The research activity, the results of which are the subject of doctoral dissertation, focused on the potentials of DNA barcoding, a genomic approach that exploits a short DNA sequence, a barcode, from a standardized region of the plastid genome, mitochondrial and chloroplast, as a universal and unique identification marker for animal and plant species. The main goal was to test a new accurate and automatable method for the genetic traceability of agri-food products, both of animal (fish, crustaceans and molluscs) and plant origin (bean and grapevine). First of all, we chose the specimens for the analysis: we selected pure lines of bean (Phaseolus vulgaris L.), clones of grapevine (Vitis vinifera L.) and samples of fish, crustaceans and molluscs purchased in famous GDO or local market in Chioggia e Sottomarina. Regarding the selection of seafood samples to analyze, we proceeded with the collection of the marine species most commonly involved in fraudulent substitutions. The experimental procedure adopted were the genomic DNA isolation from 37 specimens followed by the amplification of three target regions, cox1 (cytochrome oxydase subunit I), cob (apo-cytochrome b) and 16S-rDNA (ribosomal RNA small subunit) genes. Once obtained these data, we proceeded with a sequence similarity search using BOLD and GenBank as reference databases and each of the sequences as query. Overall, the phenetic approach proved to be an efficient tool to ensure the correct detection of seafood composition and thus to control the label information. In fact, for most of the samples it was possible to confirm the origin of the meat declared on the label, except in five situations where it was impossible to establish with no doubt the origin of the samples flagging them as likely falsification cases, voluntary or by accident. Cox1 gene proved to be a valid target for traceability aims, except in three genera, Thunnus, Macruronus and Gadus, where the identification was more problematic. Finally, even if GenBank database still remains the best web tool for forensic purposes, BOLD database proved to be enough rich to allow the correct recognition of almost all the specimens. Regarding plant DNA barcoding, the goal was to test DNA barcoding strategy as a tool to assess the distinctiveness of species and varieties of pure lines and clones. In the case of bean, we selected 54 pure lines of Phaseolus vulgaris species, 24 Italian pure lines, 18 Mesoamerican landraces and 12 Andean landraces, along with a few P. coccineus, P. lunatus and Vigna unguiculata accessions adopted as reference standards and out-types. These samples were characterized by means of the amplification of 7 chloroplast and two nuclear regions followed by the application of a phenetic approach. The procedure confirmed to be a powerful technique to correctly separate different species, whereas at the varietal level it revealed to be scarcely informative to discriminate gene pools and to identify varieties within P. vulgaris. Thus a second approach, the character-based system, was tested and it allowed to detect within P. vulgaris species a total of 16 haplotypes corresponding to as many subgroups, each one made up by Mesoamerican or Andean accessions along with Italian accessions that clustered with one or the other gene pool. Finally, a third case study is represented by V. vinifera and the potentials of DNA barcoding approach to distinguish grapevine cultivars used in the production of wines. We proceeded with the selection of 123 grapevine cultivars along with other 5 species of Vitis (V. rupestris, V. riparia, V. labrusca, V. cinerea e V. berlandieri) adopted as reference standards and out-types. After a preliminary analysis of the chloroplast DNA that resulted to be monomorphic, we decided to shift to the nuclear genome amplifying four ESTs and the GAI1 (gibberellins insensitive-like) gene. The analysis is still ongoing, but the preliminary results lead to think that a few haplotypes exist within V. vinifera and they could be use to resolve frequent cases of synonymies and homonymies in grapevine. Furthermore, an economically valuable application may be the exploitation of these haplotypes cultivar-specific for the genetic traceability of wines to avoid cases of falsification.

L’attività di ricerca, i cui risultati sono oggetto della dissertazione di dottorato, ha riguardato lo studio delle potenzialità applicative del DNA barcoding, una tecnica molecolare volta all’identificazione degli organismi sulla base dei polimorfismi di specifiche sequenze nucleotidiche localizzate nei genomi plastidiale, mitocondriale e cloroplastico. Il progetto di ricerca ha previsto l’impiego di questo approccio per il riconoscimento di specie ai fini della tracciabilità genetico-molecolare di prodotti agro-alimentari, sia di origine animale (pesci, molluschi e crostacei) che vegetale (fagiolo e vite). Inizialmente si è proceduto all’individuazione degli organismi su cui condurre l’analisi: si sono collezionate linee pure di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.), cloni di vite (Vitis vinifera L.) e campioni di pesci, crostacei e molluschi acquistati presso famose GDO o ai mercati locali di Chioggia e Sottomarina. In particolare, per quanto concerne la scelta delle specie ittiche su cui condurre l’analisi, si è svolta un’estesa indagine di mercato con l’intento di individuare le specie maggiormente coinvolte in falsificazioni alimentari, cioè sostituzione di specie pregiate con altre di valore inferiore. Si è successivamente proceduto alla purificazione di 37 campioni di DNA genomico e alla loro caratterizzazione dal punto di vista molecolare mediante amplificazione e sequenziamento di specifici geni mitocondriali, quali cox1 (Cytochrome oxydase subunit I), 16S-rDNA (16S small ribosomal subunit RNA) e cob (cytochrome b). Una volta acquisiti questi dati, l’interrogazione di due banche dati disponibili on line, BOLD per il gene cox1 e GenBank per tutti e tre i geni, ha consentito di identificare l’origine dei campioni confermando nella maggioranza dei casi quanto dichiarato nell’etichetta di accompagnamento del prodotto alimentare. In cinque situazioni non è stato possibile stabilire con certezza l’origine del campione e questo potrebbe indicare possibili casi di sostituzione, fraudolenta o accidentale. Il DNA barcoding pertanto è risultato utile ai fini dell’identificazione di specie in tutti e tre i taxa studiati, pesci, molluschi e crostacei, e il gene cox1 si è dimostrato un ottimo target per questi scopi eccetto che in tre casi particolari, i generi Thunnus, Macruronus e Gadus. Inoltre è risultato evidente che nonostante GenBank persista come la banca dati più ricca in termini di numero di sequenze depositate, il BOLD sta rapidamente incrementando la quantità di informazioni contenute al suo interno lasciando presupporre che in breve tempo diventerà la banca dati di riferimento per studi di genetica forense e di tracciabilità genetica. Per quanto riguarda le specie vegetali, l’obiettivo era l’identificazione univoca di specie, e soprattutto delle loro varietà quando fondate su un solo genotipo (linee pure, ibridi e cloni). Nel caso di fagiolo, si sono isolati i DNA genomici da 54 varietà di Phaseolus vulgaris, 18 provenienti dal Centro America, 12 dal Sud America e 24 line pure coltivate e commercializzate in Italia, insieme con alti 6 campioni usati come fuori gruppo (Phaseolus coccineus, Phaseolus lunatus e Vigna unguiculata). Sono risultate indispensabili indagini preliminari di polimorfismi di singoli geni al fine di determinare la variabilità genetica tra le varietà e la tracciabilità genetica di singole varietà. La caratterizzazione, tramite l’amplificazione di 7 differenti regioni cloroplastiche e due nucleari seguita da un approccio fenetico, ha confermato le potenzialità della tecnica come strumento efficace per la distinzione delle specie, mentre è risultata scarsamente informativa per il riconoscimento di singole varietà. Da qui si è rivelata necessaria l’adozione di un approccio alternativo, basato sulla determinazione della composizione nucleotidica e del polimorfismo a carico di ciascun gene esaminato, che ha permesso di definire 16 aplotipi corrispondenti ad altrettanti sottogruppi varietali, ciascuno costituito da accessioni Mesoamericane o Andine insieme con le varietà Italiane. Infine l’applicazione del DNA barcoding per la distinzione di cultivar di vite ha richiesto l’abbandono dello studio del genoma cloroplastico, troppo poco variabile, a favore di quello nucleare. Si sono isolati i DNA genomici da 123 cultivar di Vitis vinifera e da altre 5 specie (V. rupestris, V. riparia, V. labrusca, V. cinerea e V. berlandieri) e si sono amplificati 4 EST ed il gene GAI1 (gibberellins insensitive-like). L’analisi bioinformatica è ancora in corso, ma risultati preliminari fanno ipotizzare l’esistenza di aplotipi cultivar-specifici che potrebbero venir impiegati in futuro per risolvere i frequenti casi di sinonimie ed omonimie diffusi all’interno di questa specie. Infine un’altra interessante applicazione da un punto di vista economico potrebbe essere l’impiego di questi aplotipi cultivar-specifici per la tracciabilità genetica dei vini e la tutela delle denominazioni controllate da casi di falsificazione e concorrenza sleale.

BIODIVERSITY ANALYSIS TROUGH DNA BARCODING Applications in agrifood and seafood products / Nicolè, S. - (2010 Jan 26).

BIODIVERSITY ANALYSIS TROUGH DNA BARCODING Applications in agrifood and seafood products

Nicolè, S
2010

Abstract

L’attività di ricerca, i cui risultati sono oggetto della dissertazione di dottorato, ha riguardato lo studio delle potenzialità applicative del DNA barcoding, una tecnica molecolare volta all’identificazione degli organismi sulla base dei polimorfismi di specifiche sequenze nucleotidiche localizzate nei genomi plastidiale, mitocondriale e cloroplastico. Il progetto di ricerca ha previsto l’impiego di questo approccio per il riconoscimento di specie ai fini della tracciabilità genetico-molecolare di prodotti agro-alimentari, sia di origine animale (pesci, molluschi e crostacei) che vegetale (fagiolo e vite). Inizialmente si è proceduto all’individuazione degli organismi su cui condurre l’analisi: si sono collezionate linee pure di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.), cloni di vite (Vitis vinifera L.) e campioni di pesci, crostacei e molluschi acquistati presso famose GDO o ai mercati locali di Chioggia e Sottomarina. In particolare, per quanto concerne la scelta delle specie ittiche su cui condurre l’analisi, si è svolta un’estesa indagine di mercato con l’intento di individuare le specie maggiormente coinvolte in falsificazioni alimentari, cioè sostituzione di specie pregiate con altre di valore inferiore. Si è successivamente proceduto alla purificazione di 37 campioni di DNA genomico e alla loro caratterizzazione dal punto di vista molecolare mediante amplificazione e sequenziamento di specifici geni mitocondriali, quali cox1 (Cytochrome oxydase subunit I), 16S-rDNA (16S small ribosomal subunit RNA) e cob (cytochrome b). Una volta acquisiti questi dati, l’interrogazione di due banche dati disponibili on line, BOLD per il gene cox1 e GenBank per tutti e tre i geni, ha consentito di identificare l’origine dei campioni confermando nella maggioranza dei casi quanto dichiarato nell’etichetta di accompagnamento del prodotto alimentare. In cinque situazioni non è stato possibile stabilire con certezza l’origine del campione e questo potrebbe indicare possibili casi di sostituzione, fraudolenta o accidentale. Il DNA barcoding pertanto è risultato utile ai fini dell’identificazione di specie in tutti e tre i taxa studiati, pesci, molluschi e crostacei, e il gene cox1 si è dimostrato un ottimo target per questi scopi eccetto che in tre casi particolari, i generi Thunnus, Macruronus e Gadus. Inoltre è risultato evidente che nonostante GenBank persista come la banca dati più ricca in termini di numero di sequenze depositate, il BOLD sta rapidamente incrementando la quantità di informazioni contenute al suo interno lasciando presupporre che in breve tempo diventerà la banca dati di riferimento per studi di genetica forense e di tracciabilità genetica. Per quanto riguarda le specie vegetali, l’obiettivo era l’identificazione univoca di specie, e soprattutto delle loro varietà quando fondate su un solo genotipo (linee pure, ibridi e cloni). Nel caso di fagiolo, si sono isolati i DNA genomici da 54 varietà di Phaseolus vulgaris, 18 provenienti dal Centro America, 12 dal Sud America e 24 line pure coltivate e commercializzate in Italia, insieme con alti 6 campioni usati come fuori gruppo (Phaseolus coccineus, Phaseolus lunatus e Vigna unguiculata). Sono risultate indispensabili indagini preliminari di polimorfismi di singoli geni al fine di determinare la variabilità genetica tra le varietà e la tracciabilità genetica di singole varietà. La caratterizzazione, tramite l’amplificazione di 7 differenti regioni cloroplastiche e due nucleari seguita da un approccio fenetico, ha confermato le potenzialità della tecnica come strumento efficace per la distinzione delle specie, mentre è risultata scarsamente informativa per il riconoscimento di singole varietà. Da qui si è rivelata necessaria l’adozione di un approccio alternativo, basato sulla determinazione della composizione nucleotidica e del polimorfismo a carico di ciascun gene esaminato, che ha permesso di definire 16 aplotipi corrispondenti ad altrettanti sottogruppi varietali, ciascuno costituito da accessioni Mesoamericane o Andine insieme con le varietà Italiane. Infine l’applicazione del DNA barcoding per la distinzione di cultivar di vite ha richiesto l’abbandono dello studio del genoma cloroplastico, troppo poco variabile, a favore di quello nucleare. Si sono isolati i DNA genomici da 123 cultivar di Vitis vinifera e da altre 5 specie (V. rupestris, V. riparia, V. labrusca, V. cinerea e V. berlandieri) e si sono amplificati 4 EST ed il gene GAI1 (gibberellins insensitive-like). L’analisi bioinformatica è ancora in corso, ma risultati preliminari fanno ipotizzare l’esistenza di aplotipi cultivar-specifici che potrebbero venir impiegati in futuro per risolvere i frequenti casi di sinonimie ed omonimie diffusi all’interno di questa specie. Infine un’altra interessante applicazione da un punto di vista economico potrebbe essere l’impiego di questi aplotipi cultivar-specifici per la tracciabilità genetica dei vini e la tutela delle denominazioni controllate da casi di falsificazione e concorrenza sleale.
26-gen-2010
The research activity, the results of which are the subject of doctoral dissertation, focused on the potentials of DNA barcoding, a genomic approach that exploits a short DNA sequence, a barcode, from a standardized region of the plastid genome, mitochondrial and chloroplast, as a universal and unique identification marker for animal and plant species. The main goal was to test a new accurate and automatable method for the genetic traceability of agri-food products, both of animal (fish, crustaceans and molluscs) and plant origin (bean and grapevine). First of all, we chose the specimens for the analysis: we selected pure lines of bean (Phaseolus vulgaris L.), clones of grapevine (Vitis vinifera L.) and samples of fish, crustaceans and molluscs purchased in famous GDO or local market in Chioggia e Sottomarina. Regarding the selection of seafood samples to analyze, we proceeded with the collection of the marine species most commonly involved in fraudulent substitutions. The experimental procedure adopted were the genomic DNA isolation from 37 specimens followed by the amplification of three target regions, cox1 (cytochrome oxydase subunit I), cob (apo-cytochrome b) and 16S-rDNA (ribosomal RNA small subunit) genes. Once obtained these data, we proceeded with a sequence similarity search using BOLD and GenBank as reference databases and each of the sequences as query. Overall, the phenetic approach proved to be an efficient tool to ensure the correct detection of seafood composition and thus to control the label information. In fact, for most of the samples it was possible to confirm the origin of the meat declared on the label, except in five situations where it was impossible to establish with no doubt the origin of the samples flagging them as likely falsification cases, voluntary or by accident. Cox1 gene proved to be a valid target for traceability aims, except in three genera, Thunnus, Macruronus and Gadus, where the identification was more problematic. Finally, even if GenBank database still remains the best web tool for forensic purposes, BOLD database proved to be enough rich to allow the correct recognition of almost all the specimens. Regarding plant DNA barcoding, the goal was to test DNA barcoding strategy as a tool to assess the distinctiveness of species and varieties of pure lines and clones. In the case of bean, we selected 54 pure lines of Phaseolus vulgaris species, 24 Italian pure lines, 18 Mesoamerican landraces and 12 Andean landraces, along with a few P. coccineus, P. lunatus and Vigna unguiculata accessions adopted as reference standards and out-types. These samples were characterized by means of the amplification of 7 chloroplast and two nuclear regions followed by the application of a phenetic approach. The procedure confirmed to be a powerful technique to correctly separate different species, whereas at the varietal level it revealed to be scarcely informative to discriminate gene pools and to identify varieties within P. vulgaris. Thus a second approach, the character-based system, was tested and it allowed to detect within P. vulgaris species a total of 16 haplotypes corresponding to as many subgroups, each one made up by Mesoamerican or Andean accessions along with Italian accessions that clustered with one or the other gene pool. Finally, a third case study is represented by V. vinifera and the potentials of DNA barcoding approach to distinguish grapevine cultivars used in the production of wines. We proceeded with the selection of 123 grapevine cultivars along with other 5 species of Vitis (V. rupestris, V. riparia, V. labrusca, V. cinerea e V. berlandieri) adopted as reference standards and out-types. After a preliminary analysis of the chloroplast DNA that resulted to be monomorphic, we decided to shift to the nuclear genome amplifying four ESTs and the GAI1 (gibberellins insensitive-like) gene. The analysis is still ongoing, but the preliminary results lead to think that a few haplotypes exist within V. vinifera and they could be use to resolve frequent cases of synonymies and homonymies in grapevine. Furthermore, an economically valuable application may be the exploitation of these haplotypes cultivar-specific for the genetic traceability of wines to avoid cases of falsification.
DNA barcoding, food traceability, chloroplast, nuclear markers, fish, bean, grape
BIODIVERSITY ANALYSIS TROUGH DNA BARCODING Applications in agrifood and seafood products / Nicolè, S. - (2010 Jan 26).
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