Despite some experiments have been carried out to investigate dog’s visual cognitive abilities and to study the mechanisms underlying how they promptly modify their behaviour while interacting with humans, it is still not clear to which features of the stimuli they mainly attend when solving a task. In addition to physical proprieties, there are different factors that modulate the saliency of a visual stimulus in dogs, such as the previous experience and training received. To investigate whether during the associative learning some aspects of visual information have different salience during the associative learning and the role played by previous experiences, the project was developed around three independent studies. The purpose of the first study was to assess the visual processing of global and local levels of hierarchical stimuli in domestic dogs. Fourteen dogs were trained to recognise a compound stimulus in a simultaneous conditioned discrimination procedure and were then tested for their local/global preference in a discrimination test. As a group, dogs showed a non-significant trend for global precedence, although large inter-individual variability was observed. Choices in the test were not affected by either dogs’ sex or type of stimulus used for training. However, the less time a dog took to complete the training, the higher the probability that it chose the global level of test stimulus. Moreover, dogs which showed a clear preference for the global level in the test were significantly less likely to show positional responses during discrimination training. These differences in the speed of acquisition and response patterns may reflect individual differences in the cognitive requirements during discrimination training. The individual variability in global/local precedence suggests that experience with using visual information may be more important than predisposition in determining global/local processing in dogs. The second study, composed by two experiments, investigated the relevance of visual stimuli using more complex images: human face pictures. Dogs exhibit characteristic looking patterns when looking at human faces but little is known about what the underlying cognitive mechanisms are and how much these are influenced by individual experience. In Experiment 1, seven dogs were trained in a simultaneous discrimination procedure to assess whether they could discriminate a) the owner’s face parts (eyes, nose or mouth) presented in isolation and b) whole faces where the same parts were covered. Dogs discriminated all the three parts of the owner’s face presented in isolation, but needed fewer sessions to reach the learning criterion for the eyes than for both nose and mouth. Moreover, covering the eyes region significantly disrupted face discriminability compared to the whole face condition while such difference was not found when the nose or mouth was hidden. In Experiment 2, dogs were presented with manipulated images of the owner’s face (inverted, blurred, scrambled, grey-scale) to test the relative contribution of part-based and configural processing in the discrimination of human faces. Furthermore, by comparing the dogs enrolled in the previous experiment and seven ‘naïve’ dogs we examined if the relative contribution of part-based and configural processing was affected by dogs' experience with the face stimuli. Naïve dogs discriminated the owner only when configural information was provided, whereas expert dogs could discriminate the owner also when part-based processing was necessary. The present study provides the first evidence that dogs can discriminate isolated internal features of a human face and corroborate previous reports of salience of the eyes region for human face processing. Although the reliance on part-perception may be increased by specific experience, our findings suggest that human face discrimination by dogs relies mainly on configural rather than on part-based elaboration. For a more applied comprehension of the phenomenon and to understand what happens in a more natural situation, the third study explored the characteristic of dog’s attention to natural visual stimuli (humans) during a training session in which different type of exercises and levels of difficulty were requested. Moreover, the quality and quantity of training dogs had received during their lives was taken into account to investigate a possible influence on their attention to humans. As in the second study, the specific effect of training emerged also in the third. Having received a specific training modified dogs’ attention towards the caregiver. The variation of attention pattern did not emerge in a baseline condition but only when the caregiver asked the dog to perform some obedience exercises evidencing that the training had a very context-related effect. In conclusion, dogs seem to acquire more quickly and spontaneously global/configural information of a visual stimulus and when an effect of previous experience such as training is present, this effect is specific and strictly context-related.

Nonostante alcuni esperimenti abbiano indagato quali siano le abilità cognitive visive del cane ed esplorato i meccanismi alla base della sua prontezza nell’adeguare il comportamento durante l’interazione con l’uomo, non è ancora chiaro a quali caratteristiche degli stimoli visivi i cani prestino maggiore attenzione mentre risolvono un compito. Oltre alle proprietà fisiche, sono molti i fattori che possono modulare la salienza di uno stimolo visivo, come per esempio l’esperienza pregressa e l’addestramento ricevuto. Il presente progetto è stato sviluppato su tre studi indipendenti, al fine di studiare quali aspetti dell’informazione visiva abbiano maggior rilevanza durante l’apprendimento associativo e quale ruolo giochi l’addestramento. Il primo studio ha esplorato le caratteristiche della processazione (globale e locale) di stimoli geometrici gerarchici nel cane domestico. Quattordici cani sono stati addestrati a distinguere uno stimolo composto, applicando una procedura di discriminazione simultanea condizionata e la loro preferenza per il livello locale/globale è stata verificata con un test di discriminazione visiva. Il gruppo di cani ha dimostrato una tendenza non significativa per la precedenza globale, sebbene sia stata riscontrata un’ampia variabilità individuale. Le scelte eseguite durante il test non sono state influenzate nè dal genere dei cani, nè dal tipo di stimolo usato durante l’apprendimento. Tuttavia, minore era il tempo impiegato per completare la fase di apprendimento, maggiore era la probabilità che il cane scegliesse il livello gloable dello stimolo visivo durante il test. Inoltre, i cani che hanno dimostrato una preferenza per il livello globale dello stimolo visivo durante il test hanno manifestato, con minor probabilità, risposte posizionali durante l’apprendimento. Queste differenze, emerse sia nella velocità di apprendimento della procedura che negli schemi di risposta durante il test, potrebbero rispecchiare l’esistenza di prerequisiti cognitivi diversi tra i soggetti. La variabilità individuale, riscontrata nella precedenza globale/locale di processazione, suggerisce che l’esperienza nell’uso delle informazioni visive potrebbe essere più importante della predisposizione nel determinare quale sia la tipologia di processazione (globale/locale) usata dai cani. Il secondo studio, composto da due esperimenti, ha indagato quale sia la rilevanza degli stimoli visivi utilizzando immagini più complesse, ossia fotografie di volti umani. I cani esibiscono schemi di attenzione caratteristici quando guardano i volti umani, però si conosce poco dei meccanismi cognitivi sottostanti e quanto questi siano influenzati dall’esperienza individuale. Nel primo esperimento, sette cani sono stati addestrati applicando una procedura di discriminazione simultanea per verificare che fossero in grado di discriminare: a) le parti del volto del proprietario (occhi, naso o bocca) presentate singolarmente; b) le facce intere dove le stesse parti erano state coperte. I cani sono riusciti a discriminare tutte e tre le parti della faccia del proprietario presentate singolarmente, ma, per gli occhi, hanno avuto bisogno di un minor numero di sessioni per raggiungere il criterio di apprendimento stabilito rispetto a naso e bocca. Inoltre, la discriminabilità dei visi è stata inficiata di più quando la regione degli occhi non era visibile, che non quando erano nascosti naso o bocca. Nel secondo esperimento, per testare il contributo relativo della processaziona basata sulle parti o sulla configurazione nella discriminazione di facce umane, sono state usate delle immagini del viso del proprietario manipolate in diversi modi (invertite, sfuocate, ‘scrambled’ - ossia suddivise in parti e riarrangiate in modo casuale - e in scala di grigi). Inoltre, confrontando i sette cani coinvolti nel primo esperimento con sette cani ‘naïve’ è stato esaminato se il contributo relativo della processazione basata sulle parti o sulla configurazione sia stato influenzato dall’esperienza che hanno avuto i cani con gli stimoli raffiguranti le facce. I cani naïve sono riusciti a discriminare il proprietario solo quando l’informazione configurazionale era conservata, mentre i cani esperti sono riusciti a discriminare il proprietario anche quando era necessario processare le immagini basandosi sulle parti. Questo studio prova, per la prima volta, che i cani riescono a discriminare gli elementi interni di un viso umano presentati singolarmente e conferma la salienza della regione degli occhi per la processazione di facce umane. Sebbene un’esperienza specifica possa incrementare la capacità di basarsi sulla percezione delle parti, i risultati suggeriscono che, nel cane, la discriminazione di volti umani si basa principalmente sull’elaborazione della configurazione che delle parti. Per una comprensione più applicata del fenomeno e per capire cosa succede in un contesto più naturale, il terzo studio ha esplorato le caratteristiche dell’attenzione del cane a stimuli naturali (uomo) durante una sessione di addestramento, in cui era richiesta l’esecuzione di esercizi di diverso tipo e difficoltà. Inoltre, sono state prese in considerazione la quantità e la qualità di addestramento ricevuto nel corso della vita dei soggetti per indagare la loro eventuale influenza sulle caratteristiche dell’attenzione prestata all’uomo. Come emerso anche nel secondo studio, è stato riscontrato un effetto specifico dell’addestramento. Aver ricevuto un addestramento specifico influenza l’attenzione prestata dai cani al proprietario. L’attenzione non è variata, infatti, in una condizione di base, ma solo quando il conduttore ha chiesto al cane di eseguire alcuni esercizi di obbedienza, mettendo in luce che l’addestramento ha avuto un effetto contesto-specifico. Per concludere, dai risultati ottenuti nel corso dei tre esperimenti del progetto, sembra che i cani acquisiscano più velocemente e spontaneamente le informazioni visive globali e configurazionali. Quando è presente un effetto dell’addestramento, questo è specifico e strettamente legato al contesto.

Relevance of visual information for the associative learning in dogs / Pitteri, Elisa. - (2015 Jan 22).

Relevance of visual information for the associative learning in dogs

Pitteri, Elisa
2015

Abstract

Nonostante alcuni esperimenti abbiano indagato quali siano le abilità cognitive visive del cane ed esplorato i meccanismi alla base della sua prontezza nell’adeguare il comportamento durante l’interazione con l’uomo, non è ancora chiaro a quali caratteristiche degli stimoli visivi i cani prestino maggiore attenzione mentre risolvono un compito. Oltre alle proprietà fisiche, sono molti i fattori che possono modulare la salienza di uno stimolo visivo, come per esempio l’esperienza pregressa e l’addestramento ricevuto. Il presente progetto è stato sviluppato su tre studi indipendenti, al fine di studiare quali aspetti dell’informazione visiva abbiano maggior rilevanza durante l’apprendimento associativo e quale ruolo giochi l’addestramento. Il primo studio ha esplorato le caratteristiche della processazione (globale e locale) di stimoli geometrici gerarchici nel cane domestico. Quattordici cani sono stati addestrati a distinguere uno stimolo composto, applicando una procedura di discriminazione simultanea condizionata e la loro preferenza per il livello locale/globale è stata verificata con un test di discriminazione visiva. Il gruppo di cani ha dimostrato una tendenza non significativa per la precedenza globale, sebbene sia stata riscontrata un’ampia variabilità individuale. Le scelte eseguite durante il test non sono state influenzate nè dal genere dei cani, nè dal tipo di stimolo usato durante l’apprendimento. Tuttavia, minore era il tempo impiegato per completare la fase di apprendimento, maggiore era la probabilità che il cane scegliesse il livello gloable dello stimolo visivo durante il test. Inoltre, i cani che hanno dimostrato una preferenza per il livello globale dello stimolo visivo durante il test hanno manifestato, con minor probabilità, risposte posizionali durante l’apprendimento. Queste differenze, emerse sia nella velocità di apprendimento della procedura che negli schemi di risposta durante il test, potrebbero rispecchiare l’esistenza di prerequisiti cognitivi diversi tra i soggetti. La variabilità individuale, riscontrata nella precedenza globale/locale di processazione, suggerisce che l’esperienza nell’uso delle informazioni visive potrebbe essere più importante della predisposizione nel determinare quale sia la tipologia di processazione (globale/locale) usata dai cani. Il secondo studio, composto da due esperimenti, ha indagato quale sia la rilevanza degli stimoli visivi utilizzando immagini più complesse, ossia fotografie di volti umani. I cani esibiscono schemi di attenzione caratteristici quando guardano i volti umani, però si conosce poco dei meccanismi cognitivi sottostanti e quanto questi siano influenzati dall’esperienza individuale. Nel primo esperimento, sette cani sono stati addestrati applicando una procedura di discriminazione simultanea per verificare che fossero in grado di discriminare: a) le parti del volto del proprietario (occhi, naso o bocca) presentate singolarmente; b) le facce intere dove le stesse parti erano state coperte. I cani sono riusciti a discriminare tutte e tre le parti della faccia del proprietario presentate singolarmente, ma, per gli occhi, hanno avuto bisogno di un minor numero di sessioni per raggiungere il criterio di apprendimento stabilito rispetto a naso e bocca. Inoltre, la discriminabilità dei visi è stata inficiata di più quando la regione degli occhi non era visibile, che non quando erano nascosti naso o bocca. Nel secondo esperimento, per testare il contributo relativo della processaziona basata sulle parti o sulla configurazione nella discriminazione di facce umane, sono state usate delle immagini del viso del proprietario manipolate in diversi modi (invertite, sfuocate, ‘scrambled’ - ossia suddivise in parti e riarrangiate in modo casuale - e in scala di grigi). Inoltre, confrontando i sette cani coinvolti nel primo esperimento con sette cani ‘naïve’ è stato esaminato se il contributo relativo della processazione basata sulle parti o sulla configurazione sia stato influenzato dall’esperienza che hanno avuto i cani con gli stimoli raffiguranti le facce. I cani naïve sono riusciti a discriminare il proprietario solo quando l’informazione configurazionale era conservata, mentre i cani esperti sono riusciti a discriminare il proprietario anche quando era necessario processare le immagini basandosi sulle parti. Questo studio prova, per la prima volta, che i cani riescono a discriminare gli elementi interni di un viso umano presentati singolarmente e conferma la salienza della regione degli occhi per la processazione di facce umane. Sebbene un’esperienza specifica possa incrementare la capacità di basarsi sulla percezione delle parti, i risultati suggeriscono che, nel cane, la discriminazione di volti umani si basa principalmente sull’elaborazione della configurazione che delle parti. Per una comprensione più applicata del fenomeno e per capire cosa succede in un contesto più naturale, il terzo studio ha esplorato le caratteristiche dell’attenzione del cane a stimuli naturali (uomo) durante una sessione di addestramento, in cui era richiesta l’esecuzione di esercizi di diverso tipo e difficoltà. Inoltre, sono state prese in considerazione la quantità e la qualità di addestramento ricevuto nel corso della vita dei soggetti per indagare la loro eventuale influenza sulle caratteristiche dell’attenzione prestata all’uomo. Come emerso anche nel secondo studio, è stato riscontrato un effetto specifico dell’addestramento. Aver ricevuto un addestramento specifico influenza l’attenzione prestata dai cani al proprietario. L’attenzione non è variata, infatti, in una condizione di base, ma solo quando il conduttore ha chiesto al cane di eseguire alcuni esercizi di obbedienza, mettendo in luce che l’addestramento ha avuto un effetto contesto-specifico. Per concludere, dai risultati ottenuti nel corso dei tre esperimenti del progetto, sembra che i cani acquisiscano più velocemente e spontaneamente le informazioni visive globali e configurazionali. Quando è presente un effetto dell’addestramento, questo è specifico e strettamente legato al contesto.
22-gen-2015
Despite some experiments have been carried out to investigate dog’s visual cognitive abilities and to study the mechanisms underlying how they promptly modify their behaviour while interacting with humans, it is still not clear to which features of the stimuli they mainly attend when solving a task. In addition to physical proprieties, there are different factors that modulate the saliency of a visual stimulus in dogs, such as the previous experience and training received. To investigate whether during the associative learning some aspects of visual information have different salience during the associative learning and the role played by previous experiences, the project was developed around three independent studies. The purpose of the first study was to assess the visual processing of global and local levels of hierarchical stimuli in domestic dogs. Fourteen dogs were trained to recognise a compound stimulus in a simultaneous conditioned discrimination procedure and were then tested for their local/global preference in a discrimination test. As a group, dogs showed a non-significant trend for global precedence, although large inter-individual variability was observed. Choices in the test were not affected by either dogs’ sex or type of stimulus used for training. However, the less time a dog took to complete the training, the higher the probability that it chose the global level of test stimulus. Moreover, dogs which showed a clear preference for the global level in the test were significantly less likely to show positional responses during discrimination training. These differences in the speed of acquisition and response patterns may reflect individual differences in the cognitive requirements during discrimination training. The individual variability in global/local precedence suggests that experience with using visual information may be more important than predisposition in determining global/local processing in dogs. The second study, composed by two experiments, investigated the relevance of visual stimuli using more complex images: human face pictures. Dogs exhibit characteristic looking patterns when looking at human faces but little is known about what the underlying cognitive mechanisms are and how much these are influenced by individual experience. In Experiment 1, seven dogs were trained in a simultaneous discrimination procedure to assess whether they could discriminate a) the owner’s face parts (eyes, nose or mouth) presented in isolation and b) whole faces where the same parts were covered. Dogs discriminated all the three parts of the owner’s face presented in isolation, but needed fewer sessions to reach the learning criterion for the eyes than for both nose and mouth. Moreover, covering the eyes region significantly disrupted face discriminability compared to the whole face condition while such difference was not found when the nose or mouth was hidden. In Experiment 2, dogs were presented with manipulated images of the owner’s face (inverted, blurred, scrambled, grey-scale) to test the relative contribution of part-based and configural processing in the discrimination of human faces. Furthermore, by comparing the dogs enrolled in the previous experiment and seven ‘naïve’ dogs we examined if the relative contribution of part-based and configural processing was affected by dogs' experience with the face stimuli. Naïve dogs discriminated the owner only when configural information was provided, whereas expert dogs could discriminate the owner also when part-based processing was necessary. The present study provides the first evidence that dogs can discriminate isolated internal features of a human face and corroborate previous reports of salience of the eyes region for human face processing. Although the reliance on part-perception may be increased by specific experience, our findings suggest that human face discrimination by dogs relies mainly on configural rather than on part-based elaboration. For a more applied comprehension of the phenomenon and to understand what happens in a more natural situation, the third study explored the characteristic of dog’s attention to natural visual stimuli (humans) during a training session in which different type of exercises and levels of difficulty were requested. Moreover, the quality and quantity of training dogs had received during their lives was taken into account to investigate a possible influence on their attention to humans. As in the second study, the specific effect of training emerged also in the third. Having received a specific training modified dogs’ attention towards the caregiver. The variation of attention pattern did not emerge in a baseline condition but only when the caregiver asked the dog to perform some obedience exercises evidencing that the training had a very context-related effect. In conclusion, dogs seem to acquire more quickly and spontaneously global/configural information of a visual stimulus and when an effect of previous experience such as training is present, this effect is specific and strictly context-related.
dog, visual cognition, training, associative learning, global precedence, configural processing
Relevance of visual information for the associative learning in dogs / Pitteri, Elisa. - (2015 Jan 22).
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