Pier Paolo Pasolini, undoubtedly one of the foremost literary and intellectual figures of our time, has been subjected to a somewhat misguided assessment of his oeuvre. It is a criticism which forces the eclectic poet into too rigid a category, which has from the outset discarded or at best undervalued not just multiple readings of his work but also his artistic innovations. After a remarkable period of indifference there has been a revival of interest in this writer which can be seen by the increasing number of publications which often confuse biography with literature and favour the former without any particular reason and neglect the merits of the writings themselves. It is therefore with a need to revaluate aspects of Pasolini’s work, liberating it from misconceived interpretations, that this paper will look at the recognition of the theme of the barbarian, or better the “marvellous barbarian” as Pasolini himself describes it, in the lyric and narrative, linking this directly to the writing itself and avoiding any preconceived ideas. This research has its roots in the famous study by Fabien S. Gérard published in 1981, Pasolini ou le mythe de la barbarie, which surveys Pasolini’s cinematic work. Without negating the importance of the barbarian in the films and how this is thematically revealed in its cinematic interpretation, it is necessary to go travel backwards before the history of cinema itself. The aim of this work is to reassess Pasolini’s multifaceted universe of the barbarian examining the poetical and narrative (not the dialectal) body of work which includes the interrelationship between the different artistic forms blended together, the numerous essays, reviews and when necessary the transcriptions of the screenplays and theatrical texts spanning the period between 1950 to 1975. It is between this period that the works are enriched and they renew the “simple” primitivism of Friuli, without being restricted to the periphery of Rome. In order not to betray Pasolini’s intentions it has been better to proceed taking two parallel courses. Firstly, the works of the writers Pasolini mentions himself or alludes to have been read. From this emerges a rich array of interesting personalities and literary tastes, ranging from the decadent and Dionysian influences which go on through the more mature work with its sensitivity towards the fascination of the irrational (mainly Rimbaud and Kavafis) including the ancient poverty of Belli, Tommaseo with his “exquisite coarseness”, as well as the inspirational muse, Morante, the mystery of Banti’s Godoari and Vico’s impressions and the magisterial influences of Leopardi. Furthermore, the opportunity to have access to Pasolini’s personal library, his workshop, preserved in Rome by his heir Graziella Chiarcossi has turned out to be essential for a real comparison between what he had read and his own created works. This type of research has proved to be fascinating because of the care Pasolini took in writing his own marginalia on the essays he was reading and based on this it has been possible to make connections between essays and literature. The anthropological passion, able to capture very well the sense of the primitive, wild and ancestral is reshaped by Pasolini according to the necessities of literature. A great part of this work has attempted to examine the motifs of the barbarian in a concrete and objective manner as it appears in Pasolini’s oeuvre, even starting from the etymology of the word. In this way a large amount of heterogeneous material has been put into a cohesive form and separated into the main themes which are the terminology chosen by the author from the exoticism of some lexical tessere to particular “manias” able to express the yearning for regression, up to the compilation of a “Pasolini Bestiary”; the language and its forms both verbal and of the body; Africa as a symbol of all the Souths of the world and finally the barbarian as a symbol of rebellion against the usual forms of literary expression, by means of new forms of communication. Examining his oeuvre from these perspectives, besides allowing one to address questions still open, has shown the reoccurring theme of the barbarian over time and in unimaginable variations which reveal an organic dimension, oxymoronically flowing with a dualism, positive and negative, of meanings. This has allowed one to read Pasolini’s writing in a refreshing way throwing new insights into the texts which have still much to reveal.

La figura di Pier Paolo Pasolini, di sicuro rilevo nel panorama letterario e intellettuale della nostra contemporaneità, è stata accompagnata da uno strano destino per quanto concerne la critica, che nasce già matura: l’immediata conseguenza di questa precocità è stata la costrizione dell’eclettico poeta dentro paradigmi interpretativi troppo rigidi che, spesso, hanno aprioristicamente scartato o sottovalutato non solo prospettive diverse di lettura dell’opera, ma anche capitoli innovativi della creazione artistica. Dopo periodi di notevole indifferenza, il rinnovato e fervido interesse per lo scrittore, osservato negli ultimi anni, ha prodotto un aumento esponenziale delle pubblicazioni, che sovente hanno confuso biografia e letteratura, e il voler a tutti i costi privilegiare senza ragione alcuna la prima, ha trascurato la concretezza delle parole. Nell’esigenza di una generale rivalutazione dell’opera pasoliniana, liberata da fuorvianti categorie interpretative, il presente lavoro desidera procedere a una ricognizione del tema del barbaro – o meglio, del «meraviglioso barbaro» così come ce lo descrive Pasolini stesso – nella lirica e nella narrativa, dentro l’alveo di quegli studi che si legano in modo indissolubile alla scrittura, senza lasciarsi condizionare da formule stereotipate. La ricerca ha le sue premesse in un noto studio di Fabien S. Gérard uscito nel 1981, Pasolini ou le mythe de la barbarie, che circoscrive il campo di indagine al solo ambito cinematografico. Senza negare quanto la rappresentazione della barbarie sia viva nei film e che una fase cruciale della tematizzazione del barbaro si rilevi nel momento della conversione cinematografica, si è manifestato necessario compiere un percorso a ritroso perché, appunto, il fascino arcaico del barbaro è anteriore alla magia della pellicola. Il lavoro ambisce, dunque, a ricomporre, nella sua colorata varietà, l’universo barbaro di Pasolini con un’analisi sul corpus poetico e narrativo (non dialettale) – a cui si sono affiancate, tenuto conto dell’osmosi che intercorre tra le diverse forme artistiche in cui si è cimentato, le innumerevoli pagine saggistiche, le recensioni e, quando necessario, le trascrizioni delle sceneggiature e i testi teatrali – compreso nell’arco cronologico che si estende dal 1950 al 1975: è in questo intervello temporale che la riflessione si arricchisce, con nuovi contributi al “semplice” primitivismo friulano e, nel contempo, senza rinchiudersi nel perimetro dell’inferno della Roma periferica. La volontà di non tradire gli intenti dell’autore, ha consigliato di procedere a un recupero delle fonti pasoliniane attraverso due strade parallele. Come prima cosa, si sono interrogati i testi, con un lavoro sui nomi citati o che si potevano chiaramente intuire, da cui è emersa una galleria ricca di personalità e di gusti letterari: dai primi influssi decadenti e dionisiaci che si protrarranno fin dentro gli esiti più maturi con la loro spiccata sensibilità verso il fascino dell’irrazionale e la felicità delle origini (sopra tutti Rimbaud e Kavafis), sino a comprendere la miseria arcaica del Belli, Tommaseo con la sua «rozzezza squisita», per poi approdare all’ispiratrice Morante, al mistero dei Godoari della Banti, alle suggestioni vichiane e agli apporti, anche in questo ambito, del magistero leopardiano. Inoltre, la possibilità di visionare la biblioteca personale di Pasolini, conservata a Roma dall’erede Graziella Chiarcossi, ha consentito di entrare nell’officina dello scrittore che si è dimostrata essenziale per un confronto reale tra testi letti e opera. Questo tipo di ricerca, qui al suo stadio aurorale, si è rivelata di massimo interesse; vista la cura pasoliniana nell’ “imprimere” la propria curiosità e interesse sulle pagine dei volumi saggistici, è stata fatta una selezione tra questi e si è istituito un rapporto diretto – testimoniato da un apparato iconografico – tra letteratura e saggi. In particolare, le passioni antropologiche, per loro natura in grado di catturare molto bene il senso del primitivo, del selvaggio e dell’ancestrale, vengono plasmate da Pasolini a guisa delle esigenze della letteratura. Poiché un tema, così quello del barbaro, lo si suppone, si è quindi voluto riservare una corposa parte del lavoro all’individuazione nell’opera – presa nella nuda oggettività – di motivi concreti legati alla sfera del barbaro, a partire dagli spunti offerti dall’etimo della parola. In questo modo, la grande quantità di materiale eterogeneo ha trovato un ordine, con l’individuazione degli argomenti principali: le pure scelte terminologiche operate dall’autore, dall’esotismo di alcune tessere lessicali, a particolari “manie” descrittive capaci di esprimere l’anelo alla regressione, sino alla compilazione di un “bestiario pasoliniano”; il linguaggio e le sue forme, quelle verbali insieme a quelle del corpo; l’Africa come simbolo di tutti i Sud del mondo; e infine il barbaro inteso come esigenza di ribellione alle usuali forme di espressione letteraria per ricercare, mediante lo straniamento stilistico, nuove possibilità di comunicazione. Lo scandagliare l’opera con questi presupposti, oltre a permettere di entrare in questioni interpretative ancora aperte, ha evidenziato la persistenza del tema del barbaro nel tempo e nelle variazioni più impensabili: esso mostra una sotterranea dimensione organica che vive, si radica sempre più evolvendosi, in un ossimorico e sempre nuovo dualismo di significati, positivo e negativo. Questo ha permesso di entrare nei testi con una prospettiva nuova che vorrebbe dare ossigeno alla scrittura di Pasolini, che ha ancora molto da regalare.

«Come un Barbaro indecifrabile»: il tema del barbaro nella poesia e nella narrativa di Pasolini (1950-1975) / Grandelis, Alessandra. - (2009 Jan).

«Come un Barbaro indecifrabile»: il tema del barbaro nella poesia e nella narrativa di Pasolini (1950-1975)

Grandelis, Alessandra
2009

Abstract

La figura di Pier Paolo Pasolini, di sicuro rilevo nel panorama letterario e intellettuale della nostra contemporaneità, è stata accompagnata da uno strano destino per quanto concerne la critica, che nasce già matura: l’immediata conseguenza di questa precocità è stata la costrizione dell’eclettico poeta dentro paradigmi interpretativi troppo rigidi che, spesso, hanno aprioristicamente scartato o sottovalutato non solo prospettive diverse di lettura dell’opera, ma anche capitoli innovativi della creazione artistica. Dopo periodi di notevole indifferenza, il rinnovato e fervido interesse per lo scrittore, osservato negli ultimi anni, ha prodotto un aumento esponenziale delle pubblicazioni, che sovente hanno confuso biografia e letteratura, e il voler a tutti i costi privilegiare senza ragione alcuna la prima, ha trascurato la concretezza delle parole. Nell’esigenza di una generale rivalutazione dell’opera pasoliniana, liberata da fuorvianti categorie interpretative, il presente lavoro desidera procedere a una ricognizione del tema del barbaro – o meglio, del «meraviglioso barbaro» così come ce lo descrive Pasolini stesso – nella lirica e nella narrativa, dentro l’alveo di quegli studi che si legano in modo indissolubile alla scrittura, senza lasciarsi condizionare da formule stereotipate. La ricerca ha le sue premesse in un noto studio di Fabien S. Gérard uscito nel 1981, Pasolini ou le mythe de la barbarie, che circoscrive il campo di indagine al solo ambito cinematografico. Senza negare quanto la rappresentazione della barbarie sia viva nei film e che una fase cruciale della tematizzazione del barbaro si rilevi nel momento della conversione cinematografica, si è manifestato necessario compiere un percorso a ritroso perché, appunto, il fascino arcaico del barbaro è anteriore alla magia della pellicola. Il lavoro ambisce, dunque, a ricomporre, nella sua colorata varietà, l’universo barbaro di Pasolini con un’analisi sul corpus poetico e narrativo (non dialettale) – a cui si sono affiancate, tenuto conto dell’osmosi che intercorre tra le diverse forme artistiche in cui si è cimentato, le innumerevoli pagine saggistiche, le recensioni e, quando necessario, le trascrizioni delle sceneggiature e i testi teatrali – compreso nell’arco cronologico che si estende dal 1950 al 1975: è in questo intervello temporale che la riflessione si arricchisce, con nuovi contributi al “semplice” primitivismo friulano e, nel contempo, senza rinchiudersi nel perimetro dell’inferno della Roma periferica. La volontà di non tradire gli intenti dell’autore, ha consigliato di procedere a un recupero delle fonti pasoliniane attraverso due strade parallele. Come prima cosa, si sono interrogati i testi, con un lavoro sui nomi citati o che si potevano chiaramente intuire, da cui è emersa una galleria ricca di personalità e di gusti letterari: dai primi influssi decadenti e dionisiaci che si protrarranno fin dentro gli esiti più maturi con la loro spiccata sensibilità verso il fascino dell’irrazionale e la felicità delle origini (sopra tutti Rimbaud e Kavafis), sino a comprendere la miseria arcaica del Belli, Tommaseo con la sua «rozzezza squisita», per poi approdare all’ispiratrice Morante, al mistero dei Godoari della Banti, alle suggestioni vichiane e agli apporti, anche in questo ambito, del magistero leopardiano. Inoltre, la possibilità di visionare la biblioteca personale di Pasolini, conservata a Roma dall’erede Graziella Chiarcossi, ha consentito di entrare nell’officina dello scrittore che si è dimostrata essenziale per un confronto reale tra testi letti e opera. Questo tipo di ricerca, qui al suo stadio aurorale, si è rivelata di massimo interesse; vista la cura pasoliniana nell’ “imprimere” la propria curiosità e interesse sulle pagine dei volumi saggistici, è stata fatta una selezione tra questi e si è istituito un rapporto diretto – testimoniato da un apparato iconografico – tra letteratura e saggi. In particolare, le passioni antropologiche, per loro natura in grado di catturare molto bene il senso del primitivo, del selvaggio e dell’ancestrale, vengono plasmate da Pasolini a guisa delle esigenze della letteratura. Poiché un tema, così quello del barbaro, lo si suppone, si è quindi voluto riservare una corposa parte del lavoro all’individuazione nell’opera – presa nella nuda oggettività – di motivi concreti legati alla sfera del barbaro, a partire dagli spunti offerti dall’etimo della parola. In questo modo, la grande quantità di materiale eterogeneo ha trovato un ordine, con l’individuazione degli argomenti principali: le pure scelte terminologiche operate dall’autore, dall’esotismo di alcune tessere lessicali, a particolari “manie” descrittive capaci di esprimere l’anelo alla regressione, sino alla compilazione di un “bestiario pasoliniano”; il linguaggio e le sue forme, quelle verbali insieme a quelle del corpo; l’Africa come simbolo di tutti i Sud del mondo; e infine il barbaro inteso come esigenza di ribellione alle usuali forme di espressione letteraria per ricercare, mediante lo straniamento stilistico, nuove possibilità di comunicazione. Lo scandagliare l’opera con questi presupposti, oltre a permettere di entrare in questioni interpretative ancora aperte, ha evidenziato la persistenza del tema del barbaro nel tempo e nelle variazioni più impensabili: esso mostra una sotterranea dimensione organica che vive, si radica sempre più evolvendosi, in un ossimorico e sempre nuovo dualismo di significati, positivo e negativo. Questo ha permesso di entrare nei testi con una prospettiva nuova che vorrebbe dare ossigeno alla scrittura di Pasolini, che ha ancora molto da regalare.
gen-2009
Pier Paolo Pasolini, undoubtedly one of the foremost literary and intellectual figures of our time, has been subjected to a somewhat misguided assessment of his oeuvre. It is a criticism which forces the eclectic poet into too rigid a category, which has from the outset discarded or at best undervalued not just multiple readings of his work but also his artistic innovations. After a remarkable period of indifference there has been a revival of interest in this writer which can be seen by the increasing number of publications which often confuse biography with literature and favour the former without any particular reason and neglect the merits of the writings themselves. It is therefore with a need to revaluate aspects of Pasolini’s work, liberating it from misconceived interpretations, that this paper will look at the recognition of the theme of the barbarian, or better the “marvellous barbarian” as Pasolini himself describes it, in the lyric and narrative, linking this directly to the writing itself and avoiding any preconceived ideas. This research has its roots in the famous study by Fabien S. Gérard published in 1981, Pasolini ou le mythe de la barbarie, which surveys Pasolini’s cinematic work. Without negating the importance of the barbarian in the films and how this is thematically revealed in its cinematic interpretation, it is necessary to go travel backwards before the history of cinema itself. The aim of this work is to reassess Pasolini’s multifaceted universe of the barbarian examining the poetical and narrative (not the dialectal) body of work which includes the interrelationship between the different artistic forms blended together, the numerous essays, reviews and when necessary the transcriptions of the screenplays and theatrical texts spanning the period between 1950 to 1975. It is between this period that the works are enriched and they renew the “simple” primitivism of Friuli, without being restricted to the periphery of Rome. In order not to betray Pasolini’s intentions it has been better to proceed taking two parallel courses. Firstly, the works of the writers Pasolini mentions himself or alludes to have been read. From this emerges a rich array of interesting personalities and literary tastes, ranging from the decadent and Dionysian influences which go on through the more mature work with its sensitivity towards the fascination of the irrational (mainly Rimbaud and Kavafis) including the ancient poverty of Belli, Tommaseo with his “exquisite coarseness”, as well as the inspirational muse, Morante, the mystery of Banti’s Godoari and Vico’s impressions and the magisterial influences of Leopardi. Furthermore, the opportunity to have access to Pasolini’s personal library, his workshop, preserved in Rome by his heir Graziella Chiarcossi has turned out to be essential for a real comparison between what he had read and his own created works. This type of research has proved to be fascinating because of the care Pasolini took in writing his own marginalia on the essays he was reading and based on this it has been possible to make connections between essays and literature. The anthropological passion, able to capture very well the sense of the primitive, wild and ancestral is reshaped by Pasolini according to the necessities of literature. A great part of this work has attempted to examine the motifs of the barbarian in a concrete and objective manner as it appears in Pasolini’s oeuvre, even starting from the etymology of the word. In this way a large amount of heterogeneous material has been put into a cohesive form and separated into the main themes which are the terminology chosen by the author from the exoticism of some lexical tessere to particular “manias” able to express the yearning for regression, up to the compilation of a “Pasolini Bestiary”; the language and its forms both verbal and of the body; Africa as a symbol of all the Souths of the world and finally the barbarian as a symbol of rebellion against the usual forms of literary expression, by means of new forms of communication. Examining his oeuvre from these perspectives, besides allowing one to address questions still open, has shown the reoccurring theme of the barbarian over time and in unimaginable variations which reveal an organic dimension, oxymoronically flowing with a dualism, positive and negative, of meanings. This has allowed one to read Pasolini’s writing in a refreshing way throwing new insights into the texts which have still much to reveal.
Pasolini, barbaro, barbarie
«Come un Barbaro indecifrabile»: il tema del barbaro nella poesia e nella narrativa di Pasolini (1950-1975) / Grandelis, Alessandra. - (2009 Jan).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3426092
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