L’articolo prende spunto da alcune recenti iniziative editoriali che hanno ad oggetto l’Historia scholastica, opera principale di Pietro Comestore (attestato sino al 1178), per prendere in considerazione questo autore e la sua collocazione storiografica. Secondo M. Grabmann il Comestore, insieme a Pietro Cantore e Stefano Langton, formava la cosiddetta “direzione biblico-morale della teologia”, contrapposta ad un “versante teoretico” rappresentato da Ugo di San Vittore, Abelardo, Roberto di Melun, Pietro Lombardo e Pietro di Poitiers. Questa classificazione viene criticata in quanto sovrappone agli autori una contrapposizione che non trova riscontro nei loro testi e nemmeno nei generi letterari da essi praticati. Stefano Langton, ad esempio, oltre ad essere un grande esegeta, compose un commento alle Sententiae e molte “quaestiones” teologiche nelle quali mostra un uso molto raffinato di competenze derivate dallo studio delle arti del linguaggio; Pietro Comestore, oltre ad essere stato un allievo (o almeno un uditore) diretto di Pietro Lombardo, compose probabilmente un commento alle Sentenze e diverse “quaestiones” theologiche; Pietro Lombardo, d’altro canto, non fu solo l’autore delle Sentenze, ma anche (non meno di Gilberto Porreta) di commenti ai Salmi e alle Epistole di Paolo, nonché di sermoni. L’articolo cerca di mostrare la necessità di superare questa contrapposizione tra una teologia speculativa ed una orientata verso la pastorale, analizzando diversi prologi premessi a commentari sull’Historia scholastica di diversi autori insieme ad altri testi di contenuto analogo: due prologi di commenti all’Historia scolastica di Stefano Langton (uno pubblicato recentemente da M. Clark ed uno pubblicato alcuni anni fa da R. Quinto) ed uno al commento di Ugo di St. Cher; le “Allegoriae super tebernaculum Moysi” e il “De candelabro” di Pietro di Poitiers. Tutti questi testi mettono in opera una concezione tripartita delle società (laici/coniugati - clerici/eremiti/contemplativi – “rectores siue praedicatores”) e pongono in rilievo con grande insistenza la figura del “praelatus”, caratterizzata dal un’approfondita conoscenza della Scrittura e dal compito di predicare. L’autore conclude sottolineando che gli stessi autori hanno praticato tanto una teologia “speculativa” nutrita da un ricorso ampio a competenze logiche, quanto generi letterari più aperti all’uso di immagini (“teologia allegorica”). Entrambi questi ambiti, oltre ad essere praticati dagli stessi intellettuali, paiono rivolti anche allo stesso pubblico, un pubblico clericale che deve essere al tempo stesso istruito a cogliere l’unità fondamentale del messaggio biblico ed indotto per mezzo di un’elaborata parenesi ad abbracciare una forte spiritualità della “vita attiva”.

"Teologia allegorica" e "teologia scolastica" in alcuni commenti all' "Historia scholastica" di Pietro Comestore

QUINTO, RICCARDO
2009

Abstract

L’articolo prende spunto da alcune recenti iniziative editoriali che hanno ad oggetto l’Historia scholastica, opera principale di Pietro Comestore (attestato sino al 1178), per prendere in considerazione questo autore e la sua collocazione storiografica. Secondo M. Grabmann il Comestore, insieme a Pietro Cantore e Stefano Langton, formava la cosiddetta “direzione biblico-morale della teologia”, contrapposta ad un “versante teoretico” rappresentato da Ugo di San Vittore, Abelardo, Roberto di Melun, Pietro Lombardo e Pietro di Poitiers. Questa classificazione viene criticata in quanto sovrappone agli autori una contrapposizione che non trova riscontro nei loro testi e nemmeno nei generi letterari da essi praticati. Stefano Langton, ad esempio, oltre ad essere un grande esegeta, compose un commento alle Sententiae e molte “quaestiones” teologiche nelle quali mostra un uso molto raffinato di competenze derivate dallo studio delle arti del linguaggio; Pietro Comestore, oltre ad essere stato un allievo (o almeno un uditore) diretto di Pietro Lombardo, compose probabilmente un commento alle Sentenze e diverse “quaestiones” theologiche; Pietro Lombardo, d’altro canto, non fu solo l’autore delle Sentenze, ma anche (non meno di Gilberto Porreta) di commenti ai Salmi e alle Epistole di Paolo, nonché di sermoni. L’articolo cerca di mostrare la necessità di superare questa contrapposizione tra una teologia speculativa ed una orientata verso la pastorale, analizzando diversi prologi premessi a commentari sull’Historia scholastica di diversi autori insieme ad altri testi di contenuto analogo: due prologi di commenti all’Historia scolastica di Stefano Langton (uno pubblicato recentemente da M. Clark ed uno pubblicato alcuni anni fa da R. Quinto) ed uno al commento di Ugo di St. Cher; le “Allegoriae super tebernaculum Moysi” e il “De candelabro” di Pietro di Poitiers. Tutti questi testi mettono in opera una concezione tripartita delle società (laici/coniugati - clerici/eremiti/contemplativi – “rectores siue praedicatores”) e pongono in rilievo con grande insistenza la figura del “praelatus”, caratterizzata dal un’approfondita conoscenza della Scrittura e dal compito di predicare. L’autore conclude sottolineando che gli stessi autori hanno praticato tanto una teologia “speculativa” nutrita da un ricorso ampio a competenze logiche, quanto generi letterari più aperti all’uso di immagini (“teologia allegorica”). Entrambi questi ambiti, oltre ad essere praticati dagli stessi intellettuali, paiono rivolti anche allo stesso pubblico, un pubblico clericale che deve essere al tempo stesso istruito a cogliere l’unità fondamentale del messaggio biblico ed indotto per mezzo di un’elaborata parenesi ad abbracciare una forte spiritualità della “vita attiva”.
2009
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