È possibile ricostruire la storia dei concetti e dei termini matematici frequenti nei testi di Gilles Deleuze nell’ambito della crisi dei fondamenti scientifici del Novecento, chiarendo il loro valore all’interno della scuola intuizionista francese: cosa finora non considerata sufficientemente dalla bibliografia secondaria sull’argomento. L’intuizionismo, a differenza delle altre due scuole più importanti, ovverosia il logicismo di Russell ed il formalismo di Hilbert, difende una concezione della matematica come assoluta opera creativa da parte del soggetto che, quasi letteralmente, la dispiega. Se in Inghilterra, America e Germania furono il formalismo ed il logicismo – con quote differenti e, spesso, miste – ad avere la meglio sulle Università e nei progetti di ricerca, in Francia ed in Italia l’intuizionismo ebbe invece una voce sufficientemente forte da influenzare intere generazioni di matematici e, in particolare, di non specialisti del settore: i filosofi. A partire da Poincaré, infatti, ovverosia da uno dei più importanti matematici dello scorso secolo, considerato dagli intuisti forti (Brouwer, etc.) come un loro fondamentale precursore nonché padre della topologia contemporanea, in Francia si diffusero un generale anti-logicismo ed anti-formalismo che hanno influenzato i più grandi epistemologi e, conseguentemente, i filosofi che a questi poi si rifecero; esattamente come Deleuze. Le tesi fondamentali dell’intuizionismo sono principalmente due: la matematica come costruzione e l’essenza psicologica temporale al fondo di questa scienza. I testi di Poincaré vennero usati e studiati da Brunschvicg, maestro diretto di Gaston Bachelard, Cavaillès e di Albert Lautman. Brunschvicg fu il primo a trarre un significato filosofico dall’intuizionismo matematico di Poincaré, rafforzando ed estremizzando l’idea di una matematica intesa come pensiero matematico e non solo come scienza, e radicalizzandone la proprietà costruttiva, legata al volere del matematico stesso. Tuttavia, secondo Brunschvicg la matematica mancherebbe a se stessa se non si proiettasse nel mondo fisico, divenendo una fisica-matematica. L’aspetto costruttivo del neo-razionalismo, dunque, si carica di una forte componente modellistico-spaziale. Cavaillès e Lautman (fondamentali autori di riferimento per Deleuze) proseguirono sull’onda del loro maestro, ragionando sui concetti – non a caso – di struttura e di problema. Bachelard, infine, parlò apertamente di una topologia del pensiero e di una epistemologia polifonica, decentrata, costruttiva, che riguardasse più il pensare in quanto tale che non una scienza nello specifico: in altre parole, portò a compimento ed in maniera radicale l’idea latente nell’intero intuizionismo matematico di un pensiero creatore, radicalizzando però al tempo stesso anche il pensiero di Brunschvicg, suo maestro, installando la sostanza spinoziana proprio nel processo creativo in quanto tale. Brunschvicg infatti scrisse anche un importante testo su Spinoza, ed è noto come Cavaillès stesso – morto fucilato dai nazisti nel 1944 – si considerasse uno spinozista, e pensasse la resistenza politica una “necessità della ragione”. Bachelard, in una non molto nota ma importante conferenza proprio su Spinoza che prenderemo in esame, legò esplicitamente il pensiero matematico alla Sostanza del filosofo olandese, pensandole entrambe come pensiero-creativo e dotandole di una certa importanza ontologica, capace di descrivere il farsi reale del mondo. La prima tesi del mio lavoro è dunque la seguente: sostengo che i concetti matematici ereditati da Deleuze gli giungessero già filtrati da autori che installarono sul loro background intuizionista una forte matrice spinoziana-spaziale, con il risultato di crearvi all’interno una peculiare polarità concettuale. Da un lato la matematica è un atto intuitivo e creativo nel tempo calibrato sul soggetto (intuizionismo), dall’altro il dispiegarsi di strutture razionali che sottostanno al funzionamento del mondo (neo-razionalismo). Dimostrato questo, lo scopo del mio lavoro è ripercorrere la produzione di Deleuze seguendo l’oscillazione tra questi due poli, che permette di rispondere a molte domande sul cambio di registro dell’autore e, soprattutto, di fare chiarezza sul suo uso della matematica. La mia tesi è che tutta la produzione deleuziana possa venire divisa in tre fasi a partire proprio dall’uso che l’autore fa della matematica: - Abbiamo gli anni sessanta e settanta che, come abbiamo visto, sono vicini allo strutturalismo e hanno un preciso bersaglio politico: il calcolo differenziale fa da padrone, ovverosia la distribuzione della soggettività, la creatività assoluta e impossibile da determinare delle funzioni matematiche (leggibili anche come sperimentazioni politiche): in questo momento, è l’intuizionismo temporale bergsoniano il polo a cui Deleuze si rivolge. - Abbiamo poi gli anni settanta e ottanta, dove il Fuori, il non dicibile, il non visibile, prendono piede. Il linguaggio smette la propria funzione assoluta, com’era invece nel primo momento: qui è la creazione di spazi (basti pensare a Mille Piani, dove il concetto di territorio e di rizoma, e non più di simulacro e di struttura, fungono da cuore del testo) ciò che sembra più premere a Deleuze, al punto da nominare una delle sue opere più importanti, ovvero La piega, con il nome di uno dei concetti chiave della topologia: ovverosia come uno dei sette modelli catastrofici possibili della teoria di Rene Thom. Dall’intuizione temporale, Deleuze scivola verso la costruzione spaziale, concretizzando maggiormente il polo spinoziano. - Nel terzo periodo, quello degli anni ’90, Deleuze fa un ulteriore e straordinario passo in avanti, separando definitivamente la filosofia (che per la prima volta diventa apertamente creazione di concetti riferentesi al piano di immanenza) dalla matematica, che viene inclusa per la prima volta sotto la macrocategoria concettuale delle “scienze”. Questo, a mio parere, mostra come la matematica non sia mai stata sufficiente a Deleuze, che si trova – alla fine della propria vita – a volerla ridurre e a volerla superare, insieme alla filosofia stessa, nell’ottica di una creazione perpetua ed assoluta. Analizzando la terza fase propongo la terza tesi del mio lavoro: la proposta, secondo me, deleuziana di parlare di creazione senza soggetto e senza nemmeno concetto; ovverosia del “cervello” (ultima parte di Che cos’è la filosofia?). Riassumendo, le tesi che sostengo sono principalmente tre: - Mostrare la saldatura storico-concettuale finora lasciata quasi completamente in ombra dalla bibliografia secondaria tra la matematica intuizionista e lo spinozismo; - Mostrare come, in questo concetto “doppio” di una matematica intuizionista-spinozista, Deleuze oscilli lentamente dall’aspetto più temporale (anni 50-60) all’aspetto più spaziale (anni 80-90): dai ruoli della soggettività, alla creazione di spazi, fino alla definizione dello Spazio Assoluto, ovverosia del piano di immanenza, dichiarato apertamente sono nell’ultimo Deleuze. - Proporre un’analisi dell’ultimo Deleuze innovativa: il pensare una creazione che non sia né soggettiva né concettuale: oltre la filosofia, cioè, e oltre il soggetto.

Filosofia e Matematica in Gilles Deleuze / Colombo, Andrea. - (2019 Dec 02).

Filosofia e Matematica in Gilles Deleuze.

Colombo, Andrea
2019

Abstract

È possibile ricostruire la storia dei concetti e dei termini matematici frequenti nei testi di Gilles Deleuze nell’ambito della crisi dei fondamenti scientifici del Novecento, chiarendo il loro valore all’interno della scuola intuizionista francese: cosa finora non considerata sufficientemente dalla bibliografia secondaria sull’argomento. L’intuizionismo, a differenza delle altre due scuole più importanti, ovverosia il logicismo di Russell ed il formalismo di Hilbert, difende una concezione della matematica come assoluta opera creativa da parte del soggetto che, quasi letteralmente, la dispiega. Se in Inghilterra, America e Germania furono il formalismo ed il logicismo – con quote differenti e, spesso, miste – ad avere la meglio sulle Università e nei progetti di ricerca, in Francia ed in Italia l’intuizionismo ebbe invece una voce sufficientemente forte da influenzare intere generazioni di matematici e, in particolare, di non specialisti del settore: i filosofi. A partire da Poincaré, infatti, ovverosia da uno dei più importanti matematici dello scorso secolo, considerato dagli intuisti forti (Brouwer, etc.) come un loro fondamentale precursore nonché padre della topologia contemporanea, in Francia si diffusero un generale anti-logicismo ed anti-formalismo che hanno influenzato i più grandi epistemologi e, conseguentemente, i filosofi che a questi poi si rifecero; esattamente come Deleuze. Le tesi fondamentali dell’intuizionismo sono principalmente due: la matematica come costruzione e l’essenza psicologica temporale al fondo di questa scienza. I testi di Poincaré vennero usati e studiati da Brunschvicg, maestro diretto di Gaston Bachelard, Cavaillès e di Albert Lautman. Brunschvicg fu il primo a trarre un significato filosofico dall’intuizionismo matematico di Poincaré, rafforzando ed estremizzando l’idea di una matematica intesa come pensiero matematico e non solo come scienza, e radicalizzandone la proprietà costruttiva, legata al volere del matematico stesso. Tuttavia, secondo Brunschvicg la matematica mancherebbe a se stessa se non si proiettasse nel mondo fisico, divenendo una fisica-matematica. L’aspetto costruttivo del neo-razionalismo, dunque, si carica di una forte componente modellistico-spaziale. Cavaillès e Lautman (fondamentali autori di riferimento per Deleuze) proseguirono sull’onda del loro maestro, ragionando sui concetti – non a caso – di struttura e di problema. Bachelard, infine, parlò apertamente di una topologia del pensiero e di una epistemologia polifonica, decentrata, costruttiva, che riguardasse più il pensare in quanto tale che non una scienza nello specifico: in altre parole, portò a compimento ed in maniera radicale l’idea latente nell’intero intuizionismo matematico di un pensiero creatore, radicalizzando però al tempo stesso anche il pensiero di Brunschvicg, suo maestro, installando la sostanza spinoziana proprio nel processo creativo in quanto tale. Brunschvicg infatti scrisse anche un importante testo su Spinoza, ed è noto come Cavaillès stesso – morto fucilato dai nazisti nel 1944 – si considerasse uno spinozista, e pensasse la resistenza politica una “necessità della ragione”. Bachelard, in una non molto nota ma importante conferenza proprio su Spinoza che prenderemo in esame, legò esplicitamente il pensiero matematico alla Sostanza del filosofo olandese, pensandole entrambe come pensiero-creativo e dotandole di una certa importanza ontologica, capace di descrivere il farsi reale del mondo. La prima tesi del mio lavoro è dunque la seguente: sostengo che i concetti matematici ereditati da Deleuze gli giungessero già filtrati da autori che installarono sul loro background intuizionista una forte matrice spinoziana-spaziale, con il risultato di crearvi all’interno una peculiare polarità concettuale. Da un lato la matematica è un atto intuitivo e creativo nel tempo calibrato sul soggetto (intuizionismo), dall’altro il dispiegarsi di strutture razionali che sottostanno al funzionamento del mondo (neo-razionalismo). Dimostrato questo, lo scopo del mio lavoro è ripercorrere la produzione di Deleuze seguendo l’oscillazione tra questi due poli, che permette di rispondere a molte domande sul cambio di registro dell’autore e, soprattutto, di fare chiarezza sul suo uso della matematica. La mia tesi è che tutta la produzione deleuziana possa venire divisa in tre fasi a partire proprio dall’uso che l’autore fa della matematica: - Abbiamo gli anni sessanta e settanta che, come abbiamo visto, sono vicini allo strutturalismo e hanno un preciso bersaglio politico: il calcolo differenziale fa da padrone, ovverosia la distribuzione della soggettività, la creatività assoluta e impossibile da determinare delle funzioni matematiche (leggibili anche come sperimentazioni politiche): in questo momento, è l’intuizionismo temporale bergsoniano il polo a cui Deleuze si rivolge. - Abbiamo poi gli anni settanta e ottanta, dove il Fuori, il non dicibile, il non visibile, prendono piede. Il linguaggio smette la propria funzione assoluta, com’era invece nel primo momento: qui è la creazione di spazi (basti pensare a Mille Piani, dove il concetto di territorio e di rizoma, e non più di simulacro e di struttura, fungono da cuore del testo) ciò che sembra più premere a Deleuze, al punto da nominare una delle sue opere più importanti, ovvero La piega, con il nome di uno dei concetti chiave della topologia: ovverosia come uno dei sette modelli catastrofici possibili della teoria di Rene Thom. Dall’intuizione temporale, Deleuze scivola verso la costruzione spaziale, concretizzando maggiormente il polo spinoziano. - Nel terzo periodo, quello degli anni ’90, Deleuze fa un ulteriore e straordinario passo in avanti, separando definitivamente la filosofia (che per la prima volta diventa apertamente creazione di concetti riferentesi al piano di immanenza) dalla matematica, che viene inclusa per la prima volta sotto la macrocategoria concettuale delle “scienze”. Questo, a mio parere, mostra come la matematica non sia mai stata sufficiente a Deleuze, che si trova – alla fine della propria vita – a volerla ridurre e a volerla superare, insieme alla filosofia stessa, nell’ottica di una creazione perpetua ed assoluta. Analizzando la terza fase propongo la terza tesi del mio lavoro: la proposta, secondo me, deleuziana di parlare di creazione senza soggetto e senza nemmeno concetto; ovverosia del “cervello” (ultima parte di Che cos’è la filosofia?). Riassumendo, le tesi che sostengo sono principalmente tre: - Mostrare la saldatura storico-concettuale finora lasciata quasi completamente in ombra dalla bibliografia secondaria tra la matematica intuizionista e lo spinozismo; - Mostrare come, in questo concetto “doppio” di una matematica intuizionista-spinozista, Deleuze oscilli lentamente dall’aspetto più temporale (anni 50-60) all’aspetto più spaziale (anni 80-90): dai ruoli della soggettività, alla creazione di spazi, fino alla definizione dello Spazio Assoluto, ovverosia del piano di immanenza, dichiarato apertamente sono nell’ultimo Deleuze. - Proporre un’analisi dell’ultimo Deleuze innovativa: il pensare una creazione che non sia né soggettiva né concettuale: oltre la filosofia, cioè, e oltre il soggetto.
2-dic-2019
Deleuze; Mathematic; Ontology; Spinoza; Bersgon; Leibniz
Filosofia e Matematica in Gilles Deleuze / Colombo, Andrea. - (2019 Dec 02).
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