L’autismo infantile viene oggi definito, secondo l’ultima revisione della classificazione internazionale dei disturbi psichici e comportamentali prevista dall’ICD-10 come una sindrome caratterizzata dalla presenza di una compromissione dello sviluppo che si rende manifesta prima dei tre anni. Il quadro è più frequente nei maschi con un’incidenza di tre-quattro volte superiore rispetto alle femmine. Le alterazioni della comunicazione sono tra i sintomi clinici più rilevanti e precoci nella loro manifestazione nell’autismo primario come pure nelle sindromi da alterazioni globali dello sviluppo psicologico. In tutti questi casi si impone quindi una diagnosi differenziale innanzi tutto con la sordità, come già suggerito nel DSM III-R dall’American Psychiatric Association nel 1987. Infatti, anche in casi di sindrome autistica con manifestazioni cliniche più evidenti sul versante relazionale dobbiamo sempre sospettare la presenza di una perdita uditiva data l’assenza di reazioni al suono e l’impossibilità di eseguire test psicoacustici affidabili. I disturbi di tipo relazionale vengono spesso confusi con un deficit uditivo ed è quindi evidente la necessità di poter disporre di un inquadramento audiologico del bambino anche in presenza di una espressione linguistica. Tenendo conto che nella quasi totalità dei casi i pazienti affetti da autismo non sono collaboranti, la valutazione obiettiva di soglia attraverso metodiche di tipo elettrofisiologico rappresenta il cardine della diagnosi di ipoacusia. L’esame di prima scelta è la registrazione dei potenziali evocati uditivi del tronco che, associato ai dati dell’impedenzometria e alla registrazione delle otoemissioni acustiche, consente nella maggior parte dei casi di individuare la presenza e il tipo di ipoacusia e di quantificarne l’entità. Inoltre, la registrazione dell'elettrococleografia mostra un aumento significativo di ampiezza della risposta neurale e delle componenti recettoriali rispetto alla popolazione normale. Tale dato è stato interpretato come evidenza dell'alterazione dei meccanismi di controllo esercitati dalla corteccia cerebrale sul sistema efferente.

Autismo e ipoacusia

SANTARELLI, ROSAMARIA;ARSLAN, EDOARDO
2000

Abstract

L’autismo infantile viene oggi definito, secondo l’ultima revisione della classificazione internazionale dei disturbi psichici e comportamentali prevista dall’ICD-10 come una sindrome caratterizzata dalla presenza di una compromissione dello sviluppo che si rende manifesta prima dei tre anni. Il quadro è più frequente nei maschi con un’incidenza di tre-quattro volte superiore rispetto alle femmine. Le alterazioni della comunicazione sono tra i sintomi clinici più rilevanti e precoci nella loro manifestazione nell’autismo primario come pure nelle sindromi da alterazioni globali dello sviluppo psicologico. In tutti questi casi si impone quindi una diagnosi differenziale innanzi tutto con la sordità, come già suggerito nel DSM III-R dall’American Psychiatric Association nel 1987. Infatti, anche in casi di sindrome autistica con manifestazioni cliniche più evidenti sul versante relazionale dobbiamo sempre sospettare la presenza di una perdita uditiva data l’assenza di reazioni al suono e l’impossibilità di eseguire test psicoacustici affidabili. I disturbi di tipo relazionale vengono spesso confusi con un deficit uditivo ed è quindi evidente la necessità di poter disporre di un inquadramento audiologico del bambino anche in presenza di una espressione linguistica. Tenendo conto che nella quasi totalità dei casi i pazienti affetti da autismo non sono collaboranti, la valutazione obiettiva di soglia attraverso metodiche di tipo elettrofisiologico rappresenta il cardine della diagnosi di ipoacusia. L’esame di prima scelta è la registrazione dei potenziali evocati uditivi del tronco che, associato ai dati dell’impedenzometria e alla registrazione delle otoemissioni acustiche, consente nella maggior parte dei casi di individuare la presenza e il tipo di ipoacusia e di quantificarne l’entità. Inoltre, la registrazione dell'elettrococleografia mostra un aumento significativo di ampiezza della risposta neurale e delle componenti recettoriali rispetto alla popolazione normale. Tale dato è stato interpretato come evidenza dell'alterazione dei meccanismi di controllo esercitati dalla corteccia cerebrale sul sistema efferente.
2000
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