This thesis is about the relationship between writing and collective experience during World War I. It tries to explore on one hand the links between the different forms of testimony and their cultural content, on the other benefits and problems of the use of “self-writing for the survey of historical and cultural data. Final objective of this thesis is to demonstrate, if possible, the necessity of a “local” approach to the “war culture” category, as it was defined, inside the french historical field, in the debate between the scholars of Historial de la Grande Guerre in Péronne and those of the Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). The “local” i chose to analyze is that of coscripts from Trentino in the Habsburg Army, mostly of rural origin, displaced on the russian-galician front and, very often, taken prisoner and interned in Russia. The nature of the sources i analyzed, the writings of about 170 authors, has various forms (letters, diaries, memorials, autobiographies) but it is made homogenous by the authors’ common geographical and social origin and by the fact that the writings i used are always personal and popular writings. Through a comparison between the sources i tried to underline some of the cultural characteristics of the social group (religiosity, feeling of patriotic belonging, identity mechanisms) and, through a strict confrontation with the writings of folklorist of the beginning of the century and with alpine anthropolgy studies, to focus on possible cultural mutations or permanences brought by the Great War experience. Particular attention is reserved to the topic of peasants’ vision of Time, because naturally linked to the sources’ biographical writing and fondamental element of the perception of the self inside the war, and of the war inside the personal and collective life-span. In a second time i tried to point out the uses of writing as a device, as a tool in the hands of authors to control a reality and a self-image put in danger by the ethic, social, psychological upheaval brought by the war. From the survey of the different ways in which diaries, memorials and letters took upon themselves the task to deform reality, through the choice of topics and the modes of emplotment, emerged the eminently conservative nature of the writings in relation to the self and his cultural context and the willingness to preserve what, on the moral, ethic, phenomenological level, was deemed to be “right” and “true” in peacetime- The conclusions of this thesis have, i think, an original perspective in respect to the debate from which it started and to cultural historiography of the Great War in general. Whereas first world war is often rightly pointed at as the “discontinuos” event par excellence, the event that broke down and reformed the representation system, customs and political institutions on an European level, the local perspective here adopted drove me to put the accent on continuity and on the resistances that a community (minoritarian for its geographical dislocation and historical contingency, but in way representative of the majority of the european conscripts for its rural origin) brought about in face of total war.

Questa tesi si occupa del rapporto tra la scrittura e l’esperienza collettiva della prima guerra mondiale e cerca di esplorare da una parte i legami tra le diverse forme della testimonianza e il loro contenuto culturale, dall’altra i vantaggi e le insidie dell’uso delle scritture del sé per il rilevamento di dati storici e culturali. Fine ultimo della tesi è quello di dimostrare, per quanto possibile, la necessità di un approccio “locale” alla categoria di “cultura di guerra”, così come è stata definita nel dibattito sviluppatosi nell’ambito della storiografia francese dagli studiosi dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne e da quelli del Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). Il “locale” che si è scelto di analizzare è quello dei coscritti trentini nell’esercito asburgico, perlopiù di origine rurale, impegnati sul fronte russo-galiziano e, in frequentissimi casi, presi prigionieri e internati in Russia. Le fonti analizzate, gli scritti di circa 170 autori, sono varie nelle forme (epistolari, diari, memoriali, memorie autobiografiche) ma omogenee nella comune origine sociale e geografica degli autori e nel fatto che la scrittura presa in considerazione è invariabilmente scrittura popolare e personale. Attraverso una lettura comparata delle fonti si è cercato in primo luogo di mettere in evidenza alcune delle caratteristiche culturali del gruppo in questione (religiosità, senso di appartenenza patrio, meccanismi identitari) e, per tramite di un serrato confronto con scritti di folkloristi di inizio secolo e con saggi di antropologia alpina, gli eventuali mutamenti o permanenze culturali portati dall’esperienza della Grande Guerra. Particolare attenzione è stata riservata al tema della visione contadina del Tempo, in quanto naturalmente legata alla scrittura biografica delle fonti ed elemento fondamentale alla percezione del sé in guerra e della guerra all’interno dell’arco di vita individuale e comunitario. In secondo luogo si è cercato di individuare gli usi della scrittura in quanto dispositvo, in quanto strumento nelle mani degli autori, atto a controllare una realtà e un’immagine di sé messi in pericolo dal sovvertimento valoriale, sociale, psicologico portato dalla guerra. Dalla rilevazione dei vari modi con cui la memorialistica e l’epistolografia si incaricavano di deformare la realtà, per tramite della scelta tematica e delle modalità di creazione dell’intreccio, è emersa la natura preminentemente conservativa della scrittura in rapporto al sé e al proprio contesto culturale, la volontà di preservare quanto, sul piano morale, etico, fenomenologico veniva ritenuto giusto e “vero” in tempo di pace. Le conclusioni di questa tesi si situano in maniera originale rispetto al dibattito da cui prende piede e, credo, rispetto alla storiografia culturale della Grande Guerra nel suo complesso. Laddove la prima guerra mondiale viene spesso giustamente indicata come l’evento “discontinuo” per eccellenza, l’evento che scompose e ricombinò il sistema di rappresentazioni, i costumi e le istituzioni politiche a livello europeo, la prospettiva locale qui adottata spinge a mettere l’accento sulla continuità e sulle resistenze che una comunità (minoritaria per dislocazione geografica e situazione storica, ma in qualche modo rappresentativa della maggioranza dei coscritti europei in virtù della propria provenienza rurale) ha imbastito di fronte alla guerra totale.

"Cose de laltro mondo". Una contro-cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina / Mazzini, Federico. - (2009).

"Cose de laltro mondo". Una contro-cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina

Mazzini, Federico
2009

Abstract

Questa tesi si occupa del rapporto tra la scrittura e l’esperienza collettiva della prima guerra mondiale e cerca di esplorare da una parte i legami tra le diverse forme della testimonianza e il loro contenuto culturale, dall’altra i vantaggi e le insidie dell’uso delle scritture del sé per il rilevamento di dati storici e culturali. Fine ultimo della tesi è quello di dimostrare, per quanto possibile, la necessità di un approccio “locale” alla categoria di “cultura di guerra”, così come è stata definita nel dibattito sviluppatosi nell’ambito della storiografia francese dagli studiosi dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne e da quelli del Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). Il “locale” che si è scelto di analizzare è quello dei coscritti trentini nell’esercito asburgico, perlopiù di origine rurale, impegnati sul fronte russo-galiziano e, in frequentissimi casi, presi prigionieri e internati in Russia. Le fonti analizzate, gli scritti di circa 170 autori, sono varie nelle forme (epistolari, diari, memoriali, memorie autobiografiche) ma omogenee nella comune origine sociale e geografica degli autori e nel fatto che la scrittura presa in considerazione è invariabilmente scrittura popolare e personale. Attraverso una lettura comparata delle fonti si è cercato in primo luogo di mettere in evidenza alcune delle caratteristiche culturali del gruppo in questione (religiosità, senso di appartenenza patrio, meccanismi identitari) e, per tramite di un serrato confronto con scritti di folkloristi di inizio secolo e con saggi di antropologia alpina, gli eventuali mutamenti o permanenze culturali portati dall’esperienza della Grande Guerra. Particolare attenzione è stata riservata al tema della visione contadina del Tempo, in quanto naturalmente legata alla scrittura biografica delle fonti ed elemento fondamentale alla percezione del sé in guerra e della guerra all’interno dell’arco di vita individuale e comunitario. In secondo luogo si è cercato di individuare gli usi della scrittura in quanto dispositvo, in quanto strumento nelle mani degli autori, atto a controllare una realtà e un’immagine di sé messi in pericolo dal sovvertimento valoriale, sociale, psicologico portato dalla guerra. Dalla rilevazione dei vari modi con cui la memorialistica e l’epistolografia si incaricavano di deformare la realtà, per tramite della scelta tematica e delle modalità di creazione dell’intreccio, è emersa la natura preminentemente conservativa della scrittura in rapporto al sé e al proprio contesto culturale, la volontà di preservare quanto, sul piano morale, etico, fenomenologico veniva ritenuto giusto e “vero” in tempo di pace. Le conclusioni di questa tesi si situano in maniera originale rispetto al dibattito da cui prende piede e, credo, rispetto alla storiografia culturale della Grande Guerra nel suo complesso. Laddove la prima guerra mondiale viene spesso giustamente indicata come l’evento “discontinuo” per eccellenza, l’evento che scompose e ricombinò il sistema di rappresentazioni, i costumi e le istituzioni politiche a livello europeo, la prospettiva locale qui adottata spinge a mettere l’accento sulla continuità e sulle resistenze che una comunità (minoritaria per dislocazione geografica e situazione storica, ma in qualche modo rappresentativa della maggioranza dei coscritti europei in virtù della propria provenienza rurale) ha imbastito di fronte alla guerra totale.
2009
This thesis is about the relationship between writing and collective experience during World War I. It tries to explore on one hand the links between the different forms of testimony and their cultural content, on the other benefits and problems of the use of “self-writing for the survey of historical and cultural data. Final objective of this thesis is to demonstrate, if possible, the necessity of a “local” approach to the “war culture” category, as it was defined, inside the french historical field, in the debate between the scholars of Historial de la Grande Guerre in Péronne and those of the Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). The “local” i chose to analyze is that of coscripts from Trentino in the Habsburg Army, mostly of rural origin, displaced on the russian-galician front and, very often, taken prisoner and interned in Russia. The nature of the sources i analyzed, the writings of about 170 authors, has various forms (letters, diaries, memorials, autobiographies) but it is made homogenous by the authors’ common geographical and social origin and by the fact that the writings i used are always personal and popular writings. Through a comparison between the sources i tried to underline some of the cultural characteristics of the social group (religiosity, feeling of patriotic belonging, identity mechanisms) and, through a strict confrontation with the writings of folklorist of the beginning of the century and with alpine anthropolgy studies, to focus on possible cultural mutations or permanences brought by the Great War experience. Particular attention is reserved to the topic of peasants’ vision of Time, because naturally linked to the sources’ biographical writing and fondamental element of the perception of the self inside the war, and of the war inside the personal and collective life-span. In a second time i tried to point out the uses of writing as a device, as a tool in the hands of authors to control a reality and a self-image put in danger by the ethic, social, psychological upheaval brought by the war. From the survey of the different ways in which diaries, memorials and letters took upon themselves the task to deform reality, through the choice of topics and the modes of emplotment, emerged the eminently conservative nature of the writings in relation to the self and his cultural context and the willingness to preserve what, on the moral, ethic, phenomenological level, was deemed to be “right” and “true” in peacetime- The conclusions of this thesis have, i think, an original perspective in respect to the debate from which it started and to cultural historiography of the Great War in general. Whereas first world war is often rightly pointed at as the “discontinuos” event par excellence, the event that broke down and reformed the representation system, customs and political institutions on an European level, the local perspective here adopted drove me to put the accent on continuity and on the resistances that a community (minoritarian for its geographical dislocation and historical contingency, but in way representative of the majority of the european conscripts for its rural origin) brought about in face of total war.
Scrittura popolare, prima guerra mondiale, cultura di guerra, Trentino, irredentismo
"Cose de laltro mondo". Una contro-cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina / Mazzini, Federico. - (2009).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3426858
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