L'articolo prende in considerazione l'azione svolta dal gesuita Angelo De Santi per la riforma della musica sacra, esaminando i suoi scritti apparsi nella rivista "La civiltà cattolica", con riguardo alle riflessioni sul rapporto tra parola e musica e tra musica e liturgia, oltre alla particolare e originale concezione della storia della musica espressa dall'autore. L'esigenza manifestata dal De Santi di salvaguardare e rivalutare la tradizione non discende, però, da un rifiuto acritico e preconcetto della musica contemporanea. Il presupposto da cui muove la sua riflessione è la differenza radicale che egli ritiene di stabilire tra i diversi generi del linguaggio sonoro, quelli del suo tempo in particolare, e la musica liturgica la cui funzione è di mettere in comunicazione l'uomo con Dio. Il De Santi ritiene che la musica del suo tempo, per quanto di fattura eccelsa, sia inadeguata a questo scopo in quanto separa e privilegia l'aspetto estetico ed edonistico da quello simbolico e analogico proprio dell'atto liturgico. La sua posizione viene argomentata attraverso una lettura critica e documentata di testi autorevoli sia della letteratura cristiana sia dei principali scrittori e teorici della musica del sec. XIX.

Il movimento ceciliano e la storiografia musicale in Italia. Il contributo di Angelo De Santi

LOVATO, ANTONIO
2005

Abstract

L'articolo prende in considerazione l'azione svolta dal gesuita Angelo De Santi per la riforma della musica sacra, esaminando i suoi scritti apparsi nella rivista "La civiltà cattolica", con riguardo alle riflessioni sul rapporto tra parola e musica e tra musica e liturgia, oltre alla particolare e originale concezione della storia della musica espressa dall'autore. L'esigenza manifestata dal De Santi di salvaguardare e rivalutare la tradizione non discende, però, da un rifiuto acritico e preconcetto della musica contemporanea. Il presupposto da cui muove la sua riflessione è la differenza radicale che egli ritiene di stabilire tra i diversi generi del linguaggio sonoro, quelli del suo tempo in particolare, e la musica liturgica la cui funzione è di mettere in comunicazione l'uomo con Dio. Il De Santi ritiene che la musica del suo tempo, per quanto di fattura eccelsa, sia inadeguata a questo scopo in quanto separa e privilegia l'aspetto estetico ed edonistico da quello simbolico e analogico proprio dell'atto liturgico. La sua posizione viene argomentata attraverso una lettura critica e documentata di testi autorevoli sia della letteratura cristiana sia dei principali scrittori e teorici della musica del sec. XIX.
2005
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