Le forme dell’educazione prendono, talvolta, direzioni inattese e si muovono lungo traiettorie che, per alcuni educatori, sembrano destinate a non incrociarsi mai. Accade, invece, che proprio figure il cui progetto educativo e pedagogico appare fortemente identitario, e per questo difficilmente riconducibile a percorsi condivisi, rivelino, nelle loro scelte e prospettive, sorprendenti punti di contatto. Così accade, ad esempio, per due visioni educative che, pur giungendo da vie diverse, hanno saputo intravedere nella televisione non un canale trasmissivo e passivo, ma uno spazio di possibilità: un luogo formativo permeabile all’immaginazione, alla creatività, a un progetto educativo “esito di un «gioco» che si è sviluppato su più dimensioni: logiche e fantastiche, tecniche ed estetiche”. Fra questi territori — la storia della pedagogia e dell’educazione, dell’immaginario visivo e della cosiddetta TV educativa — il contributo di Alberto Manzi e Bruno Munari nel contesto televisivo italiano del secondo Novecento si rivela come un punto di inaspettata convergenza. Il maestro Manzi, con Non è mai troppo tardi (1960), ha rivoluzionato le pratiche di alfabetizzazione degli adulti, rendendo l'apprendimento accessibile e interattivo, anche se a distanza e mediato da uno schermo. Ma Manzi, nel mondo della televisione, non si è dedicato solo all’alfabetizzazione degli adulti ma anche di bambini e bambine, ragazzi e ragazze attraverso anche diverse altre trasmissioni quali Snip-snap (1962) e Impariamo ad imparare (1971). Anche il progettista e designer Bruno Munari, attraverso programmi come Costruire è facile (1956) e La scatola dei giochi (1976), si è cimentato con l'educazione visivo-artistica mediante il mezzo televisivo, elaborando interventi finalizzati a stimolare la creatività di bambine e bambini attraverso un approccio ludico e sperimentale. Entrambi hanno saputo connettere il pensare al fare e il fare al pensare, utilizzando la televisione come ponte e mezzo divulgativo innovativo. In questo loro lavoro hanno promosso la necessità di pratiche didattiche ed educative basate su diversi linguaggi e sull'interattività, prefigurando dibattiti pedagogici contemporanei su metodi educativi inclusivi e dinamici. Ci sono molti punti di contatti fra due figure di spicco del Novecento italiano. Ma accanto alle convergenze, vi sono anche alcuni aspetti che ovviamente sottolineano una certa distanza nel modo avvicinare la dimensione della creatività d’infanzia e la prospettiva pedagogica fra questi due visionari dell’educazione televisiva.

L'incontro tra pedagogia, immaginari educativi e media nel secondo Novecento: Manzi e Munari, visionari dell'educazione televisiva

Marnie Campagnaro
2025

Abstract

Le forme dell’educazione prendono, talvolta, direzioni inattese e si muovono lungo traiettorie che, per alcuni educatori, sembrano destinate a non incrociarsi mai. Accade, invece, che proprio figure il cui progetto educativo e pedagogico appare fortemente identitario, e per questo difficilmente riconducibile a percorsi condivisi, rivelino, nelle loro scelte e prospettive, sorprendenti punti di contatto. Così accade, ad esempio, per due visioni educative che, pur giungendo da vie diverse, hanno saputo intravedere nella televisione non un canale trasmissivo e passivo, ma uno spazio di possibilità: un luogo formativo permeabile all’immaginazione, alla creatività, a un progetto educativo “esito di un «gioco» che si è sviluppato su più dimensioni: logiche e fantastiche, tecniche ed estetiche”. Fra questi territori — la storia della pedagogia e dell’educazione, dell’immaginario visivo e della cosiddetta TV educativa — il contributo di Alberto Manzi e Bruno Munari nel contesto televisivo italiano del secondo Novecento si rivela come un punto di inaspettata convergenza. Il maestro Manzi, con Non è mai troppo tardi (1960), ha rivoluzionato le pratiche di alfabetizzazione degli adulti, rendendo l'apprendimento accessibile e interattivo, anche se a distanza e mediato da uno schermo. Ma Manzi, nel mondo della televisione, non si è dedicato solo all’alfabetizzazione degli adulti ma anche di bambini e bambine, ragazzi e ragazze attraverso anche diverse altre trasmissioni quali Snip-snap (1962) e Impariamo ad imparare (1971). Anche il progettista e designer Bruno Munari, attraverso programmi come Costruire è facile (1956) e La scatola dei giochi (1976), si è cimentato con l'educazione visivo-artistica mediante il mezzo televisivo, elaborando interventi finalizzati a stimolare la creatività di bambine e bambini attraverso un approccio ludico e sperimentale. Entrambi hanno saputo connettere il pensare al fare e il fare al pensare, utilizzando la televisione come ponte e mezzo divulgativo innovativo. In questo loro lavoro hanno promosso la necessità di pratiche didattiche ed educative basate su diversi linguaggi e sull'interattività, prefigurando dibattiti pedagogici contemporanei su metodi educativi inclusivi e dinamici. Ci sono molti punti di contatti fra due figure di spicco del Novecento italiano. Ma accanto alle convergenze, vi sono anche alcuni aspetti che ovviamente sottolineano una certa distanza nel modo avvicinare la dimensione della creatività d’infanzia e la prospettiva pedagogica fra questi due visionari dell’educazione televisiva.
2025
“Il coraggio di pensare a voce alta”. Educazione, linguistica, letteratura per l’infanzia. L’eredità di Alberto Manzi a 100 anni dalla nascita
9788835174226
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