Acute Kidney Disease (CKD) is a major public health problem that affects some 3-7% of patients admitted to the hospital and approximately 25-30% of patients in the intensive care unit. None of the existing therapies are exempt from side effects and kidney physiological functionality is never restored. Transplantation has been reported as the preferred cure for CKD management but organ shortage and risks due to the immunosuppressive therapy makes it far from being the perfect treatment for ESRD. In this study we have focused our attention on finding novel strategies, in vitro and in vivo, to obtain kidney regeneration in case of acute and chronic kidney damage. First we have demonstrated the ability of hAFSCs to survive, proliferate and integrate into the embryonic kidney, while it undergoes organ development, in an in vitro culture system. We observed the presence of hAFSCs within kidney primordial, including tubules and developing nephrons. Thus, hAFSCs seem to have the capacity to undergo the expected mesenchymal to epithelial transition that occurs in normal renal development and are induced to express important early kidney markers such as GDNF, ZO-1 and Claudin. Moreover, hAFSCs do not appear to require prior genetic modification or exogenous production of kidney proteins for their differentiation to occur. This is a very important advantage that hAFSCs have for potential future regenerative or bioengineering application. With the in vivo experiments, we have demonstrated that early direct injection of hAFSCs into the kidney strongly ameliorates ATN injury as reflected by more rapid resolution of tubular structural damage and by normalization of creatinine and BUN levels. In addition, our data show evidence of immunomodulatory and antinflammatory effect of hAFSCs, at an early time point, comparable in magnitude to endogenous cytokine production. Understanding how donor and host cells combine to attenuate tubular damage may lead eventually to the application of hAFSCs for therapeutic purposes in acute kidney diseases. Nonetheless, beside the presence of a small number (1%) of cells with pluripotent characteristics, the composition of the other 99% of Amniotic Fluid cells is diverse, with a great amount of cells exhibiting commitment to a defined germ line or cellular endpoint. There seems to be clear evidence for the existence of progenitor cells in Amniotic Fluid, which can give rise to different cell types of mature organs. By 17 weeks of gestation is notable an increase tissue specific cellular presence and this data may indicate that the choice of the time point for cell selection is fundamental. In addition, we demonstrated in the amniotic fluid, the presence of a renal population with specific traits of commitment. In particular, the presence of podocytes at both undifferentiated and almost mature stages could favour their use for kidney regeneration in vitro and in vivo animal models. The presence and identification of specific renal progenitor cells in the Amniotic Fluid, committed to different compartments of the kidney environment, could represent a valuable new tool for regenerative purposes with regards to the treatment of a broad range of renal diseases. The discovery of renal specific progenitor cells within Amniotic Fluid could bring a breakthrough in the study for novel and more selective approaches in the renal therapy. However, the real pluripotential capability of these progenitors cells, in particular the kidney progenitors presenting more differentiation characteristics, has to be established. Moreover, their potential for survival, proliferation, integration, and differentiation needs to be assessed in in vivo models involving different types of renal damage.

L’insufficienza renale terminale ha raggiunto ormai proporzioni epidemiche in tutto il mondo e, tutt’oggi, non sono ancora state trovate terapie sostitutive o rigenerative efficaci a lungo termine. Attualmente la terapia dialitica e il trapianto allogenico rimangono le uniche alternative valide da utilizzare in questi pazienti nonostante se ne conoscano i numerosi limiti e complicanze. Recenti dati epidemiologici, in America e in Europa, mostrano che l’insufficienza renale colpisce circa l’8% della popolazione. [1] L’aumentata domanda di organi, in aggiunta all’insufficiente disponibilita’ di donatori, sta spingendo sempre piu’ i ricercatori di tutto il mondo a sviluppare nuove alternative terapeutiche per la sostituzione dei reni non funzionanti. [2] La creazione di organi bio-artificiali, attraverso l’utilizzo delle tecniche di ingegneria tissutale, ha finora dimostrato grandi difficolta’ specialmente nel riprodurre quegli organi e tessuti la cui struttura e funzione risultino particolarmente complesse, come nel caso dei reni. Storicamente gli ingegneri tissutali che si sono cimentati in questo campo hanno potuto utilizzare esclusivamente linee cellulari adulte dando origine a costrutti bidimensionali caratterizzati da limitata funzione e difficile applicabilita’ in vivo. [3] Nell’ultima dacade le cellule staminali stanno ricevendo sempre maggiore attenzione scientifica grazie al loro crescente impiego nella medicina rigenerativa per la ricostruzione e rigenerazione di tessuti bio-artificiali ed organi. Le cellule Staminali Embrionali (SE), derivate dalla blastocisti, hanno come caratteristiche peculiari il fatto che si replichino ampliamente e che siano capaci di formare aggregati (corpi embrioidi) che possono dar luogo ad una varietà di cellule specializzate come, ad esempio, cellule neurali, cardiache e pancreatiche. [3, 4] Il reclutamento di questo tipo di cellule staminali, tuttavia, comporta la distruzione di embrioni umani creando spinosi problemi etici e morali che portano, in molti Paesi, a vietarne l’utilizzo e il progresso scientifico. Per evitare questo tipo di controversie ricercatori di varie discipline hanno identificato potenziali fonti di cellule staminali alternative. [4, 5] E’ ormai ben noto che in molti tessuti adulti esistono cellule progenitrici con il compito di rigenerare o riparare l'organo a seguito dei fisiologici processi di senescenza o in caso di danno. [6, 7] Ci sono sempre piu’ evidenze che questi progenitori d’organo abbiano caratteristiche di plasticità piu’ elevate di quanto si pensasse originariamente. Parallelamente molti ricercatori credono che la rigenerazione di organi adulti derivi principalmente dalla mobilizzazione di cellule staminali provenienti dal midollo osseo. E’ stato dimostrato che cellule staminali del midollo osseo possono attraversare la barriera endolteliale e dar luogo a differenti linee cellulari differenziate, trasformando cellule circolanti in fegato, cervello, pancreas, pelle, intestino e anche rene. [27, 29] Il liquido amniotico e’stato usato per anni come uno strumento sicuro e valido per la ricerca di malattie genetiche e congenite del feto. Tuttavia, il liquido amniotico contiene un grande numero di cellule progenitrici che posono avere un importante ruolo nelle applicazioni della bioingegneria tissutale. Streubel et al. [8] hanno riportato l’utilizzo di cellule non emopoietiche per la conversione di amniociti in miociti. Recentemente una popolazione di cellule staminali c-Kit+, isolate nel liquido amniotico umano e murino, e’ stata caratterizzata e differenziata in tessuti originati dai tre foglietti embrionali: muscolare, neuronale, adipocitario, epatico, osseo ed endoteliale [9] Nel laboratorio diretto dal dr. R.E. De Filippo, Assistant Professor presso il Childrens Hospital di Los Angeles, abbiamo ampiamente studiato e utilizzato questa nuova popolazione di cellule staminali derivate dal liquido amniotico focalizzando le nostre ricerche sul loro utilizzo nella rigenerazione renale. Abbiamo dimostrato che questa popolazione totipotente di cellule mesenchimali e’ capace di riprodurre alcune tappe essenziali della nefrogenesi dopo essere state iniettate in reni embrionici. Tuttavia, le cellule staminali da liquido amniotico rapresentano meno dell’1% dell’intera popolazione cellulare e forse esistono altri progenitori cellulari, nel liquido stesso, gia’ orientati e piu’ proni alla differenziazione di particolari linee cellulari renali che possano essere utilizzate per gli stessi scopi rigenerativi ma con risultati migliori. Il volume e la composizione del liquido amniotico cambia durante la gravidanza e dall’ottava settimana di gestazione i reni fetali iniziano a produrre liquido che rapidamente aumenta di volume durante il secondo trimestre. [10] Il contatto tra il liquido amniotico e i diversi tessuti fetali sembra giustificare la presenza dei differenti tipi cellulari disciolti nel liquido stesso. La presenza di cellule mature derivanti dai tre foglietti germinali e’ stata gia’ dimostrata in passato come pure la presenza di progenitori cellulari di origine mesenchimale ed emopoietica prima della 12ma settimana gestazionale nell’uomo. [11,12,13] Cellule esprimenti proteine e markers genetici tipici di tessuti diversi come cervello, cuore, e pancreas sono state ritrovate nel liquido amniotico ma ulteriori indagini sono necessarie per completare la caratterizzazione dei diversi tipi cellulari presenti alle diverse eta’ gestazionali. [14, 15, 16] Lo sviluppo renale e’ un complesso processo di attivazione genica, interazioni cellulari ed extracellulari che devono aver luogo secondo un ordine spazio-temporale preciso e nella quantita’ adeguata. Durante l’embriogenesi, il rene metanefrico origina dall’invasione da parte della gemma ureterale, derivata dal dotto epiteliale di Wolffian, nel mesenchima metanefrico. [17] La gemma ureterale inizia la sua arborizzazione all’interno del mesenchima e portera’ alla formazione dell’intero sistema escretore, dall’uretere ai dotti collettori, mentre il mesenchima metanefrico dara’ luogo alle strutture epiteliali costituenti i nefroni (dal tubulo distale alla capsula di Bowman). CD-24 e Caderina 11 sono due markers di superficie che vengono usati per identificare cellule staminali ancora indifferenziate ma presenti nel mesenchima metanefrico prima di ricevere l’induzione da parte della gemma ureterale. [18] In aggiunta, altri markers di superficie che identificano una sottopopolazione di cellule appartenenti al mesenchima metanefrico nei vari stadi dell’induzione verso la nefrogenesi sono stati recentemente descritti in letteratura: Caderine E, PDGFRα, PDGFRβ, e NGFR ad alta affinita’. [19] Cellule Staminali derivate da liquido amniotico e differenziazione renale in vitro e in vivo Negli ultimi sette anni il gruppo di ricerca di cui ho fatto parte per due anni negli Stati Uniti (University of Southern California - Childrens Hospital Los Angeles) sta studiando una popolazione di cellule staminali ricavate da liquido amniotico (Amniotic Fluid Stem Cells, AFSC), umano e murino. Caratterictiche peculiari di questa popolazione cellulare sono: l’espressione di geni e marcatori di superficie comuni a cellule staminali di origine embrionale e mesenchimale; propagazione in vitro senza necessita’ di feeder-layer; mantenimento della lunghezza dei telomeri; capacità di differenziarsi in vitro e in vivo in molti tipi differenti di cellule e tessuti provenienti da tutti e tre i foglietti embrionali. [7] In particolare, negli ultimi 4 anni, il nostro gruppo si e’ concentrato sull’utilizzo di questa particolare popolazione di cellule staminali derivate da liquido amniotico nella rigenerazione renale in vitro e in vivo. [20, 21] Brevemente, siamo stati in grado di dimostrare, basandoci su un sistema in vitro, come le hAFSC abbiano la capacità di differenziarsi in parenchima renale dopo iniezione diretta in reni embrionici (12.5-16 giorni di gestazione) coltivati in vitro fino a 10 giorni. Le cellule staminali da liquido amniotico erano state precedentemente transfettate con il gene codificante una proteina fluorescente verde (GFP) e un secondo gene codificante per il Lac-Z. Mediante queste transfezioni siamo stati in grado di distinguere le cellule iniettate e dopo aver coltivato gli organi, anche a lungo termine (10 giorni), e’ stato possibile dimostrare la loro integrazione ed assimilazione nelle differenti tappe dello sviluppo renale. Analisi istologica dei reni iniettati con le staminali ha rivelato quanto questa popolazione di cellule sia capace di contribuire alle strutture primordiali del rene a partire dalla vescicola renale fino alle ultime fasi della nefrogenesi (tubuli e glomeruli). Mediante RT-PCR abbiamo quindi dimostrato la neoespressione, da parte delle AFSC iniettate, di geni attivi nelle diverse fasi dello sviluppo embrionale del nefrone. [20] Dopo aver dimostrato questa abilità di integrazione nel tessuto renale in via di sviluppo e la compartecipazione a tutte le tappe utili alla formazione del nefrone maturo in vitro, la nostra idea e’ stata quella di procedere all’applicazione in vivo delle cellule staminali da liquido amniotico. L’obiettivo e’ stato quello di dimostrare la loro reale capacità di sopravvivere, replicarsi ed integrarsi attivamente nei reni danneggiati di un modello di topo immunodepresso. Cellule staminali da liquido amniotico di topo (mouse Amniotic Fluid Stem Cells, mAFSC), esprimenti Lac-z e Luciferasi come marcatori, sono quindi state iniettate per via endovenosa (vena della coda) in un modello di topi immunodepressi con tubulonecrosi acuta. Il nostro ultimo obiettivo e’ stato quello di dimostrare se le cellule staminali venissero utilizzate dai reni danneggiati per riparare il danno e quindi fossero in grado di velocizzare la ripresa funzionale dell’organo. I risultati di tali esperimenti hanno dimostrato che le AFSC hanno una buona capacita’, anche in vivo, di integrarsi e partecipare attivamente alla riparazione del danno. Esse hanno iniziato ad esprimere GDNF, un fattore di trascrizione precoce presente nello sviluppo renale e in particolare nella formazione tubulare e glomerulare, e diversi altri markers tubulari quali Acquaporina-2, Agglutinina P, Agglutinina DB. Dagli esperimenti in vivo e’ quindi emerso che la popolazione di cellule staminali totipotenti, derivata da liquido amniotico (hAFSC), e’ capace di differenziarsi in diversi tipi cellulari appartenenti sia a strutture glomerulari (capsula di Bowman) che tubulari (tubulo distale e prossimale) senza dimostrare una chiara specificita’ per una delle due strutture. [9] In accordo con recenti pubblicazioni, abbiamo dimostrato un effetto immuno-modulartorio delle cellule staminali. Lo studio approfondito delle citochine, endogene ed esogene (prodotte dalle hAFSC iniettate), e il loro effetto nel migliorare la porzione infiammatoria del danno renale sono il passo successivo delle nostre ricerche. Un limite potenziale all’utilizzo terapeutico di questa popolazione cellulare totipotente risiede nel fatto che la maggior parte delle malattie renali che portano ad insufficienza renale terminale, colpiscono primariamente le strutture tubulari o quelle glomerulari, ma difficilmente entrambe contemporaneamente. Utilizzando dunque cellule staminali troppo indifferenziate, e quindi totipotenti, si rischierebbe di perdere efficacia terapeutica a causa del fatto che esse riceverebbero troppi segnali contemporaneamente in senso differenziativo e sarebbero indotte a seguire petterns riparativi non mirati e meno efficaci nella riparazione del danno principale. Se infatti avessimo bisogno di trattare selettivamente un danno tubulare piuttosto che uno glomerulare, l’utilizzo di cellule staminali totipotenti non sarebbe cosi’ ottimale come invece l’utilizzo di progenitori tubulo specifici opportunamente espansi ed eventualmente modificati. Questo concetto insieme al fatto che il liquido amniotico e’ composto da differenti popolazioni cellulari ha spinto a considerare la possibilita’ che ci possano essere linee cellulari maggiormente orientate in senso renale (progenitori organo specifici) che possano essere utilizzate in modo piu’ vantaggioso per la rigenerazione di strutture renali specifiche (id. cellule tubulari prossimali o distali, podociti, cellule mesangiali, cellule endoteliali e altro) Caratterizzazione cellulare del liquido amniotico e ricerca di progenitori renali specifici o gia’ parzialmente differenziati L’ultima parte della tesi si e’ concentrata nello studiare ed identificare le varie popolazioni cellulari presenti nel liquido amniotico a diverse settimane di gestazione. I campioni, di eta’ compresa tra le 15 e le 20 settimane di gestazione, sono stati ottenuti tramite amniocentesi, tecnica usata per studiare il cariotipo del feto durante lo sviluppo. Sono stati valutati differenti terreni di coltura, indagando proliferazione e conservazione della morfologia nei campioni ottenuti. L’analisi e la caratterizzazione della popolazione totale presente nel liquido amniotico e’ stata effettuata utilizzando RT-PCR, Real Time PCR e Western Blotting, analizzando l’espressione specifica di geni che sono coinvolti nel mantenimento della pluripotenzialita’, geni che identificano specificatamente i tre foglietti embrionali ed infine geni che identificano progenitori organo-specifici. Sono state inoltre identificate popolazioni specifiche renali, tramite immunoseparazione con biglie magnetiche (MASC). L’espressione di marcatori per i foglietti embrionali endoderma e mesoderma e’ piu’ alta in campioni piu’ giovani rispetto a campioni con tempo di gestazione maggiore mentre, per l’ectoderma, rimane pressoche’ invariata nel tempo. La presenza di cellule pluripotenti e’ costante cosi’ come le cellule staminali mesenchimali mentre le cellule progenitrici ematopoietiche, investigate tramite CD34, fanno la loro comparsa successivamente alle 17 settimane di gestazione. La presenza di progenitori tessuto specifici già “committed” e’ evidente nei campioni di gestazione più avanzata sia per quantitita’ che per specificità dell’organo preso in esame. E’ stata approfondita l’analisi di cellule progenitrici renali, utilizzando un ampio pannello di marcatori che identificano sia la componente tubulare che quella glomerulare del nefrone, struttura fondamentale per la filtrazione renale. I risultati ottenuti confermano la presenza di cellule progenitrici renali dopo le 18 settimane di gestazione. E’ stata identifica e studiata una popolazione esprimente CD24 e Caderin 11 isolata da campioni di liquido amniotico di 18 o piu’ settimane. CD24 e OB-cadehrin sono stati identificati nel topo come co-espressi in vivo nel mesenchima metanefrico. Dal mesenchima metanefrico ha origine il nefrone ed e’ una delle due strutture embrionali fondamentali per lo sviluppo del rene. Da questa popolazione principale sono state ottenute 4 nuove sottopopolazioni che identificano sottocompartimenti del glomerulo, come per esempio le cellule corticali stromogeniche (tramite selezione per la Tyrosin Kinase, TrKA), i podociti (selezionati per la Nefrina), le cellule del mesangio (con selezione positiva per PDGFR Alpha) e le cellule in transizione mesenchima-epitelio (con selezione per la Cadherina-E). Tramite PCR e Real Time PCR e’ stata dimostrata la forte specificita’ di ogni singola linea cellulare. E’ necessario uno studio approfondito che preveda per le AKPC differenziazioni in vitro ed in vivo, utilizzando fattori di crescita nefro-specifici e diversi modelli di danno renale acuto e cronico, in modo tale da confermare la loro possibile completa differenziazione in cellule renali mature. Un approfondimento sul meccanismo d’azione e sulle migliori tempisitiche di somministrazione, infine, sono i punti fondamentali da chiarire per comprendere il meccanismo d’azione delle hAFSC in vivo. Queste ricerche sono una base fondamentale per future applicazioni cliniche in pazienti che soffrono di nefropatie acute e croniche

AMNIOTIC FLUID STEM CELLS AND KIDNEY REGENERATION / Giuliani, Stefano. - (2010 Jan 26).

AMNIOTIC FLUID STEM CELLS AND KIDNEY REGENERATION

Giuliani, Stefano
2010

Abstract

L’insufficienza renale terminale ha raggiunto ormai proporzioni epidemiche in tutto il mondo e, tutt’oggi, non sono ancora state trovate terapie sostitutive o rigenerative efficaci a lungo termine. Attualmente la terapia dialitica e il trapianto allogenico rimangono le uniche alternative valide da utilizzare in questi pazienti nonostante se ne conoscano i numerosi limiti e complicanze. Recenti dati epidemiologici, in America e in Europa, mostrano che l’insufficienza renale colpisce circa l’8% della popolazione. [1] L’aumentata domanda di organi, in aggiunta all’insufficiente disponibilita’ di donatori, sta spingendo sempre piu’ i ricercatori di tutto il mondo a sviluppare nuove alternative terapeutiche per la sostituzione dei reni non funzionanti. [2] La creazione di organi bio-artificiali, attraverso l’utilizzo delle tecniche di ingegneria tissutale, ha finora dimostrato grandi difficolta’ specialmente nel riprodurre quegli organi e tessuti la cui struttura e funzione risultino particolarmente complesse, come nel caso dei reni. Storicamente gli ingegneri tissutali che si sono cimentati in questo campo hanno potuto utilizzare esclusivamente linee cellulari adulte dando origine a costrutti bidimensionali caratterizzati da limitata funzione e difficile applicabilita’ in vivo. [3] Nell’ultima dacade le cellule staminali stanno ricevendo sempre maggiore attenzione scientifica grazie al loro crescente impiego nella medicina rigenerativa per la ricostruzione e rigenerazione di tessuti bio-artificiali ed organi. Le cellule Staminali Embrionali (SE), derivate dalla blastocisti, hanno come caratteristiche peculiari il fatto che si replichino ampliamente e che siano capaci di formare aggregati (corpi embrioidi) che possono dar luogo ad una varietà di cellule specializzate come, ad esempio, cellule neurali, cardiache e pancreatiche. [3, 4] Il reclutamento di questo tipo di cellule staminali, tuttavia, comporta la distruzione di embrioni umani creando spinosi problemi etici e morali che portano, in molti Paesi, a vietarne l’utilizzo e il progresso scientifico. Per evitare questo tipo di controversie ricercatori di varie discipline hanno identificato potenziali fonti di cellule staminali alternative. [4, 5] E’ ormai ben noto che in molti tessuti adulti esistono cellule progenitrici con il compito di rigenerare o riparare l'organo a seguito dei fisiologici processi di senescenza o in caso di danno. [6, 7] Ci sono sempre piu’ evidenze che questi progenitori d’organo abbiano caratteristiche di plasticità piu’ elevate di quanto si pensasse originariamente. Parallelamente molti ricercatori credono che la rigenerazione di organi adulti derivi principalmente dalla mobilizzazione di cellule staminali provenienti dal midollo osseo. E’ stato dimostrato che cellule staminali del midollo osseo possono attraversare la barriera endolteliale e dar luogo a differenti linee cellulari differenziate, trasformando cellule circolanti in fegato, cervello, pancreas, pelle, intestino e anche rene. [27, 29] Il liquido amniotico e’stato usato per anni come uno strumento sicuro e valido per la ricerca di malattie genetiche e congenite del feto. Tuttavia, il liquido amniotico contiene un grande numero di cellule progenitrici che posono avere un importante ruolo nelle applicazioni della bioingegneria tissutale. Streubel et al. [8] hanno riportato l’utilizzo di cellule non emopoietiche per la conversione di amniociti in miociti. Recentemente una popolazione di cellule staminali c-Kit+, isolate nel liquido amniotico umano e murino, e’ stata caratterizzata e differenziata in tessuti originati dai tre foglietti embrionali: muscolare, neuronale, adipocitario, epatico, osseo ed endoteliale [9] Nel laboratorio diretto dal dr. R.E. De Filippo, Assistant Professor presso il Childrens Hospital di Los Angeles, abbiamo ampiamente studiato e utilizzato questa nuova popolazione di cellule staminali derivate dal liquido amniotico focalizzando le nostre ricerche sul loro utilizzo nella rigenerazione renale. Abbiamo dimostrato che questa popolazione totipotente di cellule mesenchimali e’ capace di riprodurre alcune tappe essenziali della nefrogenesi dopo essere state iniettate in reni embrionici. Tuttavia, le cellule staminali da liquido amniotico rapresentano meno dell’1% dell’intera popolazione cellulare e forse esistono altri progenitori cellulari, nel liquido stesso, gia’ orientati e piu’ proni alla differenziazione di particolari linee cellulari renali che possano essere utilizzate per gli stessi scopi rigenerativi ma con risultati migliori. Il volume e la composizione del liquido amniotico cambia durante la gravidanza e dall’ottava settimana di gestazione i reni fetali iniziano a produrre liquido che rapidamente aumenta di volume durante il secondo trimestre. [10] Il contatto tra il liquido amniotico e i diversi tessuti fetali sembra giustificare la presenza dei differenti tipi cellulari disciolti nel liquido stesso. La presenza di cellule mature derivanti dai tre foglietti germinali e’ stata gia’ dimostrata in passato come pure la presenza di progenitori cellulari di origine mesenchimale ed emopoietica prima della 12ma settimana gestazionale nell’uomo. [11,12,13] Cellule esprimenti proteine e markers genetici tipici di tessuti diversi come cervello, cuore, e pancreas sono state ritrovate nel liquido amniotico ma ulteriori indagini sono necessarie per completare la caratterizzazione dei diversi tipi cellulari presenti alle diverse eta’ gestazionali. [14, 15, 16] Lo sviluppo renale e’ un complesso processo di attivazione genica, interazioni cellulari ed extracellulari che devono aver luogo secondo un ordine spazio-temporale preciso e nella quantita’ adeguata. Durante l’embriogenesi, il rene metanefrico origina dall’invasione da parte della gemma ureterale, derivata dal dotto epiteliale di Wolffian, nel mesenchima metanefrico. [17] La gemma ureterale inizia la sua arborizzazione all’interno del mesenchima e portera’ alla formazione dell’intero sistema escretore, dall’uretere ai dotti collettori, mentre il mesenchima metanefrico dara’ luogo alle strutture epiteliali costituenti i nefroni (dal tubulo distale alla capsula di Bowman). CD-24 e Caderina 11 sono due markers di superficie che vengono usati per identificare cellule staminali ancora indifferenziate ma presenti nel mesenchima metanefrico prima di ricevere l’induzione da parte della gemma ureterale. [18] In aggiunta, altri markers di superficie che identificano una sottopopolazione di cellule appartenenti al mesenchima metanefrico nei vari stadi dell’induzione verso la nefrogenesi sono stati recentemente descritti in letteratura: Caderine E, PDGFRα, PDGFRβ, e NGFR ad alta affinita’. [19] Cellule Staminali derivate da liquido amniotico e differenziazione renale in vitro e in vivo Negli ultimi sette anni il gruppo di ricerca di cui ho fatto parte per due anni negli Stati Uniti (University of Southern California - Childrens Hospital Los Angeles) sta studiando una popolazione di cellule staminali ricavate da liquido amniotico (Amniotic Fluid Stem Cells, AFSC), umano e murino. Caratterictiche peculiari di questa popolazione cellulare sono: l’espressione di geni e marcatori di superficie comuni a cellule staminali di origine embrionale e mesenchimale; propagazione in vitro senza necessita’ di feeder-layer; mantenimento della lunghezza dei telomeri; capacità di differenziarsi in vitro e in vivo in molti tipi differenti di cellule e tessuti provenienti da tutti e tre i foglietti embrionali. [7] In particolare, negli ultimi 4 anni, il nostro gruppo si e’ concentrato sull’utilizzo di questa particolare popolazione di cellule staminali derivate da liquido amniotico nella rigenerazione renale in vitro e in vivo. [20, 21] Brevemente, siamo stati in grado di dimostrare, basandoci su un sistema in vitro, come le hAFSC abbiano la capacità di differenziarsi in parenchima renale dopo iniezione diretta in reni embrionici (12.5-16 giorni di gestazione) coltivati in vitro fino a 10 giorni. Le cellule staminali da liquido amniotico erano state precedentemente transfettate con il gene codificante una proteina fluorescente verde (GFP) e un secondo gene codificante per il Lac-Z. Mediante queste transfezioni siamo stati in grado di distinguere le cellule iniettate e dopo aver coltivato gli organi, anche a lungo termine (10 giorni), e’ stato possibile dimostrare la loro integrazione ed assimilazione nelle differenti tappe dello sviluppo renale. Analisi istologica dei reni iniettati con le staminali ha rivelato quanto questa popolazione di cellule sia capace di contribuire alle strutture primordiali del rene a partire dalla vescicola renale fino alle ultime fasi della nefrogenesi (tubuli e glomeruli). Mediante RT-PCR abbiamo quindi dimostrato la neoespressione, da parte delle AFSC iniettate, di geni attivi nelle diverse fasi dello sviluppo embrionale del nefrone. [20] Dopo aver dimostrato questa abilità di integrazione nel tessuto renale in via di sviluppo e la compartecipazione a tutte le tappe utili alla formazione del nefrone maturo in vitro, la nostra idea e’ stata quella di procedere all’applicazione in vivo delle cellule staminali da liquido amniotico. L’obiettivo e’ stato quello di dimostrare la loro reale capacità di sopravvivere, replicarsi ed integrarsi attivamente nei reni danneggiati di un modello di topo immunodepresso. Cellule staminali da liquido amniotico di topo (mouse Amniotic Fluid Stem Cells, mAFSC), esprimenti Lac-z e Luciferasi come marcatori, sono quindi state iniettate per via endovenosa (vena della coda) in un modello di topi immunodepressi con tubulonecrosi acuta. Il nostro ultimo obiettivo e’ stato quello di dimostrare se le cellule staminali venissero utilizzate dai reni danneggiati per riparare il danno e quindi fossero in grado di velocizzare la ripresa funzionale dell’organo. I risultati di tali esperimenti hanno dimostrato che le AFSC hanno una buona capacita’, anche in vivo, di integrarsi e partecipare attivamente alla riparazione del danno. Esse hanno iniziato ad esprimere GDNF, un fattore di trascrizione precoce presente nello sviluppo renale e in particolare nella formazione tubulare e glomerulare, e diversi altri markers tubulari quali Acquaporina-2, Agglutinina P, Agglutinina DB. Dagli esperimenti in vivo e’ quindi emerso che la popolazione di cellule staminali totipotenti, derivata da liquido amniotico (hAFSC), e’ capace di differenziarsi in diversi tipi cellulari appartenenti sia a strutture glomerulari (capsula di Bowman) che tubulari (tubulo distale e prossimale) senza dimostrare una chiara specificita’ per una delle due strutture. [9] In accordo con recenti pubblicazioni, abbiamo dimostrato un effetto immuno-modulartorio delle cellule staminali. Lo studio approfondito delle citochine, endogene ed esogene (prodotte dalle hAFSC iniettate), e il loro effetto nel migliorare la porzione infiammatoria del danno renale sono il passo successivo delle nostre ricerche. Un limite potenziale all’utilizzo terapeutico di questa popolazione cellulare totipotente risiede nel fatto che la maggior parte delle malattie renali che portano ad insufficienza renale terminale, colpiscono primariamente le strutture tubulari o quelle glomerulari, ma difficilmente entrambe contemporaneamente. Utilizzando dunque cellule staminali troppo indifferenziate, e quindi totipotenti, si rischierebbe di perdere efficacia terapeutica a causa del fatto che esse riceverebbero troppi segnali contemporaneamente in senso differenziativo e sarebbero indotte a seguire petterns riparativi non mirati e meno efficaci nella riparazione del danno principale. Se infatti avessimo bisogno di trattare selettivamente un danno tubulare piuttosto che uno glomerulare, l’utilizzo di cellule staminali totipotenti non sarebbe cosi’ ottimale come invece l’utilizzo di progenitori tubulo specifici opportunamente espansi ed eventualmente modificati. Questo concetto insieme al fatto che il liquido amniotico e’ composto da differenti popolazioni cellulari ha spinto a considerare la possibilita’ che ci possano essere linee cellulari maggiormente orientate in senso renale (progenitori organo specifici) che possano essere utilizzate in modo piu’ vantaggioso per la rigenerazione di strutture renali specifiche (id. cellule tubulari prossimali o distali, podociti, cellule mesangiali, cellule endoteliali e altro) Caratterizzazione cellulare del liquido amniotico e ricerca di progenitori renali specifici o gia’ parzialmente differenziati L’ultima parte della tesi si e’ concentrata nello studiare ed identificare le varie popolazioni cellulari presenti nel liquido amniotico a diverse settimane di gestazione. I campioni, di eta’ compresa tra le 15 e le 20 settimane di gestazione, sono stati ottenuti tramite amniocentesi, tecnica usata per studiare il cariotipo del feto durante lo sviluppo. Sono stati valutati differenti terreni di coltura, indagando proliferazione e conservazione della morfologia nei campioni ottenuti. L’analisi e la caratterizzazione della popolazione totale presente nel liquido amniotico e’ stata effettuata utilizzando RT-PCR, Real Time PCR e Western Blotting, analizzando l’espressione specifica di geni che sono coinvolti nel mantenimento della pluripotenzialita’, geni che identificano specificatamente i tre foglietti embrionali ed infine geni che identificano progenitori organo-specifici. Sono state inoltre identificate popolazioni specifiche renali, tramite immunoseparazione con biglie magnetiche (MASC). L’espressione di marcatori per i foglietti embrionali endoderma e mesoderma e’ piu’ alta in campioni piu’ giovani rispetto a campioni con tempo di gestazione maggiore mentre, per l’ectoderma, rimane pressoche’ invariata nel tempo. La presenza di cellule pluripotenti e’ costante cosi’ come le cellule staminali mesenchimali mentre le cellule progenitrici ematopoietiche, investigate tramite CD34, fanno la loro comparsa successivamente alle 17 settimane di gestazione. La presenza di progenitori tessuto specifici già “committed” e’ evidente nei campioni di gestazione più avanzata sia per quantitita’ che per specificità dell’organo preso in esame. E’ stata approfondita l’analisi di cellule progenitrici renali, utilizzando un ampio pannello di marcatori che identificano sia la componente tubulare che quella glomerulare del nefrone, struttura fondamentale per la filtrazione renale. I risultati ottenuti confermano la presenza di cellule progenitrici renali dopo le 18 settimane di gestazione. E’ stata identifica e studiata una popolazione esprimente CD24 e Caderin 11 isolata da campioni di liquido amniotico di 18 o piu’ settimane. CD24 e OB-cadehrin sono stati identificati nel topo come co-espressi in vivo nel mesenchima metanefrico. Dal mesenchima metanefrico ha origine il nefrone ed e’ una delle due strutture embrionali fondamentali per lo sviluppo del rene. Da questa popolazione principale sono state ottenute 4 nuove sottopopolazioni che identificano sottocompartimenti del glomerulo, come per esempio le cellule corticali stromogeniche (tramite selezione per la Tyrosin Kinase, TrKA), i podociti (selezionati per la Nefrina), le cellule del mesangio (con selezione positiva per PDGFR Alpha) e le cellule in transizione mesenchima-epitelio (con selezione per la Cadherina-E). Tramite PCR e Real Time PCR e’ stata dimostrata la forte specificita’ di ogni singola linea cellulare. E’ necessario uno studio approfondito che preveda per le AKPC differenziazioni in vitro ed in vivo, utilizzando fattori di crescita nefro-specifici e diversi modelli di danno renale acuto e cronico, in modo tale da confermare la loro possibile completa differenziazione in cellule renali mature. Un approfondimento sul meccanismo d’azione e sulle migliori tempisitiche di somministrazione, infine, sono i punti fondamentali da chiarire per comprendere il meccanismo d’azione delle hAFSC in vivo. Queste ricerche sono una base fondamentale per future applicazioni cliniche in pazienti che soffrono di nefropatie acute e croniche
26-gen-2010
Acute Kidney Disease (CKD) is a major public health problem that affects some 3-7% of patients admitted to the hospital and approximately 25-30% of patients in the intensive care unit. None of the existing therapies are exempt from side effects and kidney physiological functionality is never restored. Transplantation has been reported as the preferred cure for CKD management but organ shortage and risks due to the immunosuppressive therapy makes it far from being the perfect treatment for ESRD. In this study we have focused our attention on finding novel strategies, in vitro and in vivo, to obtain kidney regeneration in case of acute and chronic kidney damage. First we have demonstrated the ability of hAFSCs to survive, proliferate and integrate into the embryonic kidney, while it undergoes organ development, in an in vitro culture system. We observed the presence of hAFSCs within kidney primordial, including tubules and developing nephrons. Thus, hAFSCs seem to have the capacity to undergo the expected mesenchymal to epithelial transition that occurs in normal renal development and are induced to express important early kidney markers such as GDNF, ZO-1 and Claudin. Moreover, hAFSCs do not appear to require prior genetic modification or exogenous production of kidney proteins for their differentiation to occur. This is a very important advantage that hAFSCs have for potential future regenerative or bioengineering application. With the in vivo experiments, we have demonstrated that early direct injection of hAFSCs into the kidney strongly ameliorates ATN injury as reflected by more rapid resolution of tubular structural damage and by normalization of creatinine and BUN levels. In addition, our data show evidence of immunomodulatory and antinflammatory effect of hAFSCs, at an early time point, comparable in magnitude to endogenous cytokine production. Understanding how donor and host cells combine to attenuate tubular damage may lead eventually to the application of hAFSCs for therapeutic purposes in acute kidney diseases. Nonetheless, beside the presence of a small number (1%) of cells with pluripotent characteristics, the composition of the other 99% of Amniotic Fluid cells is diverse, with a great amount of cells exhibiting commitment to a defined germ line or cellular endpoint. There seems to be clear evidence for the existence of progenitor cells in Amniotic Fluid, which can give rise to different cell types of mature organs. By 17 weeks of gestation is notable an increase tissue specific cellular presence and this data may indicate that the choice of the time point for cell selection is fundamental. In addition, we demonstrated in the amniotic fluid, the presence of a renal population with specific traits of commitment. In particular, the presence of podocytes at both undifferentiated and almost mature stages could favour their use for kidney regeneration in vitro and in vivo animal models. The presence and identification of specific renal progenitor cells in the Amniotic Fluid, committed to different compartments of the kidney environment, could represent a valuable new tool for regenerative purposes with regards to the treatment of a broad range of renal diseases. The discovery of renal specific progenitor cells within Amniotic Fluid could bring a breakthrough in the study for novel and more selective approaches in the renal therapy. However, the real pluripotential capability of these progenitors cells, in particular the kidney progenitors presenting more differentiation characteristics, has to be established. Moreover, their potential for survival, proliferation, integration, and differentiation needs to be assessed in in vivo models involving different types of renal damage.
Stem Cells, Kidney Regeneration, Tissue Engineering, Acute Renal Failure
AMNIOTIC FLUID STEM CELLS AND KIDNEY REGENERATION / Giuliani, Stefano. - (2010 Jan 26).
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