The research starts from a social constructionist theoretical framework, using some of the contributions of symbolic interactionism, ethnography and phenomenology, drawing also from the theory of mutual recognition. The relations between the migrants, belonging to the mental health centers and the operators themselves were considered, focussing on: the first contact, the reception space, the definition of the disease from both sides, the beginning of the career of the patient and the start of the therapeutic relationship. In agreement with the theoretical background and supported by in-field experiences, representations and definitions of the subject, the methodological approach is qualitative: the quantitative data provide a frame of the present phenomenon, and refer to the influx of migrants to a service in Padua and in Camposampiero. The qualitative methodology followed the ethno-historical-sociological approach and the narrative approach, using survey instruments such as ethnographic observation, biographical interviews with the migrants and semi-structured interviews with service operators. The narrative approach in this research holds an important function: it gives voice to the subjects, freeing them from the diagnostic categories, in which they are imprisoned. It allows to pick up and (re) construct the sense of a reality that becomes the history of multiple memberships , a path, which is part of a collective history, not just an individual one. The results offer an interesting picture on the relationship between two different provinces of meaning, between worlds and roles, which are different and in dynamic relationship, including the request for care and healing, and the response, which is sometimes inadequate. They also suggest the opportunity to move towards a capacity that allows to "stay within the boundaries," entering into relation and suspending judgment, giving up part of the securities offered by western medicine, opening up to new forms of narration of illness and healing, and flexibility in the times and spaces of care. The research shows the need to accept the ambivalence as a typical feature of the status of migration and mental illness in migration, as well as attention to transnationalism. Indeed, transnationalism emerges in the practice of nursing, in the choice to turn to the clinic, in the confidence in the doctor and in the acceptance to follow the course of treatment. The meanings from the research indicate also the possibility of using the categories and ideas that emerged also in clinical practice with native patients, and raise some questions, which pave the way for future research

La ricerca muove da una cornice teorica socio-costruzionista, utilizzando alcuni contributi dell’interazionismo simbolico, dell’etnografia e della fenomenologia, attingendo inoltre alla teoria del riconoscimento reciproco Sono state prese in esame le modalità di relazione tra migranti che afferiscono ai centri di salute mentale e gli operatori stessi, in particolare come avviene il primo contatto, spazio deputato all’accoglienza, alla definizione della malattia da entrambe le parti, all’inizio della carriera di paziente e all’avvio della relazione terapeutica . In accordo con le premesse teoriche e l’attenzione ai vissuti, rappresentazioni e definizioni della persona, il percorso metodologico è di tipo qualitativo: i dati quantitativi presenti offrono una cornice del fenomeno, e si riferiscono all’affluenza dei migranti presso un servizio di Padova e uno di Camposampiero. La metodologia qualitativa ha seguito l’approccio etno-storico-sociologico e l’approccio narrativo, utilizzando quali strumenti d’indagine l’osservazione etnografica, le interviste biografiche di migranti e le interviste semistrutturate a operatori dei servizi. L’approccio narrativo assume in questa ricerca una funzione importante, che nasce dalla possibilità di dare voce alle soggettività, liberandole dalle categorie diagnostiche in cui sono imprigionate e permettendo di raccogliere e (ri) costruire il senso di una realtà che diventa storia di appartenenze multiple, e di un percorso che non è più solo individuale, ma è parte di una storia collettiva. I risultati permettono di offrire un quadro interessante sulle modalità di relazione tra due diverse province di significato , tra mondi e ruoli diversi e in movimento, tra una richiesta di cura e guarigione e una risposta non sempre corrispondente. Suggeriscono inoltre l’opportunità di orientarsi verso una capacità che permetta di “stare nei confini”, entrando in relazione sospendendo il giudizio, rinunciando in parte alle sicurezze offerte dalla medicina occidentale, aprendosi a nuove forme di narrazione della malattia e della guarigione, e a una flessibilità nei tempi e negli spazi di cura. Dalla ricerca emerge inoltre la necessità di accogliere la dimensione dell’ambivalenza come tipica della situazione di migrazione e di malattia mentale nella migrazione, oltre ad un’attenzione al transnazionalismo, che riaffiora anche nelle pratiche di cura, nella scelta di rivolgersi all’ambulatorio, nella fiducia riposta nel medico e nell’accettazione di seguire il percorso terapeutico. I significati emersi dalla ricerca inoltre, indicano la possibilità di utilizzare le categorie e le riflessioni emerse anche nella pratica clinica con i pazienti autoctoni, e generano alcune domande che aprono la strada a ricerche future.

Vivere, narrare, nominare la malattia mentale: l'incontro tra l'esperienza migratoria e i servizi socio-sanitari / Piasentini, Anna. - (2014 Jul 30).

Vivere, narrare, nominare la malattia mentale: l'incontro tra l'esperienza migratoria e i servizi socio-sanitari

Piasentini, Anna
2014

Abstract

La ricerca muove da una cornice teorica socio-costruzionista, utilizzando alcuni contributi dell’interazionismo simbolico, dell’etnografia e della fenomenologia, attingendo inoltre alla teoria del riconoscimento reciproco Sono state prese in esame le modalità di relazione tra migranti che afferiscono ai centri di salute mentale e gli operatori stessi, in particolare come avviene il primo contatto, spazio deputato all’accoglienza, alla definizione della malattia da entrambe le parti, all’inizio della carriera di paziente e all’avvio della relazione terapeutica . In accordo con le premesse teoriche e l’attenzione ai vissuti, rappresentazioni e definizioni della persona, il percorso metodologico è di tipo qualitativo: i dati quantitativi presenti offrono una cornice del fenomeno, e si riferiscono all’affluenza dei migranti presso un servizio di Padova e uno di Camposampiero. La metodologia qualitativa ha seguito l’approccio etno-storico-sociologico e l’approccio narrativo, utilizzando quali strumenti d’indagine l’osservazione etnografica, le interviste biografiche di migranti e le interviste semistrutturate a operatori dei servizi. L’approccio narrativo assume in questa ricerca una funzione importante, che nasce dalla possibilità di dare voce alle soggettività, liberandole dalle categorie diagnostiche in cui sono imprigionate e permettendo di raccogliere e (ri) costruire il senso di una realtà che diventa storia di appartenenze multiple, e di un percorso che non è più solo individuale, ma è parte di una storia collettiva. I risultati permettono di offrire un quadro interessante sulle modalità di relazione tra due diverse province di significato , tra mondi e ruoli diversi e in movimento, tra una richiesta di cura e guarigione e una risposta non sempre corrispondente. Suggeriscono inoltre l’opportunità di orientarsi verso una capacità che permetta di “stare nei confini”, entrando in relazione sospendendo il giudizio, rinunciando in parte alle sicurezze offerte dalla medicina occidentale, aprendosi a nuove forme di narrazione della malattia e della guarigione, e a una flessibilità nei tempi e negli spazi di cura. Dalla ricerca emerge inoltre la necessità di accogliere la dimensione dell’ambivalenza come tipica della situazione di migrazione e di malattia mentale nella migrazione, oltre ad un’attenzione al transnazionalismo, che riaffiora anche nelle pratiche di cura, nella scelta di rivolgersi all’ambulatorio, nella fiducia riposta nel medico e nell’accettazione di seguire il percorso terapeutico. I significati emersi dalla ricerca inoltre, indicano la possibilità di utilizzare le categorie e le riflessioni emerse anche nella pratica clinica con i pazienti autoctoni, e generano alcune domande che aprono la strada a ricerche future.
30-lug-2014
The research starts from a social constructionist theoretical framework, using some of the contributions of symbolic interactionism, ethnography and phenomenology, drawing also from the theory of mutual recognition. The relations between the migrants, belonging to the mental health centers and the operators themselves were considered, focussing on: the first contact, the reception space, the definition of the disease from both sides, the beginning of the career of the patient and the start of the therapeutic relationship. In agreement with the theoretical background and supported by in-field experiences, representations and definitions of the subject, the methodological approach is qualitative: the quantitative data provide a frame of the present phenomenon, and refer to the influx of migrants to a service in Padua and in Camposampiero. The qualitative methodology followed the ethno-historical-sociological approach and the narrative approach, using survey instruments such as ethnographic observation, biographical interviews with the migrants and semi-structured interviews with service operators. The narrative approach in this research holds an important function: it gives voice to the subjects, freeing them from the diagnostic categories, in which they are imprisoned. It allows to pick up and (re) construct the sense of a reality that becomes the history of multiple memberships , a path, which is part of a collective history, not just an individual one. The results offer an interesting picture on the relationship between two different provinces of meaning, between worlds and roles, which are different and in dynamic relationship, including the request for care and healing, and the response, which is sometimes inadequate. They also suggest the opportunity to move towards a capacity that allows to "stay within the boundaries," entering into relation and suspending judgment, giving up part of the securities offered by western medicine, opening up to new forms of narration of illness and healing, and flexibility in the times and spaces of care. The research shows the need to accept the ambivalence as a typical feature of the status of migration and mental illness in migration, as well as attention to transnationalism. Indeed, transnationalism emerges in the practice of nursing, in the choice to turn to the clinic, in the confidence in the doctor and in the acceptance to follow the course of treatment. The meanings from the research indicate also the possibility of using the categories and ideas that emerged also in clinical practice with native patients, and raise some questions, which pave the way for future research
salute mentale / mental health; centri di salute mentale / mental health centers; migrazione / migration; riconoscimento / recognition; nominare / naming; narrative / narratives; storie di vita / story of life;
Vivere, narrare, nominare la malattia mentale: l'incontro tra l'esperienza migratoria e i servizi socio-sanitari / Piasentini, Anna. - (2014 Jul 30).
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