Nell’antico Libro dei morti egizio è raffigurata la dea Ma’at che pesa il cuore del defunto, in modo da stabilirne le eventuali colpe. Abbiamo un destinatario, un’autorità esecutrice, una regola, uno strumento specifico, un procedimento di attuazione e un esito con conseguenze definitive. La bilancia e la pesatura suppongono un ordine cosmico che eccede quella vita terrena che su di esso viene commisurata. Al contempo, nel cuore del defunto messo sul piatto si rapprende l’intera sua vita, la sua individualità, qualcosa che nemmeno la morte può cancellare e della quale risponde in modo proprio e insostituibile. Da tempo immemore la bilancia è simbolo della giustizia che si fa nel giudizio tramite strumenti, regole e procedure; della giustizia che si può e si deve amministrare quale momento ineludibile della vita associata. Ma questo non basta ad esaurire la portata della nozione di giustizia: proprio l’antica immagine ci spinge a guardare oltre. Se ciò che viene pesato è il cuore del defunto, allora la giustizia ha anche una dimensione interiore, quale modo d’essere che qualifica e identifica un individuo nella sua irripetibilità e indissolubilità. Al contempo, ogni giudizio richiede delle condizioni previe che lo rendono possibile, che tanto lo precedono quanto lo sovrastano. Guardando oltre la bilanciasi dispiega così una pluralità di significati e ambiti dell’idea di giustizia: non solo quella che troviamo fuori di noi, fatta di regole e procedure, ma anche e soprattutto quella che è all’opera dentro di noi e ci fa essere quel che siamo, e quella che da sempre rende possibile tutto ciò in quanto è sopra o oltre di noi.

Oltre la bilancia. Percorsi filosofici sulla giustizia

stefano fuselli
2025

Abstract

Nell’antico Libro dei morti egizio è raffigurata la dea Ma’at che pesa il cuore del defunto, in modo da stabilirne le eventuali colpe. Abbiamo un destinatario, un’autorità esecutrice, una regola, uno strumento specifico, un procedimento di attuazione e un esito con conseguenze definitive. La bilancia e la pesatura suppongono un ordine cosmico che eccede quella vita terrena che su di esso viene commisurata. Al contempo, nel cuore del defunto messo sul piatto si rapprende l’intera sua vita, la sua individualità, qualcosa che nemmeno la morte può cancellare e della quale risponde in modo proprio e insostituibile. Da tempo immemore la bilancia è simbolo della giustizia che si fa nel giudizio tramite strumenti, regole e procedure; della giustizia che si può e si deve amministrare quale momento ineludibile della vita associata. Ma questo non basta ad esaurire la portata della nozione di giustizia: proprio l’antica immagine ci spinge a guardare oltre. Se ciò che viene pesato è il cuore del defunto, allora la giustizia ha anche una dimensione interiore, quale modo d’essere che qualifica e identifica un individuo nella sua irripetibilità e indissolubilità. Al contempo, ogni giudizio richiede delle condizioni previe che lo rendono possibile, che tanto lo precedono quanto lo sovrastano. Guardando oltre la bilanciasi dispiega così una pluralità di significati e ambiti dell’idea di giustizia: non solo quella che troviamo fuori di noi, fatta di regole e procedure, ma anche e soprattutto quella che è all’opera dentro di noi e ci fa essere quel che siamo, e quella che da sempre rende possibile tutto ciò in quanto è sopra o oltre di noi.
2025
978-88-351-7379-3
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3559172
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
  • OpenAlex ND
social impact