorescent Activated Cell Sorting (FACS) was performed. For enrichment a combination of monoclonal antibodies was employed: all amplified alleles amplified from sorted cells, others than those of the mother, matched the alleles of the putative father. Our study, which is the first one to investigate DNA profiling analysis on nucleated fetal red blood cells for forensic genetics, demonstrated that non-invasive prenatal paternity testing could be developed as a tool for the identification of perpetrators of rape in case of resulting pregnancy. More efforts need to be spend to optimize the isolation of fetal cells. The proof of principle that non invasive prenatal paternity testing on DNA of rare fetal cells circulating in pregnant blood is feasible justifies further efforts in developing this new approach.

La possibilità di ottenere materiale genetico di origine fetale per diagnosi prenatale senza l’ausilio di procedure invasive è sempre stato considerato un interesse condiviso in campo ostetrico ginecologico. Da quando è stata dimostrata la presenza di cellule fetali e di DNA plasmatico entrambi di origine fetale nel circolo periferico delle donne in gravidanza questa opportunità ha iniziato ad essere indagata al fine di poter essere proposta nella pratica clinica. Che cellule fetali siano presenti, anche se in numero molto esiguo, nel circolo periferico delle donne gravide è noto fin dal 1893, quando il patologo tedesco Schomorl ha descritto la presenza di trofoblasti nel circolo polmonare di 14 donne decedute per eclampsia [1], ma i tentativi di isolamento sono sempre risultati fallimentari. I principali motivi del mancato successo sono da ricercare nella esiguità di questa quota cellulare e nella mancanza di dimostrazione dell’origine fetale attraverso tecniche di profiling genetico della stessa. Nel 1997 il gruppo di Yo [2] ha dismostrato la presenza di frammenti di DNA libero di origine fetale nel sangue periferico delle donne gravide, attraverso l’amplificazione di sequenze del cromosoma Y nel plasma di queste donne. Così, dalla dimostrazione della presenza di materiale genetico di origine fetale nel circolo materno è iniziata una nuova era della diagnosi prenatale non invasiva, particolarmente incentrata sulla frazione di acidi nucleici liberi. Infatti, il recupero dei villi e/o del liquido amniotico sono gravati da costi sostenuti e dai rischi legati all’invasività del prelievo sia per il prodotto del concepimento che per la donna, con un seppur basso ma esistente rischio di perdita della gravidanza stessa. Inoltre, questi approcci invasivi sono eseguiti non prima del termine del primo trimestre di gravidanza o nel secondo: essi sono proposti solo alle donne con già rilevato rischio di sindromi genetiche malformative o con rischio aumentato in funzione dell’età materna. Nel nostro studio abbiamo considerato che la diagnosi prenatale può avere anche applicazioni forensi, in particolare nei casi di gravidanza esitata dopo stupro. Abbiamo così analizzato l’opportunità e la valenza etica di introdurre tecniche di diagnosi prenatale non invasiva per scopi non squisitamente clinici, come la determinazione del sesso e della paternità. Abbiamo ottenuto l’approvazione del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Padova (Protocollo n. 2105 P / 2010), attraverso la preliminare proposta di considerazioni bioetiche sullo studio. Abbiamo, dunque, iniziato il nostro studio attraverso la dimostrazione dell’applicabilità della frazione libera del DNA, cosiddetto DNA plasmatico o DNA libero circolante, ai fini dell’identificazione personale in soggetti sani, comprese donne non gravide. Quindi, abbiamo arruolato donne in gravidanza afferenti al Servizio di Gestione della Gravidanza della Divisione Ostetrica dell’Azienda Ospedaliera di Padova e i loro partner in funzione di investigare i profili genetici degli short tandem repeats (STR) usati in genetica forense ai fini di identificazione personale, ottenuti dalla frazione di DNA libero e dagli eritroblasti fetali entrambi circolanti nel sangue periferico delle donne e di confrontarli con il profilo dei partner al fine di definirne e dimostrarne la paternità. Nella frazione libera di DNA i consolidati metodi di amplificazione del DNA non hanno permesso di dimostrare la presenza di profilo aggiuntivo rispetto a quello materno. Questo ci ha spinto ad indagare l’applicabilità delle più recenti tecnologie come il sequenziamento di ultima generazione, cosiddetto pyrosequenzing, nel plasma delle future mamme. Questo approccio, di nuovo interesse nella disciplina della genetica forense, ci ha permesso di rilevare la presenza di sequenze fetali nel plasma materno. Migliori risultati li abbiamo ottenuti isolando gli eritroblasti di origine fatale attraverso arricchimento con tecniche di sorting cellulare (Fluorescent Activated Cell Sorting, FACS), con una combinazione di anticorpi monoclonali: tutti gli alleli amplificati diversi da quelli materni sono risultati essere coerenti con quelli del partner, ovvero del “presunto” padre, poi confermati alla nascita con quelli del bambino. Il nostro studio, che rappresenta la prima apllicazione dell’impiego degli eritroblasti fetali in genetica forense, dimostra che la diagnosi di paternità non invasiva può rapprentare un valido mezzo nell’identificazione della figura dello stupratore in caso di successiva gravidanza. Altri studi dovranno comunque essere eseguiti al fine di ottimizzare l’isolamento delle cellule fetali.

Non-medical applications of non invasive prenatal testing: ethical issues and apllicabilities / Tasinato, Paola. - (2013 Jan 30).

Non-medical applications of non invasive prenatal testing: ethical issues and apllicabilities

Tasinato, Paola
2013

Abstract

La possibilità di ottenere materiale genetico di origine fetale per diagnosi prenatale senza l’ausilio di procedure invasive è sempre stato considerato un interesse condiviso in campo ostetrico ginecologico. Da quando è stata dimostrata la presenza di cellule fetali e di DNA plasmatico entrambi di origine fetale nel circolo periferico delle donne in gravidanza questa opportunità ha iniziato ad essere indagata al fine di poter essere proposta nella pratica clinica. Che cellule fetali siano presenti, anche se in numero molto esiguo, nel circolo periferico delle donne gravide è noto fin dal 1893, quando il patologo tedesco Schomorl ha descritto la presenza di trofoblasti nel circolo polmonare di 14 donne decedute per eclampsia [1], ma i tentativi di isolamento sono sempre risultati fallimentari. I principali motivi del mancato successo sono da ricercare nella esiguità di questa quota cellulare e nella mancanza di dimostrazione dell’origine fetale attraverso tecniche di profiling genetico della stessa. Nel 1997 il gruppo di Yo [2] ha dismostrato la presenza di frammenti di DNA libero di origine fetale nel sangue periferico delle donne gravide, attraverso l’amplificazione di sequenze del cromosoma Y nel plasma di queste donne. Così, dalla dimostrazione della presenza di materiale genetico di origine fetale nel circolo materno è iniziata una nuova era della diagnosi prenatale non invasiva, particolarmente incentrata sulla frazione di acidi nucleici liberi. Infatti, il recupero dei villi e/o del liquido amniotico sono gravati da costi sostenuti e dai rischi legati all’invasività del prelievo sia per il prodotto del concepimento che per la donna, con un seppur basso ma esistente rischio di perdita della gravidanza stessa. Inoltre, questi approcci invasivi sono eseguiti non prima del termine del primo trimestre di gravidanza o nel secondo: essi sono proposti solo alle donne con già rilevato rischio di sindromi genetiche malformative o con rischio aumentato in funzione dell’età materna. Nel nostro studio abbiamo considerato che la diagnosi prenatale può avere anche applicazioni forensi, in particolare nei casi di gravidanza esitata dopo stupro. Abbiamo così analizzato l’opportunità e la valenza etica di introdurre tecniche di diagnosi prenatale non invasiva per scopi non squisitamente clinici, come la determinazione del sesso e della paternità. Abbiamo ottenuto l’approvazione del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Padova (Protocollo n. 2105 P / 2010), attraverso la preliminare proposta di considerazioni bioetiche sullo studio. Abbiamo, dunque, iniziato il nostro studio attraverso la dimostrazione dell’applicabilità della frazione libera del DNA, cosiddetto DNA plasmatico o DNA libero circolante, ai fini dell’identificazione personale in soggetti sani, comprese donne non gravide. Quindi, abbiamo arruolato donne in gravidanza afferenti al Servizio di Gestione della Gravidanza della Divisione Ostetrica dell’Azienda Ospedaliera di Padova e i loro partner in funzione di investigare i profili genetici degli short tandem repeats (STR) usati in genetica forense ai fini di identificazione personale, ottenuti dalla frazione di DNA libero e dagli eritroblasti fetali entrambi circolanti nel sangue periferico delle donne e di confrontarli con il profilo dei partner al fine di definirne e dimostrarne la paternità. Nella frazione libera di DNA i consolidati metodi di amplificazione del DNA non hanno permesso di dimostrare la presenza di profilo aggiuntivo rispetto a quello materno. Questo ci ha spinto ad indagare l’applicabilità delle più recenti tecnologie come il sequenziamento di ultima generazione, cosiddetto pyrosequenzing, nel plasma delle future mamme. Questo approccio, di nuovo interesse nella disciplina della genetica forense, ci ha permesso di rilevare la presenza di sequenze fetali nel plasma materno. Migliori risultati li abbiamo ottenuti isolando gli eritroblasti di origine fatale attraverso arricchimento con tecniche di sorting cellulare (Fluorescent Activated Cell Sorting, FACS), con una combinazione di anticorpi monoclonali: tutti gli alleli amplificati diversi da quelli materni sono risultati essere coerenti con quelli del partner, ovvero del “presunto” padre, poi confermati alla nascita con quelli del bambino. Il nostro studio, che rappresenta la prima apllicazione dell’impiego degli eritroblasti fetali in genetica forense, dimostra che la diagnosi di paternità non invasiva può rapprentare un valido mezzo nell’identificazione della figura dello stupratore in caso di successiva gravidanza. Altri studi dovranno comunque essere eseguiti al fine di ottimizzare l’isolamento delle cellule fetali.
30-gen-2013
The possibility of obtaining material for foetal molecular analysis without the need of invasive procedures has been a long wished improvement of practice in prenatal diagnostics. The demonstration of the presence of foetal cells and circulating foetal free-DNA in a sample of mother-to-be’s blood promised that a non-invasive approach for prenatal diagnostics is near to becoming a reality. The presence of foetal cells (albeit in low numbers) in maternal blood has been known since 1893, when Schomorl [1] described throphoblast cells in lung circulation of pregnant women who deceased from eclampsia. However, following the first observation numerous attempts to isolate these cells have proven disappointing. The main reasons for the lack of success with fetal cells isolation can be attributed to the very tiny proportion of fetal cells in the total maternal blood cell population. Moreover, isolation of fetal cells failed to demonstrate the origin of these cells using genetic profiling. The presence of cell-free foetal circulating DNA sequences in the plasma of pregnant women was first described in 1997, when the Lo group [2] reported the presence of Y chromosome DNA sequences in pregnant circulation. The demonstration of foetal genetic material in maternal circulation incited a new era of non-invasive prenatal diagnostics based on free foetal DNA, with the purpose of replacing the invasive approaches based on villi sampling, cordonocentesis and amniocentesis. Obtaining chorionic villi, amniocentesis or cord blood specimens is expensive and requires an invasive procedure that carries a small risk to the foetus and the possibility of adverse maternal effects, such as unnerving risk of miscarriage. Moreover, these tests are not provided until late in the first trimester thus implying a rate – limiting step in the provision of prenatal diagnosis: only pregnant women at the highest risk of having a foetus with a genetic syndrome or another disorder of major clinical significance have been eligible to these tests. In this study we considered that genetic prenatal diagnosis could have forensic applications, in particular in cases of rape resulting in pregnancy. So, we explored the opportunity and ethical issues related to the introduction of non-invasive prenatal testing for non-medical applications, such as sex determination and paternity testing. In particular, based on our laboratory analyses we achieved proof of principle of a non-invasive test for forensic purposes. We obtain approval for our studies from the Ethics Committee of the University - Hospital of Padova (Protocol n. 2105 P / 2010), Italy. First of all we demonstrated the applicability of cell free DNA in human identification. Then, we enrolled pregnant women and their partner and investigated the STR profiles obtained from free DNA and nucleated red blood cells in peripheral blood of pregnant women that were compared to profiles of the putative father, in order to define paternity. The STR profiles in free DNA were investigated using consolidated methods, by performing multiplex PCR and sequencing, without succesfull results that we attributed to the low sensitivity of the method. This result pushed us to investigate the applicability of new high throughput technologies (e.g. next generation sequencing) in plasma DNA of mother’s-to be. This new approach, of potential interest for forensic genetics, seems to be promizing thank to its high sensitivity. The best results with profiling fetal DNA from maternal blood specimens were obtained from DNA profiling of nucleated red blood cells of embryonic origin when enrichment by Fluorescent Activated Cell Sorting (FACS) was performed. For enrichment a combination of monoclonal antibodies was employed: all amplified alleles amplified from sorted cells, others than those of the mother, matched the alleles of the putative father. Our study, which is the first one to investigate DNA profiling analysis on nucleated fetal red blood cells for forensic genetics, demonstrated that non-invasive prenatal paternity testing could be developed as a tool for the identification of perpetrators of rape in case of resulting pregnancy. More efforts need to be spend to optimize the isolation of fetal cells. The proof of principle that non invasive prenatal paternity testing on DNA of rare fetal cells circulating in pregnant blood is feasible justifies further efforts in developing this new approach.
non-invasive genetic prenatal testing, paternity testing, nucleated red blood cells, free fetal DNA, pyrosequencing
Non-medical applications of non invasive prenatal testing: ethical issues and apllicabilities / Tasinato, Paola. - (2013 Jan 30).
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