La vicenda parte dalla storia di Anna e Angela che, l’8 marzo del 1955, furono arrestate davanti alla fabbrica Ducati di Bologna per aver distribuito la mimosa. Il racconto si allarga ad altri perseguitati politici che sono stati rinchiusi in San Giovanni in Monte: sindacalisti, giornalisti o semplici militanti come Nerino Drusiani, arrestato durante l’allestimento di una festa dell’Unità. La scelta narrativa è stata quella di fare procedere parallelamente le testimonianze dividendo il documentario in 10 capitoli, rinunciando a inserire filmati del tempo e utilizzando come documenti storici circa 250 foto d’epoca, fra queste anche quelle provenienti dagli intervistati. Dal punto di vista comunicativo si è lavorato per un montaggio mirato che garantisse coerenza e continuità narrativa, fruibilità e precisione scientifica. L’intento iniziale era quello di usare il documentario come uno strumento per diffondere aspetti di un periodo dell’Italia repubblicana che nelle attuali vulgate sono stati del tutto rimossi o, al più, mal spiegati limitandosi a richiamare la cornice di comodo della guerra fredda. Categorie storiografiche di “democrazia precaria” o “repubblica della forza” riappaiono nelle storie degli intervistati (comuni a quelle di centinaia di migliaia di altri militanti) ponendosi come cicatrici indelebili nel loro vissuto personale.

Paura non abbiamo

BETTI, ELOISA;
2017

Abstract

La vicenda parte dalla storia di Anna e Angela che, l’8 marzo del 1955, furono arrestate davanti alla fabbrica Ducati di Bologna per aver distribuito la mimosa. Il racconto si allarga ad altri perseguitati politici che sono stati rinchiusi in San Giovanni in Monte: sindacalisti, giornalisti o semplici militanti come Nerino Drusiani, arrestato durante l’allestimento di una festa dell’Unità. La scelta narrativa è stata quella di fare procedere parallelamente le testimonianze dividendo il documentario in 10 capitoli, rinunciando a inserire filmati del tempo e utilizzando come documenti storici circa 250 foto d’epoca, fra queste anche quelle provenienti dagli intervistati. Dal punto di vista comunicativo si è lavorato per un montaggio mirato che garantisse coerenza e continuità narrativa, fruibilità e precisione scientifica. L’intento iniziale era quello di usare il documentario come uno strumento per diffondere aspetti di un periodo dell’Italia repubblicana che nelle attuali vulgate sono stati del tutto rimossi o, al più, mal spiegati limitandosi a richiamare la cornice di comodo della guerra fredda. Categorie storiografiche di “democrazia precaria” o “repubblica della forza” riappaiono nelle storie degli intervistati (comuni a quelle di centinaia di migliaia di altri militanti) ponendosi come cicatrici indelebili nel loro vissuto personale.
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