Le vicende delle comunità italiane nell’Adriatico orientale, le “estreme parti” della nazione italiana comprese tra Gorizia, Trieste, Istria, Fiume e la Dalmazia, hanno avuto diverse interpretazioni storiche a seconda delle congiunture politiche e delle temperie culturali che si sono susseguite nella complessiva storia nazionale italiana. Dal confine molto nebuloso delle Venezie orientali, ancora indefinito nel Risorgimento (1848-60), era emerso il confine orientale della nazione italiana unificatasi nel 1860. La funzione politica e militare, per il regno d’Italia, del controllo delle sponde adriatiche orientali a lungo sono stati motivi sui quali le élites triestine, istriane e dalmate italiane avevano sperato segretamente potessero diventare parte del progetto dello Stato nazionale italiano. Gli slavi non potevano più essere alleati, e di fatto non lo erano: da antagonisti nella lotta per il controllo politico delle regioni del litorale, essi erano diventati i nemici che mettevano in discussione la presenza stessa degli italiani su tali sponde. I contrasti crescenti con sloveni e croati in Istria, con croati in Dalmazia, hanno contraddistinto la storia politica di tali regioni tra il 1860 e il 1918. L’irredentismo adriatico divenne fondamentale per riformulare la complessiva politica estera nel secondo decennio del Novecento e gli italiani dell’Adriatico orientale contribuirono non poco ad alimentarlo. Le vicende sulla questione adriatica sono note, come pure il mito della vittoria mutilata. Fissare i confini sullo spartiacque del Nevoso, incuranti del fatto che si creava una grossa minoranza slovena e croata nella Venezia Giulia, negare sin quasi dall’inizio (dal 1919) i diritti d’espressione politica e culturale ai non italiani, cancellare le identità nazionali di gruppi e individui e infine sperimentare l’imperialismo giungendo a fare di Lubiana una provincia italiana, furono le tappe di un percorso che oscurò la raggiunta integrità territoriale della nazione e furono la premessa del disastro italiano nell’Adriatico orientale, una débacle politica finita con sfollamenti, uccisioni, esodi tra il 1943 ed il 1954, quando solo Trieste, con la sua striscia di terra, fu salvata dinanzi all’ingrandirsi della nuova Jugoslavia.

Ripensare lo sviluppo della nazionalità  italiana nell'Adriatico orientale dell'Ottocento

IVETIC, EGIDIO
2005

Abstract

Le vicende delle comunità italiane nell’Adriatico orientale, le “estreme parti” della nazione italiana comprese tra Gorizia, Trieste, Istria, Fiume e la Dalmazia, hanno avuto diverse interpretazioni storiche a seconda delle congiunture politiche e delle temperie culturali che si sono susseguite nella complessiva storia nazionale italiana. Dal confine molto nebuloso delle Venezie orientali, ancora indefinito nel Risorgimento (1848-60), era emerso il confine orientale della nazione italiana unificatasi nel 1860. La funzione politica e militare, per il regno d’Italia, del controllo delle sponde adriatiche orientali a lungo sono stati motivi sui quali le élites triestine, istriane e dalmate italiane avevano sperato segretamente potessero diventare parte del progetto dello Stato nazionale italiano. Gli slavi non potevano più essere alleati, e di fatto non lo erano: da antagonisti nella lotta per il controllo politico delle regioni del litorale, essi erano diventati i nemici che mettevano in discussione la presenza stessa degli italiani su tali sponde. I contrasti crescenti con sloveni e croati in Istria, con croati in Dalmazia, hanno contraddistinto la storia politica di tali regioni tra il 1860 e il 1918. L’irredentismo adriatico divenne fondamentale per riformulare la complessiva politica estera nel secondo decennio del Novecento e gli italiani dell’Adriatico orientale contribuirono non poco ad alimentarlo. Le vicende sulla questione adriatica sono note, come pure il mito della vittoria mutilata. Fissare i confini sullo spartiacque del Nevoso, incuranti del fatto che si creava una grossa minoranza slovena e croata nella Venezia Giulia, negare sin quasi dall’inizio (dal 1919) i diritti d’espressione politica e culturale ai non italiani, cancellare le identità nazionali di gruppi e individui e infine sperimentare l’imperialismo giungendo a fare di Lubiana una provincia italiana, furono le tappe di un percorso che oscurò la raggiunta integrità territoriale della nazione e furono la premessa del disastro italiano nell’Adriatico orientale, una débacle politica finita con sfollamenti, uccisioni, esodi tra il 1943 ed il 1954, quando solo Trieste, con la sua striscia di terra, fu salvata dinanzi all’ingrandirsi della nuova Jugoslavia.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/1484465
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact