La figura di Proteo elaborata dal Patrizi nell’Eridano trova chiari riscontri operativi nel De partu Virginis del Sannazaro e nella Gerusalemme Liberata del Tasso. Mente riflette il veggente sannazariano che predice i Saturnia regna e la nascita di Cristo, si riflette in qualche modo sdoppiato in Pietro l’Eremita e nel mago di Ascalona della Liberta tassiana. Lontano dal »savio« Merlino dell’epica cavalleresca, il »buon romito« del Tasso, che rivela a Carlo e Ubaldo la prigione di Rinaldo riproduce infatti in gran parte il »profeta« del mare di cui parlano, in modi sia pure diversi, il poeta dell’Arcadia e il filosofo di Cherso, rifacendosi alle Georgiche virgiliane. Estranea ai suffumigi e alle formule della Melissa ariostesca, la magia naturale del »vechio onesto«, che mostra all’eroe liberato le imprese degli avi, rinvia alla »scienza riposta« dell’»interprete divino« dipinto da entrambi. Al Tasso non è certo sfuggito il piccolo poema dell’autore del Trimerone, con il quale, e proprio sui temi dell’epica ariostesca, entra presto in conflitto nel secondo Cinquecento, dando luogo a una delle polemiche letterarie piu vivaci dell’epoca. Assieme alle Georgiche e al De partu Virginis, l’Eridano gli offre un’alternativa concreta alla sperimetazione di un »invisibile« situato al di fuori del contesto romanzesco. È un tramite neoplatonico sicuro allo sviluppo del »meraviglioso verisimile«, una via del tutto credibile alla produzione del»mirabile« cristiano.

Figure Proteja u sesnaestom stoljecu. Metamorfoze morskog proroka u Petrica, Sannazara i Tassa

BORSETTO, LUCIANA
2000

Abstract

La figura di Proteo elaborata dal Patrizi nell’Eridano trova chiari riscontri operativi nel De partu Virginis del Sannazaro e nella Gerusalemme Liberata del Tasso. Mente riflette il veggente sannazariano che predice i Saturnia regna e la nascita di Cristo, si riflette in qualche modo sdoppiato in Pietro l’Eremita e nel mago di Ascalona della Liberta tassiana. Lontano dal »savio« Merlino dell’epica cavalleresca, il »buon romito« del Tasso, che rivela a Carlo e Ubaldo la prigione di Rinaldo riproduce infatti in gran parte il »profeta« del mare di cui parlano, in modi sia pure diversi, il poeta dell’Arcadia e il filosofo di Cherso, rifacendosi alle Georgiche virgiliane. Estranea ai suffumigi e alle formule della Melissa ariostesca, la magia naturale del »vechio onesto«, che mostra all’eroe liberato le imprese degli avi, rinvia alla »scienza riposta« dell’»interprete divino« dipinto da entrambi. Al Tasso non è certo sfuggito il piccolo poema dell’autore del Trimerone, con il quale, e proprio sui temi dell’epica ariostesca, entra presto in conflitto nel secondo Cinquecento, dando luogo a una delle polemiche letterarie piu vivaci dell’epoca. Assieme alle Georgiche e al De partu Virginis, l’Eridano gli offre un’alternativa concreta alla sperimetazione di un »invisibile« situato al di fuori del contesto romanzesco. È un tramite neoplatonico sicuro allo sviluppo del »meraviglioso verisimile«, una via del tutto credibile alla produzione del»mirabile« cristiano.
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