In Italy the small number of studies about prison, and especially about prison officers, could preclude, not only to researchers but also to many other people involved in this social context, the tools to understand and interpret the prison world, a world that is very complex and various. The aim of this research is to study the prison officers world using a multi-methods approach. Firstly with a survey focused on the prison officers’ opinion about their working environment (the Multidimensional Organization Health Questionnaire – MOHQ - was distributed to the officers that were working in the nine Veneto’s prisons). Secondly with an ethnography, made in the Padua’s casa di reclusione, focused on the interpersonal relationship inside prison and on the main features of prison officers tasks. Survey results’ highlighted that prison officers judged positively the role and tasks clarity inside prison, the communication sharing, the problem solving efficiency, the availability and the communication among colleagues. Furthermore, conflicts among prison officers seems to be very low. These positive aspect are counterbalanced by some negative ones: the environmental comfort and security, the openness to innovation and the opportunities offered by the job. To be a prison officer is even considered an hard work, especially from the “mental” standpoint. From the analysis of variance (ANOVA) emerged how some variables can influence the prison officers judgments. These variables are: prison type, age, the length of the service, the rank, the typology of the working hour, the amount of time passed together with prisoners, the amount of working hour made each weeks and the belonging to the “reparto” or the “nucleo traduzione piantonamenti”. Survey’s results was useful to decide what to study during the ethnography. From the study of the relationship among colleagues, a topic that was judged positively in the survey, emerged that professional solidarity is very important in this job. This solidarity must be shown to colleagues everyday and seems to be stronger among those that share a lot of time together doing the most dangerous and problematic task. Prison officers-prisoners relationship seems to be based on some strong prejudices from the former to the latter. Prisoners are blamed and stigmatized for their crimes and their condemnations. They are considered “calculating” and “selfish individuals” that always try to take advantage of any goodwill shown by staff and by volunteers. It seems that most of the prison officers see prisoners in this way, contributing to construct the “prison officers’ common sense”, a specific, taken-for-granted and a-critically accepted way of seeing the prison world. This attitude towards prisoners push prison officers to be “always on the alert”, in order to be always ready and careful. This is particularly true for those that work in the detention wings, the places where prisoners’ frustrations and sufferings are higher. In the detention wings the main prison officers’ tasks are: the control of the prisoners and the control of their cells in order to avoid escapes, attempted suicides and other critical episodes; the management of the prisoners’ movements from the wings to other places inside prison; the management of the entry of volunteers or other staff members inside the wing; the communication with the colleagues that work in other places of the prison; the management of the many prisoners’ requests and problems. It is through prisoners’ control and management that prison officers try to keep order inside prison. An order that is always negotiated and precarious.

In Italia la scarsa presenza di studi relativi al contesto penitenziario ed in particolar modo agli operatori di polizia penitenziaria rappresenta un aspetto problematico che può precludere ai ricercatori, ma non solo, gli strumenti adatti per comprendere ed interpretare un mondo tanto complesso e variegato quale il carcere. Obiettivo della ricerca svolta è stato quello di studiare il mondo del personale di polizia penitenziaria e per farlo abbiamo seguito un percorso multi-metodo. In primo luogo un’inchiesta censuaria che si è concentrata sull’opinione degli operatori circa il proprio ambiente lavorativo (al personale dei nove istituti di pena del veneto è stato somministrato il questionario multidimensionale della salute organizzativa - MOHQ). In secondo luogo un’etnografia, svolta presso la casa di reclusione di Padova, che si è focalizzata sulle relazioni interpersonali all’interno del carcere e sulle caratteristiche del lavoro del personale. I risultati dell’inchiesta censuaria hanno evidenziato come il personale giudichi in maniera positiva la chiarezza dei ruoli e dei compiti, l’accesso alle informazioni utili per il proprio lavoro quotidiano, l’efficienza nel risolvere i problemi, la disponibilità e la collaborazione fra colleghi. La conflittualità fra il personale appare, inoltre, decisamente contenuta. A fare da contraltare a questi giudizi positivi ce ne sono altri di tipo negativo: il comfort e la sicurezza ambientale, l’apertura all’innovazione e le opportunità offerte dal lavoro. Il lavoro è considerato, inoltre, particolarmente faticoso, soprattutto da un punto di vista “mentale” piuttosto che “fisico”. Dall’analisi della varianza (ANOVA) è emerso come alcune variabili ricoprano un ruolo molto importante nell’orientare i giudizi del personale di polizia penitenziaria. Tra queste variabili ricordiamo la tipologia di istituto (casa circondariale, casa di reclusione), l’età anagrafica, l’anzianità di servizio, la qualifica, la tipologia dell’orario di lavoro (turni/lavoro svolto sempre nello stesso orario), la quantità di tempo lavorativo passato a stretto contatto con i detenuti, l’ammontare di ore settimanali lavorative che mediamente un operatore svolge e, infine, l’appartenenza al reparto o al nucleo traduzioni piantonamenti. I risultati di questa prima fase ci hanno dato delle informazioni particolarmente utili che hanno indirizzato i focus d’indagine dell’etnografia. Nell’analizzare i rapporti fra colleghi, che sono stati giudicati particolarmente positivi nel corso dell’indagine censuaria, è emerso come la solidarietà di corpo sia particolarmente importante fra gli operatori di polizia penitenziaria. Una solidarietà che va dimostrata giorno dopo giorno e che pare rafforzarsi soprattutto fra coloro che condividono molto tempo assieme svolgendo le mansioni maggiormente delicate e problematiche. Il rapporto fra personale e detenuti pare essere basato, invece, su dei profondi pregiudizi da parte dei primi nei confronti dei secondi. I detenuti vengono biasimati e stigmatizzati per il reato che hanno commesso, considerati “furbi” ed “opportunisti”, sempre pronti a trarre dei vantaggi e benefici da qualsiasi occasione. Questo modo di vedere i detenuti pare essere condiviso dalla maggior parte degli agenti e sembra andare a costruire quello che potremmo chiamare “il senso comune degli operatori penitenziari”, un modo, cioè, di guardare al mondo carcerario dato per scontato ed accettato acriticamente. Tale modo di porsi nei confronti della popolazione ristretta spinge inevitabilmente il personale a dover “stare sempre all’erta”, sempre pronto ed attento. Ciò risulta particolarmente evidente per gli operatori che prestano servizio presso le sezioni detentive, quelle aree, cioè, dove si catalizzano maggiormente le sofferenze e le frustrazioni dei detenuti. Presso le sezioni detentive i principali compiti del personale sono: controllare i detenuti attraverso la conta, la battitura delle celle e le perquisizioni a campione; gestire i movimenti dei detenuti presso altre aree del carcere; gestire gli ingressi in sezione delle altre figure professionali e dei volontari; comunicare con le altre aree del carcere; gestire le numerose richieste e lamentele dei detenuti. Controllo e gestione della popolazione reclusa rappresentano modalità attraverso le quali il personale cerca di mantenere l’ordine all’interno degli istituti. Un ordine spesso precario e negoziato, perennemente in “bilico”, il cui equilibrio va trovato attraverso una serie di piccoli aggiustamenti quotidiani.

Lavorare in carcere. Uno studio sul personale di polizia penitenziaria / Maculan, Alessandro. - (2015).

Lavorare in carcere. Uno studio sul personale di polizia penitenziaria

Maculan, Alessandro
2015

Abstract

In Italia la scarsa presenza di studi relativi al contesto penitenziario ed in particolar modo agli operatori di polizia penitenziaria rappresenta un aspetto problematico che può precludere ai ricercatori, ma non solo, gli strumenti adatti per comprendere ed interpretare un mondo tanto complesso e variegato quale il carcere. Obiettivo della ricerca svolta è stato quello di studiare il mondo del personale di polizia penitenziaria e per farlo abbiamo seguito un percorso multi-metodo. In primo luogo un’inchiesta censuaria che si è concentrata sull’opinione degli operatori circa il proprio ambiente lavorativo (al personale dei nove istituti di pena del veneto è stato somministrato il questionario multidimensionale della salute organizzativa - MOHQ). In secondo luogo un’etnografia, svolta presso la casa di reclusione di Padova, che si è focalizzata sulle relazioni interpersonali all’interno del carcere e sulle caratteristiche del lavoro del personale. I risultati dell’inchiesta censuaria hanno evidenziato come il personale giudichi in maniera positiva la chiarezza dei ruoli e dei compiti, l’accesso alle informazioni utili per il proprio lavoro quotidiano, l’efficienza nel risolvere i problemi, la disponibilità e la collaborazione fra colleghi. La conflittualità fra il personale appare, inoltre, decisamente contenuta. A fare da contraltare a questi giudizi positivi ce ne sono altri di tipo negativo: il comfort e la sicurezza ambientale, l’apertura all’innovazione e le opportunità offerte dal lavoro. Il lavoro è considerato, inoltre, particolarmente faticoso, soprattutto da un punto di vista “mentale” piuttosto che “fisico”. Dall’analisi della varianza (ANOVA) è emerso come alcune variabili ricoprano un ruolo molto importante nell’orientare i giudizi del personale di polizia penitenziaria. Tra queste variabili ricordiamo la tipologia di istituto (casa circondariale, casa di reclusione), l’età anagrafica, l’anzianità di servizio, la qualifica, la tipologia dell’orario di lavoro (turni/lavoro svolto sempre nello stesso orario), la quantità di tempo lavorativo passato a stretto contatto con i detenuti, l’ammontare di ore settimanali lavorative che mediamente un operatore svolge e, infine, l’appartenenza al reparto o al nucleo traduzioni piantonamenti. I risultati di questa prima fase ci hanno dato delle informazioni particolarmente utili che hanno indirizzato i focus d’indagine dell’etnografia. Nell’analizzare i rapporti fra colleghi, che sono stati giudicati particolarmente positivi nel corso dell’indagine censuaria, è emerso come la solidarietà di corpo sia particolarmente importante fra gli operatori di polizia penitenziaria. Una solidarietà che va dimostrata giorno dopo giorno e che pare rafforzarsi soprattutto fra coloro che condividono molto tempo assieme svolgendo le mansioni maggiormente delicate e problematiche. Il rapporto fra personale e detenuti pare essere basato, invece, su dei profondi pregiudizi da parte dei primi nei confronti dei secondi. I detenuti vengono biasimati e stigmatizzati per il reato che hanno commesso, considerati “furbi” ed “opportunisti”, sempre pronti a trarre dei vantaggi e benefici da qualsiasi occasione. Questo modo di vedere i detenuti pare essere condiviso dalla maggior parte degli agenti e sembra andare a costruire quello che potremmo chiamare “il senso comune degli operatori penitenziari”, un modo, cioè, di guardare al mondo carcerario dato per scontato ed accettato acriticamente. Tale modo di porsi nei confronti della popolazione ristretta spinge inevitabilmente il personale a dover “stare sempre all’erta”, sempre pronto ed attento. Ciò risulta particolarmente evidente per gli operatori che prestano servizio presso le sezioni detentive, quelle aree, cioè, dove si catalizzano maggiormente le sofferenze e le frustrazioni dei detenuti. Presso le sezioni detentive i principali compiti del personale sono: controllare i detenuti attraverso la conta, la battitura delle celle e le perquisizioni a campione; gestire i movimenti dei detenuti presso altre aree del carcere; gestire gli ingressi in sezione delle altre figure professionali e dei volontari; comunicare con le altre aree del carcere; gestire le numerose richieste e lamentele dei detenuti. Controllo e gestione della popolazione reclusa rappresentano modalità attraverso le quali il personale cerca di mantenere l’ordine all’interno degli istituti. Un ordine spesso precario e negoziato, perennemente in “bilico”, il cui equilibrio va trovato attraverso una serie di piccoli aggiustamenti quotidiani.
2015
In Italy the small number of studies about prison, and especially about prison officers, could preclude, not only to researchers but also to many other people involved in this social context, the tools to understand and interpret the prison world, a world that is very complex and various. The aim of this research is to study the prison officers world using a multi-methods approach. Firstly with a survey focused on the prison officers’ opinion about their working environment (the Multidimensional Organization Health Questionnaire – MOHQ - was distributed to the officers that were working in the nine Veneto’s prisons). Secondly with an ethnography, made in the Padua’s casa di reclusione, focused on the interpersonal relationship inside prison and on the main features of prison officers tasks. Survey results’ highlighted that prison officers judged positively the role and tasks clarity inside prison, the communication sharing, the problem solving efficiency, the availability and the communication among colleagues. Furthermore, conflicts among prison officers seems to be very low. These positive aspect are counterbalanced by some negative ones: the environmental comfort and security, the openness to innovation and the opportunities offered by the job. To be a prison officer is even considered an hard work, especially from the “mental” standpoint. From the analysis of variance (ANOVA) emerged how some variables can influence the prison officers judgments. These variables are: prison type, age, the length of the service, the rank, the typology of the working hour, the amount of time passed together with prisoners, the amount of working hour made each weeks and the belonging to the “reparto” or the “nucleo traduzione piantonamenti”. Survey’s results was useful to decide what to study during the ethnography. From the study of the relationship among colleagues, a topic that was judged positively in the survey, emerged that professional solidarity is very important in this job. This solidarity must be shown to colleagues everyday and seems to be stronger among those that share a lot of time together doing the most dangerous and problematic task. Prison officers-prisoners relationship seems to be based on some strong prejudices from the former to the latter. Prisoners are blamed and stigmatized for their crimes and their condemnations. They are considered “calculating” and “selfish individuals” that always try to take advantage of any goodwill shown by staff and by volunteers. It seems that most of the prison officers see prisoners in this way, contributing to construct the “prison officers’ common sense”, a specific, taken-for-granted and a-critically accepted way of seeing the prison world. This attitude towards prisoners push prison officers to be “always on the alert”, in order to be always ready and careful. This is particularly true for those that work in the detention wings, the places where prisoners’ frustrations and sufferings are higher. In the detention wings the main prison officers’ tasks are: the control of the prisoners and the control of their cells in order to avoid escapes, attempted suicides and other critical episodes; the management of the prisoners’ movements from the wings to other places inside prison; the management of the entry of volunteers or other staff members inside the wing; the communication with the colleagues that work in other places of the prison; the management of the many prisoners’ requests and problems. It is through prisoners’ control and management that prison officers try to keep order inside prison. An order that is always negotiated and precarious.
Sociologia del carcere; polizia penitenziaria; etnografia in carcere Prison studies; Prison officers; Prison ethnography
Lavorare in carcere. Uno studio sul personale di polizia penitenziaria / Maculan, Alessandro. - (2015).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3424714
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