Il saggio sul film Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci (1969), libera trasposizione del breve e folgorante racconto di Jorge Luis Borges, è inserito all’interno di un volume collettaneo dedicato al rapporto tra lo scrittore argentino e le immagini. Il testo si muove nella tradizione delle riflessioni che hanno testimoniato sottili o sotterranei incroci tra il mondo estetico di Borges e l’universo delle immagini in movimento. Anche se l’opera realizzata da Bertolucci propone una molto personale riscrittura, discostandosi in maniera significativa dal testo letterario, nel saggio vengono rilevate nelle pieghe di questo apparente “tradimento” alcune “costanti” che, appartenendo all’universo borgesiano, sono presenti anche in altri suoi lavori. L’analisi del film, pur mantenendosi nella tradizione dei molteplici percorsi critici che si sono avvicendati nel tempo intorno a temi e forme aderenti alla concezione estetica del regista, si sofferma sulla costruzione visionaria, fantasmatica e trasfigurata di Tara, spazio scenico abitato da plurime stratificazioni temporali e psichiche. Gli intermittenti rovesciamenti tra vero e falso, il reticolo di forze contrastanti che puntellano la quête del protagonista, vengono esplorati attraverso l’analisi di sequenze esemplari votate al generarsi di figurazioni incluse in una cornice fantasmatica. Il ricorso all’interno del saggio a porzioni del pensiero psicoanalitico si muove anch’esso in una tradizione consolidata, ma in questo caso metodologicamente orientata a non applicare al film protocolli precostituiti. Piuttosto individuando nelle zone di tensione delle immagini, nelle brecce opache dello scheletro narrativo e visivo, possibili tracciati inesplorati verso una lettura che fa della sequenza finale, volutamente ambigua, l’accesso alla consapevole impossibilità di poter afferrare una singola verità totalizzante. Sposando tale direzione, il percorso del protagonista verso la genesi delle proprie origini, può allora anche alludere alla disponibilità ad accogliere una incessante reinvenzione della propria storia, segno di una apertura agli accadimenti, al vortice della vita psichica, così da poter accostarsi all’«altra scena» inaugurata dal pensiero di Freud.

Strategia del ragno, "l'amore della verità è amore di ciò che la verità nasconde"

Rosamaria Salvatore
2022

Abstract

Il saggio sul film Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci (1969), libera trasposizione del breve e folgorante racconto di Jorge Luis Borges, è inserito all’interno di un volume collettaneo dedicato al rapporto tra lo scrittore argentino e le immagini. Il testo si muove nella tradizione delle riflessioni che hanno testimoniato sottili o sotterranei incroci tra il mondo estetico di Borges e l’universo delle immagini in movimento. Anche se l’opera realizzata da Bertolucci propone una molto personale riscrittura, discostandosi in maniera significativa dal testo letterario, nel saggio vengono rilevate nelle pieghe di questo apparente “tradimento” alcune “costanti” che, appartenendo all’universo borgesiano, sono presenti anche in altri suoi lavori. L’analisi del film, pur mantenendosi nella tradizione dei molteplici percorsi critici che si sono avvicendati nel tempo intorno a temi e forme aderenti alla concezione estetica del regista, si sofferma sulla costruzione visionaria, fantasmatica e trasfigurata di Tara, spazio scenico abitato da plurime stratificazioni temporali e psichiche. Gli intermittenti rovesciamenti tra vero e falso, il reticolo di forze contrastanti che puntellano la quête del protagonista, vengono esplorati attraverso l’analisi di sequenze esemplari votate al generarsi di figurazioni incluse in una cornice fantasmatica. Il ricorso all’interno del saggio a porzioni del pensiero psicoanalitico si muove anch’esso in una tradizione consolidata, ma in questo caso metodologicamente orientata a non applicare al film protocolli precostituiti. Piuttosto individuando nelle zone di tensione delle immagini, nelle brecce opache dello scheletro narrativo e visivo, possibili tracciati inesplorati verso una lettura che fa della sequenza finale, volutamente ambigua, l’accesso alla consapevole impossibilità di poter afferrare una singola verità totalizzante. Sposando tale direzione, il percorso del protagonista verso la genesi delle proprie origini, può allora anche alludere alla disponibilità ad accogliere una incessante reinvenzione della propria storia, segno di una apertura agli accadimenti, al vortice della vita psichica, così da poter accostarsi all’«altra scena» inaugurata dal pensiero di Freud.
2022
Visioni, Alfabeti, Mondi. Borges e le immagini
9788846765062
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