Il lavoro prende spunto dalla prima sentenza resa in Italia sulla vendita di titoli di stato argentini, ed analizza le numerose disposizioni del testo unico dell'intermediazione finanziaria (d. lgs. 58/1998) applicate o comunque citate dal giudice nella fattispecie. I principali rilevi critici riguardano: i) - il profilo del conflitto di interessi, rispetto al quale il lavoro dimostra l'irrilevanza - ai sensi dell'art. 21, primo comma, lett. c), t.u.i.f., e dell'art. 27 regolamento Consob intermediari - del preteso requisito del danno (anche solo potenziale); ii) - i profili della adeguata e completa informazione al cliente e dell'adeguatezza dell'operazione, sulla cui base il giudice ha pronuciato sentenza di condanna della banca convenuta in giudizio, e che il lavoro esamina nella loro relazione reciproca, con alcune proposte di soluzione sia per i casi in cui il cliente non abbia fornito indicazioni sulla propria situazione finanziaria sia con riferimento alle variabili da considerare (e a quelle invece non rilevanti) nell'accertamento della suitability dell'operazione; iii) - la ripartizione dell'onere della prova, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, t.u.i.f., che il lavoro inquadra come eccezione ai principi che regolano le obbligazioni di mezzi; iv) - le conseguenze della violazione delle norme di comportamento degli intermediari, a cui la sentenza ricollega la nullità degli ordini di acquisto (ai sensi dell'art. 1418 c.c.), e che il lavoro, con ampia motivazione, considera come fonte di un (mero) dovere di risarcimento gravante sugli intermediari; v) - la condanna della banca al pagamento degli interessi, in applicazione dell'art. 2033 cod.civ., con alcune osservazioni in particolare relative al tema (non sviluppato nella sentenza) della mala fede della banca. L'ultima parte del lavoro, infine, si occupa di un aspetto considerato fondamentale, anche se non toccato dalla sentenza, e cioè della possibilità di applicare alla fattispecie (così come a molti altri casi di "risparmio tradito") le norme in tema di sollecitazione all'investimento. Sotto questo profilo, si critica in particolare il requisito della "standardizzazione dell'offerta", cui autorevole dottrina subordina la configurabilità di una sollecitazione all'investimento: requisito che contrasta sia con una serie di indici normativi sia con l'interpretazione teleologica dell'istituto, volto a tutelare i risparmiatori in tutte le ipotesi in cui vi sia un need of protection, e quindi un'asimmetria informativa (a prescindere dalla standardizzazione o meno dell'offerta).

La prima sentenza italiana sulla vendita di tango bonds

SCIMEMI, ETTORE
2004

Abstract

Il lavoro prende spunto dalla prima sentenza resa in Italia sulla vendita di titoli di stato argentini, ed analizza le numerose disposizioni del testo unico dell'intermediazione finanziaria (d. lgs. 58/1998) applicate o comunque citate dal giudice nella fattispecie. I principali rilevi critici riguardano: i) - il profilo del conflitto di interessi, rispetto al quale il lavoro dimostra l'irrilevanza - ai sensi dell'art. 21, primo comma, lett. c), t.u.i.f., e dell'art. 27 regolamento Consob intermediari - del preteso requisito del danno (anche solo potenziale); ii) - i profili della adeguata e completa informazione al cliente e dell'adeguatezza dell'operazione, sulla cui base il giudice ha pronuciato sentenza di condanna della banca convenuta in giudizio, e che il lavoro esamina nella loro relazione reciproca, con alcune proposte di soluzione sia per i casi in cui il cliente non abbia fornito indicazioni sulla propria situazione finanziaria sia con riferimento alle variabili da considerare (e a quelle invece non rilevanti) nell'accertamento della suitability dell'operazione; iii) - la ripartizione dell'onere della prova, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, t.u.i.f., che il lavoro inquadra come eccezione ai principi che regolano le obbligazioni di mezzi; iv) - le conseguenze della violazione delle norme di comportamento degli intermediari, a cui la sentenza ricollega la nullità degli ordini di acquisto (ai sensi dell'art. 1418 c.c.), e che il lavoro, con ampia motivazione, considera come fonte di un (mero) dovere di risarcimento gravante sugli intermediari; v) - la condanna della banca al pagamento degli interessi, in applicazione dell'art. 2033 cod.civ., con alcune osservazioni in particolare relative al tema (non sviluppato nella sentenza) della mala fede della banca. L'ultima parte del lavoro, infine, si occupa di un aspetto considerato fondamentale, anche se non toccato dalla sentenza, e cioè della possibilità di applicare alla fattispecie (così come a molti altri casi di "risparmio tradito") le norme in tema di sollecitazione all'investimento. Sotto questo profilo, si critica in particolare il requisito della "standardizzazione dell'offerta", cui autorevole dottrina subordina la configurabilità di una sollecitazione all'investimento: requisito che contrasta sia con una serie di indici normativi sia con l'interpretazione teleologica dell'istituto, volto a tutelare i risparmiatori in tutte le ipotesi in cui vi sia un need of protection, e quindi un'asimmetria informativa (a prescindere dalla standardizzazione o meno dell'offerta).
2004
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