Le indagini di psicologia della salute, che incrociano i territori della psichiatria, della psicologia sociale e clinica, mettono in evidenza quanto i concetti di “salute” e “malattia” siano informati da strutture di senso di cui i saperi scientifici sono, per quanto importanti, solo una parte e non la totalità . Vieppiù le rappresentazioni relative a tali oggetti di studio costituiscono un universo complesso, con il quale qualsiasi intervento sociale orientato all’aumento del benessere collettivo deve fare i conti quando intenda promuovere strategie preventive . Il tema dell’anoressia, similmente a molte forme di sofferenza psichiatrica, mette in risalto questa caratteristica di fondo; infatti esso è già stato ampiamente affrontato proprio in termini culturali, tanto che accanto alla letteratura più squisitamente clinica si è sviluppata una folta congerie di pubblicazioni che ha destato l’interesse di un vasto pubblico non specialistico. Parallelamente, in ambito scientifico, tale patologia è altresì segnalata da più parti come un “disturbo etnico” o una “sindrome culturale” (Culture Bound Syndrome [CBS] ); Richard A. Gordon ha utilizzato la prima definizione riprendendola dall’etnopsichiatra Georges Devereux , il quale ha coniato l’espressione per indicare le specifiche forme tramite cui i diversi gruppi umani manifestano il proprio disagio esistenziale. Le due concezioni intendono indicare la stessa peculiarità, ossia che l’anoressia (similmente alla bulimia) è un’espressione psicopatologica tipicamente occidentale. Ciò che rende vieppiù “culturale” il fenomeno è il fatto che essa colpisca anche donne non occidentali immigrate in Occidente e soggetti che vivano in Paesi che si stanno rapidamente occidentalizzando . I ricercatori interessati all’argomento hanno più volte sottolineato questa caratteristica, manifestando l’esigenza di considerare non solo gli aspetti diagnostici e prognostici, ma il vasto contesto culturale in cui essi acquistano senso , per arricchire il momento terapeutico di un più ampio orizzonte d’interpretazione. Coloro che hanno risposto a questa istanza , hanno espresso la volontà di non restringere l’analisi agli indicatori clinici dell’anoressia, quanto piuttosto, al di là di queste fondamentali determinazioni, di considerare quali elementi entrino in gioco nelle dinamiche tra soggetto e ordini simbolici socialmente costituiti.

Mistica dell'anoressia femminile tra Medioevo e Novecento: La rappresentazione della fame in Caterina Benicasa e Simone Weil

TESTONI, INES
2001

Abstract

Le indagini di psicologia della salute, che incrociano i territori della psichiatria, della psicologia sociale e clinica, mettono in evidenza quanto i concetti di “salute” e “malattia” siano informati da strutture di senso di cui i saperi scientifici sono, per quanto importanti, solo una parte e non la totalità . Vieppiù le rappresentazioni relative a tali oggetti di studio costituiscono un universo complesso, con il quale qualsiasi intervento sociale orientato all’aumento del benessere collettivo deve fare i conti quando intenda promuovere strategie preventive . Il tema dell’anoressia, similmente a molte forme di sofferenza psichiatrica, mette in risalto questa caratteristica di fondo; infatti esso è già stato ampiamente affrontato proprio in termini culturali, tanto che accanto alla letteratura più squisitamente clinica si è sviluppata una folta congerie di pubblicazioni che ha destato l’interesse di un vasto pubblico non specialistico. Parallelamente, in ambito scientifico, tale patologia è altresì segnalata da più parti come un “disturbo etnico” o una “sindrome culturale” (Culture Bound Syndrome [CBS] ); Richard A. Gordon ha utilizzato la prima definizione riprendendola dall’etnopsichiatra Georges Devereux , il quale ha coniato l’espressione per indicare le specifiche forme tramite cui i diversi gruppi umani manifestano il proprio disagio esistenziale. Le due concezioni intendono indicare la stessa peculiarità, ossia che l’anoressia (similmente alla bulimia) è un’espressione psicopatologica tipicamente occidentale. Ciò che rende vieppiù “culturale” il fenomeno è il fatto che essa colpisca anche donne non occidentali immigrate in Occidente e soggetti che vivano in Paesi che si stanno rapidamente occidentalizzando . I ricercatori interessati all’argomento hanno più volte sottolineato questa caratteristica, manifestando l’esigenza di considerare non solo gli aspetti diagnostici e prognostici, ma il vasto contesto culturale in cui essi acquistano senso , per arricchire il momento terapeutico di un più ampio orizzonte d’interpretazione. Coloro che hanno risposto a questa istanza , hanno espresso la volontà di non restringere l’analisi agli indicatori clinici dell’anoressia, quanto piuttosto, al di là di queste fondamentali determinazioni, di considerare quali elementi entrino in gioco nelle dinamiche tra soggetto e ordini simbolici socialmente costituiti.
2001
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