My research deals with artistic relationships between Italian and Netherlandish art in the middle of fifteenth century. In particular my project focuses on Giovanni Boccati and Antonio di Agostino da Fabriano, two minor artists from the Marche. Despite their origin from this region, often consider as marginal in the history of Renaissance art, they painted some works that are early examples of reception of Flemish ars nova in Italian painting. In 1451 Antonio da Fabriano signed a painting representing Saint Jerome in his study, kept in the Walters Art Museum in Baltimore. This work is clearly influenced by Northern art in the detailed rendering of the scholar’s study and in the idea of the suite of rooms with a window open onto the landscape. The signature is inscribed on the original frame, in the Flemish manner. Painting in the Marche region in the middle of fifteenth century was still characterised by the late gothic style, so the Saint Jerome by Antonio can be compared neither with any other work realized by his contemporaries in the region nor with any other work by Antonio himself. The influence of Flemish art has been soon recognized by scholars, but an exhaustive investigation into Antonio’s artistic sources still lacks. According to Federico Zeri, Antonio was trained in Naples, in very close proximity to Colantonio, a painter inspired by Flemish artists. This idea has been accepted until recent time. On the contrary scholars now suppose that Flemish influence in Antonio’s work has to be related with a stay in Genoa. They have based their conclusion on an evidence given by the erudite Federico Alizeri who pointed out two documents -dated 1447 and 1448- he saw in Genoa State Archive, where an Antonelus the Fabriano pictor appears. Scholars suppose that the author of the Saint Jerome is the same person as Antonelus de Fabriano and they affirm that the artist came into contact with Jan van Eyck’s art in Genoa: some works by the great painter have been commissioned by patrons from this city. Thanks to my researches in Genoa State Archive, I was able to rediscover the document dated 1448 mentioned by Alizeri. Antonio di Agostino appears in the archival documentation of Fabriano only after 1451: this circumstance agree with a residence in Genoa in 1447 and 1448. A stay in this city in the 1440s could account for the evident Flemish influence in his Saint Jerome, because traders from Genoa settled down in Bruges and they were among the first patrons of Jan van Eyck. Anyway, these observations could be misleading, because, despite these relations with the Low Countries, in the middle of XV century painting in Genoa was still mainly influenced by the late gothic Tuscan tradition. Therefore, in my opinion scholars are mistaken by restricting the research of Antonio’s sources just to the Genoese culture. The Saint Jerome presents an Hispano-Flemish character rather than purely Flemish: my research include a study of Hispano-Flemish art in the middle of XV century. Another important work by Antonio da Fabriano reveals a connection with the Iberian Peninsula: I have reconsidered another suggestion by Federico Zeri who supposed that Spanish retablos might have inspired the Dormitio Virginis (Fabriano, Pinacoteca Comunale). In my opinion, these paintings by the Italian artist are expressions of the phenomenon of Mediterranean Renaissance. In addition, archival researches have led to the discover of new documents about Antonio di Agostino and other artists who worked in Fabriano in the second half of the century. Giovanni Boccati was born in Camerino in 1409. In 1435 is documented in Padua and in 1443 he was in Florence as assistant of Filippo Lippi. In 1445 he left Florence for Perugia, where he painted his first documented work, the Madonna del Pergolato (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria). At the beginning of his career, before 1446, he realized some works, the Adoration of the Magi (Helsinki, Ulkomaisen taiteen museo Sinebrychoff) and two Crucifixions (one at Venice, Ca d’Oro, the other at Urbino, Galleria Nazionale delle Marche) that are influenced by Netherlandish art, especially in the landscape. Even if a general assonance with works by van Eyck has been recognized in Boccati’s works, scholars affirm that the painter knew Flemish art through the intermediary of Domenico Veneziano. On the contrary, the aim of my research is to demonstrate that these works reveal a direct connection with Flemish culture, in particular with some “juvenilia” by Jan van Eyck. By the analysis of Giovanni and Antonio’s activity the present work can contribute to the study of artistic exchanges between the North and the South of Europe in the middle of fifteenth century. The early relationships between these artists and the Low Countries involve not only the Marche, but also important Italian artistic centres: Naples, Genoa, Padua, Florence. Finally, the identification of the Northern artistic sources of Antonio da Fabriano and Giovanni Boccati contribute to reconstruct the circulation of Flemish works of art in Southern Europe.

La ricerca verte sulle relazioni artistiche tra l’Italia e i Paesi Bassi alla metà del XV secolo. L’indagine ha preso le mosse dall’analisi degli esordi di due pittori marchigiani, Giovanni Boccati e Antonio da Fabriano. Nonostante la loro provenienza da una regione artistica spesso considerata periferica, alcune opere realizzate da questi pittori tra il quinto e il sesto decennio del secolo costituiscono precoci esempi di ricezione dell’ars nova in Italia. Risale al 1451 l’opera di Antonio da Fabriano che in assoluto è più nota alla critica: la tavola con il San Girolamo nello studio conservata al Walters Art Museum di Baltimora. Il dipinto si caratterizza per lo sguardo analitico con cui è indagato l’ambiente domestico, con il serrato gioco prospettico tra due ambienti che si susseguono, e per il realismo quasi impietoso con cui viene descritta la figura del padre della Chiesa nel suo studio. A quelle date le botteghe fabrianesi erano ancora attestate su uno stile tardogotico e la tavola di Baltimora non trova precedenti nella pittura marchigiana della prima metà del XV secolo. L’opera costituisce dunque un episodio di “fiamminghismo” davvero molto precoce nella regione. L’aspetto nordico del dipinto ha ben presto colpito la critica, suscitando però nel contempo un certo imbarazzo nell’individuazione dei modelli a cui il fabrianese dovette rifarsi. Fu Federico Zeri il primo a tentare di contestualizzare questa vena nordica, ipotizzando per Antonio una formazione a Napoli, accostando il pittore alla cerchia di Colantonio. L’idea di una prima formazione di Antonio da Fabriano nell’Italia Meridionale riscosse un discreto successo, pur senza dar adito a più approfondite ricerche in questo senso. Divenne comunque opinione comune tra gli studiosi che il pittore avesse conosciuto l’arte fiamminga durante un soggiorno fuori dalle Marche, dove alla metà del secolo non c’era ancora alcun sentore delle novità d’oltralpe. Più recentemente la critica ha spostato l’apprendistato artistico di Antonio da Napoli ad un altro centro dove le opere fiamminghe giunsero precocemente, ossia Genova. Questo trapianto del giovane Antonio da Sud a Nord è stato fatto in virtù della notizia della presenza nella città ligure, nel 1447 e 1448, di un Antonelus pictor de Fabriano. È Federigo Alizeri, erudito genovese tra i fondatori della Società Ligure di Storia Patria, a citare nel 1870 due documenti in cui attore sarebbe questo artista fabrianese habitator Ianue. La critica ha quindi identificato l’Antonelus de Fabriano con l’autore del San Girolamo Walters. Mi è stato possibile verificare l’effettiva presenza del pittore in Liguria nel 1448; ritengo tuttavia che occorra maggiore prudenza nel trasformare Antonio da pittore colantoniesco a testimonianza preziosa della ricezione dei modi fiamminghi a Genova. Il San Girolamo rivela infatti una cultura composita e induce a guardare oltre Genova, in direzione della Penisola Iberica, come sembra confermare un’altra importante opera di Antonio, la Dormitio Virginis della Pinacoteca di Fabriano, una tavola complessa da comprendere per formato, funzione e rimandi stilistici, a proposito della quale Federico Zeri parlava di “un modulo frequente nei retablos spagnoli”. L’incrocio di dati stilistici e di dati documentari ha permesso di formulare nuove ipotesi a proposito della formazione di Antonio e di rimarcare come il San Girolamo e la Dormitio Virginis si inseriscano in un contesto di “Rinascimento Mediterraneo.” La ricerca archivistica ha inoltre consentito di arricchire le nostre conoscenze sulla biografia dell’artista, grazie al ritrovamento di nuovi documenti che lo vedono presente a Fabriano. Lo spoglio dell’Archivio Notarile ha riportato inoltre alla luce notizie inedite anche sui pittori suoi contemporanei. La ricostruzione delle vicende artistiche dell’area compresa tra Fabriano e Sanseverino ha pienamente confermato la peculiarità della vicenda artistica di Antonio di Agostino. Le tavole di Giovanni Boccati che abbiamo analizzato costituiscono degli episodi di “fiamminghismo” ancora più precoci. Recenti scoperte documentarie hanno infatti dimostrato che Boccati è un pittore più antico di quanto non si credesse finora: la sua data di nascita va collocata nel 1409 e nel 1435 egli ha già lasciato Camerino per Padova; nel 1443 è a Firenze, dove è documentato come assistente di Filippo Lippi. Nel 1445 risiede a Perugia, dove nel 1447 firma la Madonna del Pergolato, la sua prima opera certa. L’opera costituisce un sicuro terminus ante quem per il contatto tra Boccati e i modelli fiamminghi a cui egli si ispira, che sono alla base degli scomparti della predella. A mio parere questo incontro è però ancor più risalente e deve aver segnato l’esordio pittorico dell’artista. La critica ritiene infatti che la realizzazione delle due Crocifissioni di Urbino (Galleria Nazionale delle Marche) e Venezia (Ca’ d’Oro), e dell’Adorazione dei Magi (Helsinki Ulkomaisen taiteen museo Sinebrychoff) sia precedente alla Pala del Pergolato. Queste tre opere rivelano un bruciante contatto con Jan van Eyck. La ricerca ha dimostrato la molteplicità di specifici rimandi a composizioni fiamminghe presenti nell’opera del camerte, tale da escludere definitivamente una mediazione di Domenico Veneziano in questo senso, un’idea questa ribadita al contrario anche dalla critica più recente. La piena rivalutazione della figura di Boccati, frutto del rinnovato interesse dell’ultimo decennio per la pittura di Camerino, non è servita infatti a sradicato il pregiudizio critico secondo il quale egli non ebbe l’occasione o gli strumenti culturali per attingere direttamente alla pittura del Nord. L’analisi dei modelli nordici che questi artisti videro e l’indagine sul dove e sul come di questo incontro ci permettono di riflesso di arricchire la nostra conoscenza sui modelli stessi e di ricostruire i percorsi seguiti dalle invenzioni dei maestri fiamminghi, in particolare di Jan van Eyck, il primo dei rinnovatori d’oltralpe a riscuotere un grande successo fuori dai Paesi Bassi

Giovanni Boccati e Antonio da Fabriano: un contributo allo studio dei rapporti Italia-Fiandra alla metà del Quattrocento / Caporaletti, Silvia. - (2013 Jan).

Giovanni Boccati e Antonio da Fabriano: un contributo allo studio dei rapporti Italia-Fiandra alla metà del Quattrocento

Caporaletti, Silvia
2013

Abstract

La ricerca verte sulle relazioni artistiche tra l’Italia e i Paesi Bassi alla metà del XV secolo. L’indagine ha preso le mosse dall’analisi degli esordi di due pittori marchigiani, Giovanni Boccati e Antonio da Fabriano. Nonostante la loro provenienza da una regione artistica spesso considerata periferica, alcune opere realizzate da questi pittori tra il quinto e il sesto decennio del secolo costituiscono precoci esempi di ricezione dell’ars nova in Italia. Risale al 1451 l’opera di Antonio da Fabriano che in assoluto è più nota alla critica: la tavola con il San Girolamo nello studio conservata al Walters Art Museum di Baltimora. Il dipinto si caratterizza per lo sguardo analitico con cui è indagato l’ambiente domestico, con il serrato gioco prospettico tra due ambienti che si susseguono, e per il realismo quasi impietoso con cui viene descritta la figura del padre della Chiesa nel suo studio. A quelle date le botteghe fabrianesi erano ancora attestate su uno stile tardogotico e la tavola di Baltimora non trova precedenti nella pittura marchigiana della prima metà del XV secolo. L’opera costituisce dunque un episodio di “fiamminghismo” davvero molto precoce nella regione. L’aspetto nordico del dipinto ha ben presto colpito la critica, suscitando però nel contempo un certo imbarazzo nell’individuazione dei modelli a cui il fabrianese dovette rifarsi. Fu Federico Zeri il primo a tentare di contestualizzare questa vena nordica, ipotizzando per Antonio una formazione a Napoli, accostando il pittore alla cerchia di Colantonio. L’idea di una prima formazione di Antonio da Fabriano nell’Italia Meridionale riscosse un discreto successo, pur senza dar adito a più approfondite ricerche in questo senso. Divenne comunque opinione comune tra gli studiosi che il pittore avesse conosciuto l’arte fiamminga durante un soggiorno fuori dalle Marche, dove alla metà del secolo non c’era ancora alcun sentore delle novità d’oltralpe. Più recentemente la critica ha spostato l’apprendistato artistico di Antonio da Napoli ad un altro centro dove le opere fiamminghe giunsero precocemente, ossia Genova. Questo trapianto del giovane Antonio da Sud a Nord è stato fatto in virtù della notizia della presenza nella città ligure, nel 1447 e 1448, di un Antonelus pictor de Fabriano. È Federigo Alizeri, erudito genovese tra i fondatori della Società Ligure di Storia Patria, a citare nel 1870 due documenti in cui attore sarebbe questo artista fabrianese habitator Ianue. La critica ha quindi identificato l’Antonelus de Fabriano con l’autore del San Girolamo Walters. Mi è stato possibile verificare l’effettiva presenza del pittore in Liguria nel 1448; ritengo tuttavia che occorra maggiore prudenza nel trasformare Antonio da pittore colantoniesco a testimonianza preziosa della ricezione dei modi fiamminghi a Genova. Il San Girolamo rivela infatti una cultura composita e induce a guardare oltre Genova, in direzione della Penisola Iberica, come sembra confermare un’altra importante opera di Antonio, la Dormitio Virginis della Pinacoteca di Fabriano, una tavola complessa da comprendere per formato, funzione e rimandi stilistici, a proposito della quale Federico Zeri parlava di “un modulo frequente nei retablos spagnoli”. L’incrocio di dati stilistici e di dati documentari ha permesso di formulare nuove ipotesi a proposito della formazione di Antonio e di rimarcare come il San Girolamo e la Dormitio Virginis si inseriscano in un contesto di “Rinascimento Mediterraneo.” La ricerca archivistica ha inoltre consentito di arricchire le nostre conoscenze sulla biografia dell’artista, grazie al ritrovamento di nuovi documenti che lo vedono presente a Fabriano. Lo spoglio dell’Archivio Notarile ha riportato inoltre alla luce notizie inedite anche sui pittori suoi contemporanei. La ricostruzione delle vicende artistiche dell’area compresa tra Fabriano e Sanseverino ha pienamente confermato la peculiarità della vicenda artistica di Antonio di Agostino. Le tavole di Giovanni Boccati che abbiamo analizzato costituiscono degli episodi di “fiamminghismo” ancora più precoci. Recenti scoperte documentarie hanno infatti dimostrato che Boccati è un pittore più antico di quanto non si credesse finora: la sua data di nascita va collocata nel 1409 e nel 1435 egli ha già lasciato Camerino per Padova; nel 1443 è a Firenze, dove è documentato come assistente di Filippo Lippi. Nel 1445 risiede a Perugia, dove nel 1447 firma la Madonna del Pergolato, la sua prima opera certa. L’opera costituisce un sicuro terminus ante quem per il contatto tra Boccati e i modelli fiamminghi a cui egli si ispira, che sono alla base degli scomparti della predella. A mio parere questo incontro è però ancor più risalente e deve aver segnato l’esordio pittorico dell’artista. La critica ritiene infatti che la realizzazione delle due Crocifissioni di Urbino (Galleria Nazionale delle Marche) e Venezia (Ca’ d’Oro), e dell’Adorazione dei Magi (Helsinki Ulkomaisen taiteen museo Sinebrychoff) sia precedente alla Pala del Pergolato. Queste tre opere rivelano un bruciante contatto con Jan van Eyck. La ricerca ha dimostrato la molteplicità di specifici rimandi a composizioni fiamminghe presenti nell’opera del camerte, tale da escludere definitivamente una mediazione di Domenico Veneziano in questo senso, un’idea questa ribadita al contrario anche dalla critica più recente. La piena rivalutazione della figura di Boccati, frutto del rinnovato interesse dell’ultimo decennio per la pittura di Camerino, non è servita infatti a sradicato il pregiudizio critico secondo il quale egli non ebbe l’occasione o gli strumenti culturali per attingere direttamente alla pittura del Nord. L’analisi dei modelli nordici che questi artisti videro e l’indagine sul dove e sul come di questo incontro ci permettono di riflesso di arricchire la nostra conoscenza sui modelli stessi e di ricostruire i percorsi seguiti dalle invenzioni dei maestri fiamminghi, in particolare di Jan van Eyck, il primo dei rinnovatori d’oltralpe a riscuotere un grande successo fuori dai Paesi Bassi
gen-2013
My research deals with artistic relationships between Italian and Netherlandish art in the middle of fifteenth century. In particular my project focuses on Giovanni Boccati and Antonio di Agostino da Fabriano, two minor artists from the Marche. Despite their origin from this region, often consider as marginal in the history of Renaissance art, they painted some works that are early examples of reception of Flemish ars nova in Italian painting. In 1451 Antonio da Fabriano signed a painting representing Saint Jerome in his study, kept in the Walters Art Museum in Baltimore. This work is clearly influenced by Northern art in the detailed rendering of the scholar’s study and in the idea of the suite of rooms with a window open onto the landscape. The signature is inscribed on the original frame, in the Flemish manner. Painting in the Marche region in the middle of fifteenth century was still characterised by the late gothic style, so the Saint Jerome by Antonio can be compared neither with any other work realized by his contemporaries in the region nor with any other work by Antonio himself. The influence of Flemish art has been soon recognized by scholars, but an exhaustive investigation into Antonio’s artistic sources still lacks. According to Federico Zeri, Antonio was trained in Naples, in very close proximity to Colantonio, a painter inspired by Flemish artists. This idea has been accepted until recent time. On the contrary scholars now suppose that Flemish influence in Antonio’s work has to be related with a stay in Genoa. They have based their conclusion on an evidence given by the erudite Federico Alizeri who pointed out two documents -dated 1447 and 1448- he saw in Genoa State Archive, where an Antonelus the Fabriano pictor appears. Scholars suppose that the author of the Saint Jerome is the same person as Antonelus de Fabriano and they affirm that the artist came into contact with Jan van Eyck’s art in Genoa: some works by the great painter have been commissioned by patrons from this city. Thanks to my researches in Genoa State Archive, I was able to rediscover the document dated 1448 mentioned by Alizeri. Antonio di Agostino appears in the archival documentation of Fabriano only after 1451: this circumstance agree with a residence in Genoa in 1447 and 1448. A stay in this city in the 1440s could account for the evident Flemish influence in his Saint Jerome, because traders from Genoa settled down in Bruges and they were among the first patrons of Jan van Eyck. Anyway, these observations could be misleading, because, despite these relations with the Low Countries, in the middle of XV century painting in Genoa was still mainly influenced by the late gothic Tuscan tradition. Therefore, in my opinion scholars are mistaken by restricting the research of Antonio’s sources just to the Genoese culture. The Saint Jerome presents an Hispano-Flemish character rather than purely Flemish: my research include a study of Hispano-Flemish art in the middle of XV century. Another important work by Antonio da Fabriano reveals a connection with the Iberian Peninsula: I have reconsidered another suggestion by Federico Zeri who supposed that Spanish retablos might have inspired the Dormitio Virginis (Fabriano, Pinacoteca Comunale). In my opinion, these paintings by the Italian artist are expressions of the phenomenon of Mediterranean Renaissance. In addition, archival researches have led to the discover of new documents about Antonio di Agostino and other artists who worked in Fabriano in the second half of the century. Giovanni Boccati was born in Camerino in 1409. In 1435 is documented in Padua and in 1443 he was in Florence as assistant of Filippo Lippi. In 1445 he left Florence for Perugia, where he painted his first documented work, the Madonna del Pergolato (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria). At the beginning of his career, before 1446, he realized some works, the Adoration of the Magi (Helsinki, Ulkomaisen taiteen museo Sinebrychoff) and two Crucifixions (one at Venice, Ca d’Oro, the other at Urbino, Galleria Nazionale delle Marche) that are influenced by Netherlandish art, especially in the landscape. Even if a general assonance with works by van Eyck has been recognized in Boccati’s works, scholars affirm that the painter knew Flemish art through the intermediary of Domenico Veneziano. On the contrary, the aim of my research is to demonstrate that these works reveal a direct connection with Flemish culture, in particular with some “juvenilia” by Jan van Eyck. By the analysis of Giovanni and Antonio’s activity the present work can contribute to the study of artistic exchanges between the North and the South of Europe in the middle of fifteenth century. The early relationships between these artists and the Low Countries involve not only the Marche, but also important Italian artistic centres: Naples, Genoa, Padua, Florence. Finally, the identification of the Northern artistic sources of Antonio da Fabriano and Giovanni Boccati contribute to reconstruct the circulation of Flemish works of art in Southern Europe.
Giovanni Boccati Antonio da Fabriano Fiandre Quattrocento Ispanofiammingo
Giovanni Boccati e Antonio da Fabriano: un contributo allo studio dei rapporti Italia-Fiandra alla metà del Quattrocento / Caporaletti, Silvia. - (2013 Jan).
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