The saturated and unsaturated zones deeper than a few meters from the surface are difficult to study using traditional hydrogeological techniques alone (conventional soil/water sampling, in-situ test, laboratory measurements): these techniques are invasive, can modify water circulation and may provide too sparse information about subsurface processes, due to the localized and limited nature of their dataset (based on few boreholes). This is the reason why non-conventional methods are gaining popularity; in particular, a key role is played by geophysical methods: they may provide 2D/3D information (both on the subsurface spatial structures - static information - and on the fluid presence and motion - dynamic information), are non-invasive (or minimally invasive), cost-effective, and faster than traditional hydrological techniques. The most commonly applied techniques are: electrical resistivity tomography (ERT), both from the surface and in boreholes and ground penetrating radar (GPR), again in surface and borehole applications. A wide range of hydrological and hydrogeological objectives may be achieved by geophysical methodologies. These objectives can be categorized into three important areas: 1) hydrogeological mapping, 2) hydrological parameter estimation, and 3) hydrological process monitoring. The first area (hydrogeological mapping) aims to define aquifer and aquitard geometry, water table level, fault and fracture zones, and fresh-salt water interfaces. Hydraulic conductivity K (i.e. the most important hydrological parameters) is largely controlled by the heterogeneity of the subsurface; therefore, the delineation of geological structures (paleo-channels, fractures, aquitards and aquicludes), that may constitute or not preferential flow paths becomes highly important in the characterization of the shallow subsurface. The second area (hydrological parameter estimation) concerns the quantitative approaches used to estimate water content, water quality, volumetric-effective parameters. In order to translate the geophysical data into information of hydrological use, two approaches in particular can be adopted: a. empirical relationships can be used to link measurable geophysical quantities (e.g. electrical resistivity or permittivity) directly to hydrological parameters (e.g. hydraulic conductivity); b. geophysical quantities are translated into hydrological quantities (e.g. moisture content or solute concentration) that are used in turn to calibrate hydrological models and determine hydrological parameters. The first approach is typical of early applications and is often of limited value due to inconsistent assumptions. The second approach (and the most common nowadays, also applied in this study) is conceptually more robust: it recognizes that hydrological parameters are defined by hydrological constitutive models and cannot be measured via techniques that are not based on the same physical–mathematical equations. The third area (hydrological process monitoring) consists of imaging subsurface property changes, caused by natural or forced processes. Time-lapse measurements (i.e. data re-acquired in the same place at different times) image the dynamic transformations and have therefore the possibility of investigating the flow and transport processes acting in the shallow subsurface. The data shown here concern the results obtained by this hydrogeophysic approach at three different (in terms of static and dynamic properties) experimental sites: the first two sites are both located in North-Eastern Italy (Veneto Region), in a water works well field near Valdobbiadene (Treviso) and in a natural reserve near Villaverla (Vicenza); the third pilot field is placed in a contaminated area in the northern part of the city of Trento (Trentino – Alto Adige Region), also known as “Trento-Nord” site. The three case - studies proved to be successful examples of the application of boreholes and surface geophysical techniques to support conventional hydrogeological and environmental methods, in the present case represented by saline tracer tests, in complex environments. The ERT surveys yielded important results in this sense, ERT being very sensitive to conductivity contrasts at depth and thus ranking as a powerful tool in studying subsurface dynamics; however, some difficult aspects related to data collection, inversion and interpretation have to be considered. We performed different pilot-scale tests to gain some general insight into the quality of information that can or cannot be retrieved by such an integrated application.

Come ormai noto, lo studio dei processi idrogeologici sub-superficiali risulta essere fortemente limitato qualora allo scopo si utilizzino esclusivamente tecniche idrogeologiche di tipo tradizionale (campionamento suoli/acque da foro, test in-situ, misure di laboratorio): tali tecniche hanno, infatti, sempre mostrato forti restrizioni in tale ambito, principalmente a causa della natura locale delle misure e dal disturbo indotto sui campioni, oltre che dal numero necessariamente vincolato di dati ottenibili. Queste le ragioni tali per cui metodi di tipo non convenzionale stanno acquisendo sempre più popolarità nell’ambito dello studio dei principali processi che interessano la zona satura e la zona insatura del sottosuolo; tra questi metodi, un ruolo di fondamentale importanza è in particolare giocato dalle tecniche di prospezione geofisica. I metodi geofisici si rivelano, infatti, molto utili in quanto, oltre ad avere carattere non invasivo (o minimamente invasivo) ed essere versatili e relativamente economici, hanno la capacità di descrivere due aspetti del mezzo indagato: aspetti statici, ovvero quelli che non variano nel tempo, legati principalmente alle caratteristiche geometriche e alle proprietà fisico-chimiche del mezzo; aspetti dinamici, che variano nel tempo in risposta ai cambiamenti nel grado di saturazione e nella chimica dei fluidi che attraversano il mezzo. Come testimoniato dalla recente letteratura reperibile in materia, le tecniche geofisiche più comunemente applicate ai fini di cui sopra sono: la tecnica di Tomografia di Resistività Elettrica (ERT), applicata sia da superficie sia da foro, e il metodo del Ground Penetrating Radar (GPR), anche in tal caso sia da superficie sia da foro. Gli obiettivi perseguibili nello studio delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche dei sistemi sub-superficiali mediante l’applicazione delle tecniche di tipo geofisico sono vari, tuttavia suddivisibili in tre principali categorie: 1) mappatura dei sistemi idrogeologici, 2) stima dei parametri idrologici, 3) monitoraggio dei processi idrologici. La prima area (mappatura dei sistemi idrogeologici) persegue come scopi principali la definizione e caratterizzazione geometrica di acquiferi e acquitardi, l’individuazione ad ampia scala della profondità cui si attesta il livello freatico, la delineazione di zone di faglia e fratture, nonché la delimitazione dei limiti di interfaccia acqua dolce/acqua salata. Il parametro di conducibilità idraulica K (il quale risulta essere la variabile più importante negli studi idrogeologici) è fortemente controllato dalle eterogeneità che caratterizzano il sottosuolo; un’idonea rappresentazione delle strutture sepolte (paleo-alvei, fratture, acquitardi e acquicludi), le quali possono costituire percorsi di flusso preferenziale o ostacoli a quest’ultimo, diviene quindi essere di fondamentale importanza per la caratterizzazione del sottosuolo. La seconda area (stima dei parametri idrologici) riguarda l’approccio qualitativo e/o quantitativo utilizzato ai fini della stima dei parametri idrogeologici dei mezzi in esame. A tal fine, è possibile adottare due approcci differenti, in altre parole: a. collegare quantità geofisiche misurabili (e.g. resistività elettrica o permittività dielettrica) a parametri idrologici fondamentali (e.g. conducibilità idraulica) mediante relazioni dirette (di tipo empirico); b. tradurre quantità geofisiche misurabili (e.g. resistività elettrica, velocità sismica, permittività dielettrica) in quantità idrologiche (e.g. contenuto idrico nel non saturo, concentrazione di soluti nel saturo) utili alla calibrazione di opportuni modelli di flusso o di trasporto e, successivamente, a partire da questi procedere alla stima quantitativa dei parametri di interesse (e.g. conducibilità idraulica). Il primo approccia ritrova le prime applicazioni già a partire dagli anni ’80, mostrando tuttavia deboli risultati, soprattutto a causa del carattere limitativo di alcune assunzioni teoriche di base. Il secondo approccio (attualmente il più utilizzato) risulta essere, invece, concettualmente più robusto, in quanto riconosce il fatto che determinati parametri idrologici sono definiti unicamente sulla base di modelli costitutivi e non possono essere misurati mediante tecniche geofisiche (i.e. mediante tecniche basate su equazioni fisico-matematiche di natura diversa), neppure in maniera indiretta; dall’altro lato sottolinea che determinate altre quantità idrologiche, ovvero quelle definibili solo in termini di massa o di volume, tra le quali il contenuto idrico nel non saturo (i.e. il rapporto tra volume dell’acqua e volume totale del mezzo) e la concentrazione di soluti nel saturo, meglio si prestano ad essere determinate mediante le procedure geofisiche, in quanto direttamente correlabili alle quantità fisiche elementari da queste ultime misurate. La terza area (monitoraggio dei processi idrologici) consiste infine nella mappatura delle variazioni delle proprietà del sottosuolo nel tempo, ovvero delle variazioni causate da processi naturali o forzati. Le misure geofisiche in time-lapse (i.e. misure che prevedono l’acquisizione reiterata di dati nella stessa posizione spaziale ma ad istanti di tempo differenti) permettono lo studio delle trasformazioni dinamiche che interessano i mezzi in esame e quindi offrono la possibilità di investigare sui processi di flusso e di trasporto che agiscono nei primi metri al di sotto della superficie terrestre. I dati mostrati nel presente lavoro si riferiscono ai risultati ottenuti applicando tale approccio idrogeofisico in tre differenti siti sperimentali (in termini di proprietà statiche e dinamiche): i primi due siti sono entrambi collocati nell’Italia Nord – Orientale, all’interno della Regione Veneto, in particolare il primo all’interno del campo pozzi di Valdobbiadene (Treviso), il secondo nella riserva naturale di Villaverla (Vicenza); il terzo campo pilota è invece posto in un’area contaminata a nord della città di Trento (Regione Trentino – Alto-Adige), nota anche con il nome di “Area Trento – Nord”. I tre casi di studio di cui sopra si presentano come validi esempi di applicazione di tecniche di Tomografia di Resistività Elettrica da foro e da superficie a supporto di metodi idrogeologico/ambientali di tipo convenzionale, in questo caso rappresentati dalle prove con tracciante salino. La tecnica ERT ha mostrato, infatti, ottimi risultati in tale ambito nei vari siti sperimentali, essendo questa estremamente sensibile alle variazioni di conducibilità elettrica in profondità e quindi divenendo un importante strumento conoscitivo per le dinamiche sub superficiali; nel presente lavoro saranno tuttavia messi in luce anche aspetti negativi relativi a problematiche legate alla modalità di acquisizione, inversione e interpretazione dei dati ERT. Lo scopo principale del presente studio è di mettere in luce la qualità delle informazioni che possono o non possono essere ottenute da suddette procedure integrate.

Time-lapse electrical resistivity tomography for the dynamic characterization of hydrogeological systems / Perri, Maria Teresa. - (2012 Jan 30).

Time-lapse electrical resistivity tomography for the dynamic characterization of hydrogeological systems

Perri, Maria Teresa
2012

Abstract

Come ormai noto, lo studio dei processi idrogeologici sub-superficiali risulta essere fortemente limitato qualora allo scopo si utilizzino esclusivamente tecniche idrogeologiche di tipo tradizionale (campionamento suoli/acque da foro, test in-situ, misure di laboratorio): tali tecniche hanno, infatti, sempre mostrato forti restrizioni in tale ambito, principalmente a causa della natura locale delle misure e dal disturbo indotto sui campioni, oltre che dal numero necessariamente vincolato di dati ottenibili. Queste le ragioni tali per cui metodi di tipo non convenzionale stanno acquisendo sempre più popolarità nell’ambito dello studio dei principali processi che interessano la zona satura e la zona insatura del sottosuolo; tra questi metodi, un ruolo di fondamentale importanza è in particolare giocato dalle tecniche di prospezione geofisica. I metodi geofisici si rivelano, infatti, molto utili in quanto, oltre ad avere carattere non invasivo (o minimamente invasivo) ed essere versatili e relativamente economici, hanno la capacità di descrivere due aspetti del mezzo indagato: aspetti statici, ovvero quelli che non variano nel tempo, legati principalmente alle caratteristiche geometriche e alle proprietà fisico-chimiche del mezzo; aspetti dinamici, che variano nel tempo in risposta ai cambiamenti nel grado di saturazione e nella chimica dei fluidi che attraversano il mezzo. Come testimoniato dalla recente letteratura reperibile in materia, le tecniche geofisiche più comunemente applicate ai fini di cui sopra sono: la tecnica di Tomografia di Resistività Elettrica (ERT), applicata sia da superficie sia da foro, e il metodo del Ground Penetrating Radar (GPR), anche in tal caso sia da superficie sia da foro. Gli obiettivi perseguibili nello studio delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche dei sistemi sub-superficiali mediante l’applicazione delle tecniche di tipo geofisico sono vari, tuttavia suddivisibili in tre principali categorie: 1) mappatura dei sistemi idrogeologici, 2) stima dei parametri idrologici, 3) monitoraggio dei processi idrologici. La prima area (mappatura dei sistemi idrogeologici) persegue come scopi principali la definizione e caratterizzazione geometrica di acquiferi e acquitardi, l’individuazione ad ampia scala della profondità cui si attesta il livello freatico, la delineazione di zone di faglia e fratture, nonché la delimitazione dei limiti di interfaccia acqua dolce/acqua salata. Il parametro di conducibilità idraulica K (il quale risulta essere la variabile più importante negli studi idrogeologici) è fortemente controllato dalle eterogeneità che caratterizzano il sottosuolo; un’idonea rappresentazione delle strutture sepolte (paleo-alvei, fratture, acquitardi e acquicludi), le quali possono costituire percorsi di flusso preferenziale o ostacoli a quest’ultimo, diviene quindi essere di fondamentale importanza per la caratterizzazione del sottosuolo. La seconda area (stima dei parametri idrologici) riguarda l’approccio qualitativo e/o quantitativo utilizzato ai fini della stima dei parametri idrogeologici dei mezzi in esame. A tal fine, è possibile adottare due approcci differenti, in altre parole: a. collegare quantità geofisiche misurabili (e.g. resistività elettrica o permittività dielettrica) a parametri idrologici fondamentali (e.g. conducibilità idraulica) mediante relazioni dirette (di tipo empirico); b. tradurre quantità geofisiche misurabili (e.g. resistività elettrica, velocità sismica, permittività dielettrica) in quantità idrologiche (e.g. contenuto idrico nel non saturo, concentrazione di soluti nel saturo) utili alla calibrazione di opportuni modelli di flusso o di trasporto e, successivamente, a partire da questi procedere alla stima quantitativa dei parametri di interesse (e.g. conducibilità idraulica). Il primo approccia ritrova le prime applicazioni già a partire dagli anni ’80, mostrando tuttavia deboli risultati, soprattutto a causa del carattere limitativo di alcune assunzioni teoriche di base. Il secondo approccio (attualmente il più utilizzato) risulta essere, invece, concettualmente più robusto, in quanto riconosce il fatto che determinati parametri idrologici sono definiti unicamente sulla base di modelli costitutivi e non possono essere misurati mediante tecniche geofisiche (i.e. mediante tecniche basate su equazioni fisico-matematiche di natura diversa), neppure in maniera indiretta; dall’altro lato sottolinea che determinate altre quantità idrologiche, ovvero quelle definibili solo in termini di massa o di volume, tra le quali il contenuto idrico nel non saturo (i.e. il rapporto tra volume dell’acqua e volume totale del mezzo) e la concentrazione di soluti nel saturo, meglio si prestano ad essere determinate mediante le procedure geofisiche, in quanto direttamente correlabili alle quantità fisiche elementari da queste ultime misurate. La terza area (monitoraggio dei processi idrologici) consiste infine nella mappatura delle variazioni delle proprietà del sottosuolo nel tempo, ovvero delle variazioni causate da processi naturali o forzati. Le misure geofisiche in time-lapse (i.e. misure che prevedono l’acquisizione reiterata di dati nella stessa posizione spaziale ma ad istanti di tempo differenti) permettono lo studio delle trasformazioni dinamiche che interessano i mezzi in esame e quindi offrono la possibilità di investigare sui processi di flusso e di trasporto che agiscono nei primi metri al di sotto della superficie terrestre. I dati mostrati nel presente lavoro si riferiscono ai risultati ottenuti applicando tale approccio idrogeofisico in tre differenti siti sperimentali (in termini di proprietà statiche e dinamiche): i primi due siti sono entrambi collocati nell’Italia Nord – Orientale, all’interno della Regione Veneto, in particolare il primo all’interno del campo pozzi di Valdobbiadene (Treviso), il secondo nella riserva naturale di Villaverla (Vicenza); il terzo campo pilota è invece posto in un’area contaminata a nord della città di Trento (Regione Trentino – Alto-Adige), nota anche con il nome di “Area Trento – Nord”. I tre casi di studio di cui sopra si presentano come validi esempi di applicazione di tecniche di Tomografia di Resistività Elettrica da foro e da superficie a supporto di metodi idrogeologico/ambientali di tipo convenzionale, in questo caso rappresentati dalle prove con tracciante salino. La tecnica ERT ha mostrato, infatti, ottimi risultati in tale ambito nei vari siti sperimentali, essendo questa estremamente sensibile alle variazioni di conducibilità elettrica in profondità e quindi divenendo un importante strumento conoscitivo per le dinamiche sub superficiali; nel presente lavoro saranno tuttavia messi in luce anche aspetti negativi relativi a problematiche legate alla modalità di acquisizione, inversione e interpretazione dei dati ERT. Lo scopo principale del presente studio è di mettere in luce la qualità delle informazioni che possono o non possono essere ottenute da suddette procedure integrate.
30-gen-2012
The saturated and unsaturated zones deeper than a few meters from the surface are difficult to study using traditional hydrogeological techniques alone (conventional soil/water sampling, in-situ test, laboratory measurements): these techniques are invasive, can modify water circulation and may provide too sparse information about subsurface processes, due to the localized and limited nature of their dataset (based on few boreholes). This is the reason why non-conventional methods are gaining popularity; in particular, a key role is played by geophysical methods: they may provide 2D/3D information (both on the subsurface spatial structures - static information - and on the fluid presence and motion - dynamic information), are non-invasive (or minimally invasive), cost-effective, and faster than traditional hydrological techniques. The most commonly applied techniques are: electrical resistivity tomography (ERT), both from the surface and in boreholes and ground penetrating radar (GPR), again in surface and borehole applications. A wide range of hydrological and hydrogeological objectives may be achieved by geophysical methodologies. These objectives can be categorized into three important areas: 1) hydrogeological mapping, 2) hydrological parameter estimation, and 3) hydrological process monitoring. The first area (hydrogeological mapping) aims to define aquifer and aquitard geometry, water table level, fault and fracture zones, and fresh-salt water interfaces. Hydraulic conductivity K (i.e. the most important hydrological parameters) is largely controlled by the heterogeneity of the subsurface; therefore, the delineation of geological structures (paleo-channels, fractures, aquitards and aquicludes), that may constitute or not preferential flow paths becomes highly important in the characterization of the shallow subsurface. The second area (hydrological parameter estimation) concerns the quantitative approaches used to estimate water content, water quality, volumetric-effective parameters. In order to translate the geophysical data into information of hydrological use, two approaches in particular can be adopted: a. empirical relationships can be used to link measurable geophysical quantities (e.g. electrical resistivity or permittivity) directly to hydrological parameters (e.g. hydraulic conductivity); b. geophysical quantities are translated into hydrological quantities (e.g. moisture content or solute concentration) that are used in turn to calibrate hydrological models and determine hydrological parameters. The first approach is typical of early applications and is often of limited value due to inconsistent assumptions. The second approach (and the most common nowadays, also applied in this study) is conceptually more robust: it recognizes that hydrological parameters are defined by hydrological constitutive models and cannot be measured via techniques that are not based on the same physical–mathematical equations. The third area (hydrological process monitoring) consists of imaging subsurface property changes, caused by natural or forced processes. Time-lapse measurements (i.e. data re-acquired in the same place at different times) image the dynamic transformations and have therefore the possibility of investigating the flow and transport processes acting in the shallow subsurface. The data shown here concern the results obtained by this hydrogeophysic approach at three different (in terms of static and dynamic properties) experimental sites: the first two sites are both located in North-Eastern Italy (Veneto Region), in a water works well field near Valdobbiadene (Treviso) and in a natural reserve near Villaverla (Vicenza); the third pilot field is placed in a contaminated area in the northern part of the city of Trento (Trentino – Alto Adige Region), also known as “Trento-Nord” site. The three case - studies proved to be successful examples of the application of boreholes and surface geophysical techniques to support conventional hydrogeological and environmental methods, in the present case represented by saline tracer tests, in complex environments. The ERT surveys yielded important results in this sense, ERT being very sensitive to conductivity contrasts at depth and thus ranking as a powerful tool in studying subsurface dynamics; however, some difficult aspects related to data collection, inversion and interpretation have to be considered. We performed different pilot-scale tests to gain some general insight into the quality of information that can or cannot be retrieved by such an integrated application.
ERT, electrical resistivity tomography, tracer test, hydrogeology
Time-lapse electrical resistivity tomography for the dynamic characterization of hydrogeological systems / Perri, Maria Teresa. - (2012 Jan 30).
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